Il primo rinforzo per la MBH Bank-Ballan di quest’anno, con un occhio sul prossimo, è un ragazzo di 35 anni che corse con la UC Bergamasca-Colpack nel 2009 vincendo fra le altre il Giro delle Valli Cuneesi. Mise a segno una fuga in alta montagna che gli consegnò la classifica e un biglietto per il professionismo con la Footon-Servetto. Aveva vent’anni e lo portarono al Tour. Quando Fabio Felline si è ritirato alla fine del 2024, pochi e lui per primo erano convinti che fosse arrivato il momento di fermarsi. Così quando parlando con Davide Martinelli è uscita l’idea di correre ancora un po’ nella squadra che il prossimo anno sarà professional, la risposta è stata affermativa ed entusiasta.
«Felline – dice Gianluca Valoti, diesse della squadra – aveva iniziato a collaborare con Davide Martinelli per i training camp che organizza. Si è sempre allenato ed era chiaro che avesse ancora voglia di correre. Solo che non c’erano posti liberi e noi come continental non possiamo avere più di 20 corridori. Poi è venuto fuori che Gabriele Casalini avrebbe smesso e allora abbiamo proposto a Fabio e allo sponsor di entrare da quest’anno e lui ha accettato».
Un periodo di prova in continental per un atleta che ha corso fino a ieri nel WorldTour per convincere lo sponsor ungherese dell’opportunità di prenderlo nella professional. Di certo è la dimostrazione che Felline avrebbe continuato ben volentieri a correre e che probabilmente la mancata riconferma sia stata un fulmine a ciel sereno.


Con Verre a Sestriere
Valoti racconta, ancora poche parole su Felline e si prosegue nel discorso. Lo avevamo incontrato per caso all’arrivo di Sestriere del Giro d’Italia, quando il “suo” Verre si era… destato azzeccando una giornata da scalatore vero. Gli chiedemmo se lo avrebbe ripreso in squadra l’anno prossimo. «Ne parlavo con Antonio giusto ieri sera – aveva detto con riferimento al suo collega Bevilacqua – e gli ho detto che se avesse fatto una bella tappa, gli avremmo proposto di tornare».
Verre era seduto sull’asfalto con la schiena sulla transenna. Ansimando, con dolori in ogni parte del corpo, ma un sorriso stampato sul volto che parlava della immensa soddisfazione di essere stato per un giorno al suo livello. Valoti lo guardava e poi lo perdemmo di vista. Quando un paio di giorni fa lo abbiamo richiamato, scoprendo proprio nella circostanza la novità Felline, lo scopo era proprio ragionare su quali suoi ex corridori vedrebbe volentieri nella squadra che il prossimo anno sbarcherà nel professionismo.
«Ma quelli che potrebbero – ha detto ridendo – sono pochi, perché costano un po’ tanto, nel senso buono ovviamente. Gli ho sempre detto: ”Adesso passi il professionista, devi solo pensare a guadagnare il più possibile per sistemarti la vita”. Ce ne sono pochi che sono liberi, per fortuna».


Ma sono tutti valorizzati al punto giusto? Verre ad esempio, tra sfortune e incomprensioni, alla Arkea ha spesso dovuto adeguarsi a scelte insolite.
Al primo anno era l’Alessandro che conoscevamo. E’ partito subito bene, si faceva sentire, entrava nel vivo della corsa, ha fatto qualche piazzamento. Poi si è un po’ smarrito. E’ stato sfortunato per due anni, invece quest’anno si è fatto vedere di più. Al Giro, forse è l’unico della squadra ad aver lasciato un segno.
E’ dipeso dal fatto che non fosse pronto per passare o che non abbia trovato l’ambiente giusto?
Ci sono corridori che hanno bisogno di un certo tipo di comunicazione per andar forte. Spesso accusano le squadre italiane di coccolarli troppo, ma voglio vedere se alla UAE Emirates non coccolano Pogacar, Del Toro o lo stesso Ayuso. Anzi forse a Juan bisogna stare dietro più che a Pogacar, perché Tadej ha i risultati che gli tengono alto il morale. Invece gli altri corridoi hanno bisogno di risultati e di un aiuto in più. Sono giovani e hanno bisogno di persone di riferimento, non solo di mail e whatsapp. Hanno vent’anni, sono ancora dei ragazzini.
Facciamo noi un nome: Masnada è uno con cui si potrebbe lavorare bene?
Secondo me sì. Fausto ha avuto tanti problemi ed è stato in ottime squadre, seguito bene. Però, conoscendolo sin da quando era un ragazzo, secondo me ha bisogno di una squadra familiare e di persone capaci di stargli vicino in modo diverso. Ripeto: viene da squadre importantissime dove è stato gestito in modo perfetto. Però, ritorniamo sempre lì: sono ragazzi che magari hanno bisogno di una parola in più, di una pacca sulla spalla.
C’è qualcuno che ti piacerebbe riavere tra le mani?
Il gruppo pista, che era affiatatissimo. Lamon, Boscaro, Ganna, Consonni… Andavano forte, vincevano, però nello stesso tempo ci divertivamo.


Invece degli under 23 della squadra 2025 qualcuno passerà professionista?
L’intenzione è quella di tenere ancora un gruppo di under 23, soprattutto visti i risultati recenti di Vesco e Bracalente, che sono riusciti a vincere corse internazionali. Essendo ancora under 23, ci piacerebbe portarli al professionismo. Quest’anno abbiamo 20 corridori e tutti sicuramente non riusciremo a farli passare, però penso che una parte la porteremo con noi. E poi preferisco tenermi i ragazzi che conosco da due o tre anni, che prenderne altri che non conosciamo.
Alcuni di quelli che avete portato avanti hanno smesso poco dopo essere passati o non sono riusciti a fare il salto. Vengono in mente in ordine sparso i nomi di Gidas Umbri, Zaccanti oppure Trainini.
Sicuramente ci sono dei ragazzi che hanno abbandonato e potevano far bene. Va detto però anche che qualcuno è portato maggiormente a fare sacrifici e tener duro, nel senso di fare una vita da atleta adeguata, e invece qualcuno che al posto di fare l’ora di allenamento in più ne fa una in meno. Il ciclismo non è per tutti. Dispiace sempre quando un corridore smette, però purtroppo le cose vanno così.
Alcuni di quelli che sono passati con le stimmate del campione fanno fatica a trovare la loro dimensione: uno forse è lo stesso Verre.
Secondo me dopo tre anni da professionista, riesci a capire qual è il tuo ruolo. Ne parlavo durante il Giro al telefono con Baroncini e si diceva esattamente questo: dopo tre anni capisci se puoi ancora vincere o se ti conviene fare il gregario. Io penso che Verre in questi anni abbia capito dove può arrivare o dove può migliorare. Certamente a tutti i ragazzi fa gola il WorldTour, però devono anche capire che in una squadra ci sono 30 corridori, fra cui 10-15 corridori con delle qualità superiori, quindi entrare nella prima squadra diventa difficile. E alla fine rischi che per stare nella grande squadra ti ritrovi a fare un’attività di livello inferiore. Se invece accetti di correre in una squadra più piccola, magari riesci ad avere un calendario più programmabile e forse le cose potrebbero andare in modo diverso.


Quando Verre passò, l’Arkea era ancora una professional, ma forse Alessandro aveva ancora qualcosa da fare tra gli under 23?
Per noi fu un piccolo dispiacere, perché avere un ragazzino come Verre al terzo anno dopo avergli visto fare sesto in classifica al Giro d’Italia, ci avrebbe permesso di fare con lui una programmazione importante. Aveva tutte la possibilità di diventare professionista, non era certo all’ultima spiaggia. Invece ha deciso di passare subito e nessuno poteva sapere quale fosse la cosa migliore o quale la peggiore. Anche adesso gli juniores che passano non possono sapere se gli andrà bene oppure no. Alessandro ha visto passare Tiberi, poi Ayuso e Baroncini, ha trovato l’opportunità ed è stato giusto che abbia fatto la sua scelta. L’offerta era vantaggiosa e in certi casi anche per le famiglie è difficile rinunciare a cuor leggero a certi contratti.
Avete già cominciato a sondare il mercato?
Fino ad ora non ci siamo mossi tanto, l’arrivo di Felline è un test interessante. Abbiamo dei contatti con qualche corridore, però siamo in attesa di vedere cosa fanno le WorldTour e poi inizieremo a fare anche noi i nostri passi.