Paolo Bettini da oggi è a Parigi come testimonial del made in Italy, in quanto ambassador di Manifattura Valcismon. Una toccata e fuga, poiché già domani sera sarà a casa. Pur essendo campione olimpico ed essendo stato tecnico della nazionale, non gli è toccato in sorte un accredito e così seguirà la gara di sabato in televisione. Ma che gara sarà quella olimpica, lunga 272 chilometri e con 89 corridori al via? Si può stravolgere il ciclismo per contenere il numero dei posti nel Villaggio Olimpico? C’è tutta una serie di domande che ci assillano durante questi Giochi dalle quote rimaneggiate, ma perché non sembrino le paranoie di chi scrive, abbiamo provato a sentire l’opinione di chi ne ha corse tre e una l’ha vinta. Paolo Bettini, appunto, cinquant’anni compiuti ad aprile: nono a Sydney, primo ad Atene, diciottesimo a Pechino.
Che effetto fa una gara di 272 chilometri con 90 corridori? Non è un po’ falsato il concetto di gara di ciclismo?
In effetti, mi sembra più una randonnée. Io ci sto per il chilometraggio lungo. Ad Atene 2004, il 14 di agosto con 42 gradi, mi ero quasi lamentato che fosse solo di 224 chilometri, abituato da buon cacciatore di classiche a vincere a su distanze di 250-260. Dissi che almeno avrebbero potuto farla di 240. Poi però scoprii una cosa che in realtà avevo già capito da giovane a Sydney, cioè che tenerla è un casino. Si correva in 5 per Nazione. Adesso cosa hanno fatto? La brillante idea è di ridurla addirittura a 4 come numero massimo di atleti per le Nazioni più rappresentative, per poi scendere a 3 come con l’Italia, poi 2 e poi gli isolati che correranno da soli. Se l’idea era di ridurre il numero per aprire a più Nazioni, perlomeno 130 corridori da portare alla partenza li avrei trovati. Partire in 90 per fare quel tipo di chilometraggio? Si salvi chi può…
Continua.
E’ un casino fare la riunione tecnica di come andrà la gara. E’ veramente una gara alla si salvi chi può. Se dopo 50 chilometri rimani con 30 corridori davanti e 60 dietro, che corsa viene fuori? Considerate che di 90, un bel mucchio di corridori va in crisi dopo 140 chilometri. Se la fai un po’ “garellosa”, dopo 140 chilometri rimani con 60 corridori. Ma se per disgrazia esce un po’ di sole, di quello parigino estivo vero, e corrono a 32 gradi, sarà una gara che possono finire 18 corridori. Poi è vero che a loro basta il podio per fare le medaglie, però come avete detto prima, si snatura il concetto di grande classica. Non è più un palcoscenico internazionale con la sfida tra grandi atleti. Va bene che qualcuno non è venuto, tipo Pogacar, ma quanti professionisti europei, americani, australiani non sono stati convocati perché le nazionali sono ridotte alla metà di quelle dei mondiali?
Ce ne sono fuori almeno altri 90 se non di più.
Okay, allora anziché ridurre a 4, perché non fare un numero massimo di 6 per squadra? E qui si capisce perché sono scesi a 4 senza aumentare il numero delle Nazioni. Perché così facendo, risparmiano posti nel Villaggio Olimpico. Lo scopo è questo. Meno gente da accreditare, meno gente da far girare, meno di tutto. Apertura però ad altre discipline. Pertanto se nel complesso al Villaggio Olimpico deve gravitare in due settimane un certo numero di persone, quello deve essere. E se uno sport ne porta troppe, io lo riduco.
Uno dei motivi per cui tolsero la 100 chilometri a squadre, inserendo la crono individuale…
Quello che mi dispiace è che non vorrei che in un futuro non troppo lontano, pensassero proprio di eliminare la prova su strada. Se continuano a ridurla così, mi sembra che non gli interessi nemmeno troppo. Il ciclismo viene bistrattato, basta guardare come hanno fatto il calendario olimpico. Se mi proponi una gara da 272 chilometri con 90 corridori, non è più una grande classica. E’ una gara olimpica, tutto il rispetto per chi vince ed entra a pieno titolo nell’Olimpo, però il discorso non mi torna.
Diciamo che tolta la maratona, il ciclismo è il solo sport che costringe a chiudere le strade. In fondo nel velodromo i corridori non danno fastidio a nessuno.
Esatto, esatto. Ma speriamo di no…
Tu che correvi un po’ alla Van der Poel, come avresti gestito una corsa del genere?
Con 225 chilometri prima di arrivare nel circuito, io spacco tutto prima di entrare a Parigi. Quando arrivo in città, voglio che siamo il meno possibile e poi con gli altri me la gioco nel circuito. E io sto fermo 225 chilometri, secondo voi? Questi sono ragazzi che non hanno paura di prendere vento. Evenepoel è abituato a partire lontano all’arrivo e farsela per conto suo. Van der Poel è uno abituato al ciclocross, dove si fa un’ora fuori soglia come pochi, figuratevi se ha paura a stare fuori 100 chilometri, cercando poi di vincere in volata. Sono fatti così. Quando entri in circuito, rischi veramente. Per questo io approfitterei della campagna francese che proprio pianura non è. Se poi, niente niente, tira un filo di vento… aiuto! Dopo 100 chilometri c’è uno sparpaglìo galattico. Altrimenti devi fare una gara come quella femminile, dove le più forti sanno che gli bastano gli ultimi 30 chilometri. Così vanno via col gruppetto delle migliori sempre appallato e poi negli ultimi 60 chilometri aprono il gas e fanno la corsa. Ma i professionisti non fanno così.
E poi c’è anche chi non ha interesse a fare la corsa di certi fenomeni.
Anche perché l’Italia, che sulla carta non ha grandi chance, magari sgancia prima Bettiol. E se non faccio muovere prima lui, allora faccio attaccare Viviani. Sennò che cosa è venuto a fare Elia? Gli faccio accendere la corsa, perché non credo che abbia la la gamba per chiudere un buco di 30 secondi su Evenepoel, se la corsa la accendono loro. Viviani è meglio trovarlo davanti, in un gruppetto di 7-8. Perché se arrivano Evenepoel e Van der Poel, magari anche con Bettiol, forse Elia là davanti mi serve a qualcosa. Sennò cosa fa?
Stare coperti forse non serve a molto…
Stai nascosto, ma non credo che si corra per arrivare tutti insieme. Le Nazioni cui interessa arrivare in fondo sono l’Olanda, il Belgio… La Spagna come corre? E la Francia? Alaphilippe se la gioca, ma deve anticipare. Lui e Bettiol dovrebbero fare coppia fissa, perché in questo momento storico sono simili per quello che vogliono e possono fare. La Spagna invece si butta e magari porta via Olanda e Belgio. Per questo dico che dopo 80 chilometri restano in 30 corridori.
Ti sarebbe piaciuto correre una gara così?
Eh, quella sarebbe la mia corsa (sorride, ndr). Quando c’era disordine, lo sapete, quando c’era disordine c’era Bettini! Anzi, quasi sempre la creavo. Mi ricordo nel 2008, pur di far gara dura, si fece partire Nibali su un ponte dell’autostrada tra Pechino e la Grande Muraglia (in apertura la partenza di quella gara, ndr). Però eravamo in cinque. Dietro c’eravamo io, il povero “Rebella”, Pellizotti e Bruseghin. Non andò male, perciò vediamo cosa faranno sabato che corrono in tre. Me la guardo per bene in televisione, così posso anche allenarmi. Il mio viaggio in Grecia per festeggiare i 50 anni e i 20 dall’oro olimpico, zitto zitto, arriva.