Manca ancora qualche giorno all’inizio dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, ma già qualche record la delegazione italiana lo ha fatto segnare, come quello delle 403 qualificazioni, totale raggiunto a dispetto di soli 4 sport di squadra presenti, oppure per il fatto che tutte le federazioni di sport individuali hanno piazzato propri atleti. Il ciclismo ha trovato un ingresso in extremis anche nella Bmx racing, con una riallocazione, ma su questo punto il cittì Tommaso Lupi ci tiene a chiarire.
Il fatto è che l’Italia ha potuto usufruire della mancata risposta alla quota riservata all’universality place, ossia la nazione presente su invito, per dare impulso alla disciplina in quel dato Paese. Si è così scesi di un posto nel ranking e l’Italia, che era la prima Nazione esclusa, è potuta rientrare.
Qualificazione meritata
Lupi, come detto, ci tiene a sottolineare però che la qualificazione è stata più che meritata: «Siamo rimasti a lottare con la Germania per l’ultimo posto utile – spiega – fino all’ultimo giorno. Da una parte avevamo anche il vantaggio di correre gli europei in casa a Verona, dall’altro però abbiamo avuto anche una serie di infortuni che ci hanno osteggiato per tutto il cammino di qualificazione.
«Io ho spronato i ragazzi perché so che lo sport è imprevedibile, anche se alla Coppa del mondo di Tulsa abbiamo perso terreno dai tedeschi potevamo ancora farcela, ma anche quando il cammino si è concluso sono rimasto ottimista perché studiando il regolamento avevo capito che nessun Paese rispondeva ai canoni per la wild card, quindi potevamo rientrare e così è stato».
L’Italia torna così nel consesso olimpico dopo l’esperienza di Fantoni tre anni fa a Tokyo. Rispetto ad allora che cosa è successo?
E’ successo che siamo cresciuti, avendo puntato con forza sui giovani pur tenendo dentro l’esperienza preziosa di Giacomo e di altri. Abbiamo lavorato sulla programmazione stagionale trovando più o meno collaborazione in base anche ai caratteri dei singoli. Avremmo anche potuto fare di più, un po’ di fortuna ci è mancata, ma la crescita è stata evidente e continua per piccoli step con un occhio puntato verso Los Angeles 2028.
Sarà quella la prima Olimpiade dove andare non solo per essere presenti ma anche con ambizioni?
Io ambizioni le nutro anche per Parigi, perché la Bmx è uno sport strano, non puoi mai sapere prima come finirà. Bisogna andare in gara per far bene, con la “cazzimma” giusta e sono sicuro che Pietro Bertagnoli, proprio per i suoi trascorsi ce l’ha.
Perché è stato scelto lui?
Premetto che la scelta di chi portare a Parigi è stata la più difficile di tutta la mia carriera di tecnico. Pietro a 24 anni ha subìto tanti infortuni, ma ha sempre trovato la forza di rialzarsi e questa sua energia innanzitutto psicologica e mentale è stata coinvolgente. Agli italiani dello scorso anno aveva avuto un grave incidente, ma è stato anche molto veloce nella ripresa e agli europei di quest’anno con il suo 5° posto assoluto ha dato un contributo importante alla classifica. Inoltre a questa qualificazione ci credeva, ha addirittura preso parte alla gara in Australia pagandosi il viaggio. So che può fare bene.
In questi tre anni però sono arrivati anche squilli mai ottenuti prima, come il titolo mondiale junior di Radaelli e il podio di Frizzarin. Perché non si è pensato a loro?
Per questo dico che la decisione è stata difficilissima… Radaelli è ancora under 23 e Frizzarin è parimenti giovanissimo, vincere nelle categorie è importante, ma quando sali fra gli elite è un ulteriore step da scalare. Diversi meritavano la chance, ma io potevo sceglierne uno: è la legge oscura dei Giochi. Pietro mi ha dato risposte nel corso degli anni attraverso costanza di risultati a dispetto delle difficoltà.
Un dato del quale spesso si parla a proposito della bmx è la sua propedeuticità: negli altri Paesi è ritenuta la base assoluta dell’attività su due ruote, qui si comincia a fare breccia nella cultura ciclistica e a vederla in tal senso?
Questo è un tasto importante. La bmx è davvero la base tecnica dalla quale tutto può scaturire e la Francia lo dimostra. Noi pian piano ci stiamo arrivando attraverso molti passaggi, come la collaborazione stretta con il settore della velocità su pista, ma anche come l’attenzione che i media ci riservano e devo dire come www.bici.PRO sia stato il primo a darci spazio. C’è certamente molto da fare, servono più impianti, serve un’attività più capillare, la consapevolezza di avere alle spalle una federazione che sta investendo fortemente sul settore mi fa essere ottimista.
A Parigi tutti dicono che la Francia dominerà la scena, non solo per il fatto di correre in casa. La pensi anche tu così?
Detto che le gare di bmx sono sempre imprevedibili, appare davvero difficile che la Francia fallisca ancora. Tre anni fa a Tokyo misero tre atleti in finale, eppure non portarono a casa neanche una medaglia, mi pare arduo che la cosa si ripeta. Hanno un serbatoio di campioni inesauribile e oltretutto il principale avversario, l’olandese Niek Kimmann che era campione uscente e aveva vinto a Tulsa si è infortunato e non ci sarà. Dovranno sapersi gestire, ma credo proprio che li vedremo davanti a tutti.