Facciamo il punto, ti va? Elia Viviani, primo ciclista portabandiera alle Olimpiadi, è a Roma per la presentazione della maglia con cui correranno a Tokyo le squadre di ciclismo, anche se poi la maglia presentata ieri nel Salone d’Onore del Coni è quella da allenamento, dato che in tutte le specialità si correrà con il body. Nei giorni scorsi e già durante il Giro si è parlato delle condizioni del veronese e tante voci si sono sommate senza che lui abbia detto la sua. Perciò in attesa di correre alla Adriatica Ionica Race e prima di entrare nella fase decisiva della preparazione per Tokyo, eccolo qua. Calmo, lucido, rinfrescato dagli otto giorni passati a Livigno.
Un primo bilancio prima di ripartire?
I risultati dicono che il Giro non è andato troppo bene. Però sono tornato a stare bene in bici. Sento di essere me stesso e ho ripreso a lavorare in modo diverso. La Adriatica Ionica Race si farà per mettere ancora ritmo in un mese in cui non ci saranno gli europei.
I compagni che saranno con te dicono che faranno di tutto per farti vincere la prima tappa ad Aviano.
La vittoria alleggerisce tutto. L’assenza degli europei pesa. Il quartetto ha comunque il riferimento del cronometro, ma non sai che tempi fanno gli altri. Sarà così per tutti, perché tranne qualche gara classe 1 come Fiorenzuola (30 giugno-5 luglio) e San Pietroburgo (8-11 luglio), non ci sarà attività. Correre sarebbe servito per chi fa la madison per affinare l’intesa. In allenamento lavori sulla tecnica, ma non riuscirai mai a simulare l’imprevisto della gara.
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Pensi di poter rientrare in ballo per il quartetto?
Penso ad allenarmi e dare il meglio di me. La selezione del quartetto è facile: se fai il tempo, sei dentro. Ma dovremo essere tutti in grado di dare un contributo per fare in due giorni tre quartetti da 3’48”. Credo che Villa farà le sue scelte nelle ultime prove.
La selezione si farà nei giorni in cui si sarebbero corsi gli europei?
Esatto. E bisognerà arrivarci bene. L’europeo sarebbe stato di passaggio, ci avrebbe aiutato a definire i ruoli. Manca un mese e mezzo alle Olimpiadi, non si dovrà essere al massimo a fine giugno.
Quindi sarebbe stato auspicabile correre gli europei con le scelte di Tokyo già fatte?
Magari non definitivamente, perché la selezione si sarebbe svolta su campo. La gara sarebbe servita per dare gli ultimi segnali, non per cercare la prestazione. Dobbiamo comunque andare con garanzie. Sappiamo benissimo che ci sono delle pedine fisse e altre che devono guadagnarsi il posto. I ragazzi lo sanno, la tensione a Livigno si sentiva.
Quando hai fatto l’ultimo quartetto di alto livello?
Di fatto dagli europei di Glasgow nel 2018, che vincemmo. Ora spingono due denti in più, ma già allora tecnicamente ci si era spostati in questa direzione.
Il Giro tornerà utile in vista di Tokyo?
E’ stato un bel blocco di lavoro, svolto nei tempi giusti. Ora si può aggiungere la qualità tramite i lavori specifici.
Si è letto che lascerai il tuo treno e andrai a correre alla Eolo-Kometa?
Non c’è niente di definito e il problema è che non mi piace fallire, come è stato finora. Io so di essere ancora il Viviani di due anni fa e non voglio voltare le spalle al mio gruppo. Ogni risultato aiuterà a cambiare le cose, per cui a Lombardi (il suo procuratore, ndr) ho chiesto di lasciarmi tranquillo fino a dopo Tokyo. Ma fra le opzioni, tengo ancora bene in vista la Cofidis. Mi piacerebbe continuare con Consonni, Sabatini e mio fratello Attilio. Solo non è questo il momento di pensarci. Abbiamo appena visto la maglia delle Olimpiadi…
Che effetto fa?
E’ sempre un momento particolare. Viene voglia di onorarla, è l’inizio ufficiale dell’avventura. Dobbiamo arrivare a Tokyo, guardarci indietro e dirci di aver fatto tutto il possibile. I due giorni di Rio in cui ho vinto l’oro sono stati i più facili della mia carriera. Proprio per tutto quello che avevo fatto prima.