ROUBAIX (Francia) – Pauline Ferrand-Prevot arriva dopo aver vinto la corsa del pavé e si siede con la faccia fresca e allegra di chi ha passato una bella giornata, ma senza particolare trasporto. Forse si può spiegare col fatto che aver vinto le Olimpiadi sia al di sopra di ogni emozione sportiva, ma la spiegazione vera la fornisce lei ridendo spensierata.
«La Roubaix non era nel mio programma – dice divertita e un po’ stupita – normalmente a quest’ora sarei dovuta essere in altura per tre settimane. Dopo la Strade Bianche e la Sanremo, ho parlato con il mio coach e gli ho chiesto di fare il Fiandre. Loro hanno parlato e mi hanno autorizzato a farlo. Una settimana più tardi gli ho chiesto di lasciarmi fare la Roubaix ed è stata davvero una decisione dell’ultimo momento. Mi hanno accontentato di nuovo ed è quello che mi piace della squadra. Ho un ruolo libero e vado avanti come voglio. In questa prima stagione, ho dovuto scoprire cosa potevo fare. Anche se l’obiettivo principale è vincere il Tour de France, penso che Fiandre e Roubaix siano stati un’ottima gara di allenamento per imparare a tenere le posizioni in gruppo. Sappiamo infatti che le prime tre tappe del Tour saranno abbastanza tecniche e io voglio allenarmi per difendere la mia posizione. Penso che questa gara sia stata il migliore allenamento».




Vigilia con la febbre
Ci sono ragazze là fuori, affrante e sfinite sui loro pullman, che darebbero una mano per essere qui al suo posto, con il pavé e i fiori del vincitore. Invece lei che la Roubaix l’ha appena vinta al primo assalto ha l’atteggiamento quasi irriverente di chi è abituato a vincere su traguardi più importanti. Le domande si susseguono: dal racconto dell’attacco al dispositivo Gravaa per gonfiare e sgonfiare i tubeless sulla sua Cervélo che a sentirla le hanno salvato la vita.
«Non mi sentivo molto bene negli ultimi giorni – racconta – alla Strade Bianche ero caduta e ho dovuto prendere a lungo gli antibiotici. Non ho mai recuperato del tutto, tanto che ieri ho dovuto sospendere l’allenamento perché non mi sentivo bene. Questa mattina non avevo più la febbre, per cui ci siamo detti di provare soltanto per aiutare Marianne (Vos, ndr). Non ero sicura delle mie condizioni, ma in gara ho cercato di dare il 100 per cento. L’obiettivo era di rendere la gara più dura possibile per stancare le velociste e portare Marianne fino allo sprint. E’ ciò che ho fatto».


Il tuo attacco era funzionale alla vittoria di Marianne?
Così doveva essere. Mi ha chiesto lei se potevo attaccare sul settore di pavé. Le ho detto che erano tutte già a tutta, quindi forse era più intelligente aspettare un po’ e attaccare sull’asfalto. E’ ciò che ho fatto e ho approfittato del fatto che dietro non si siano organizzate. Ho cercato di far funzionare il piano, non avevo in mente di vincere la gara, ma volevo lavorare per la squadra.
Hai raccontato di aver usato il dispositivo per sgonfiare i tubeless sul pavé e rigonfiarli sull’asfalto: ne puoi parlare?
E’ stato davvero utile poter abbassare la pressione sulle pietre, mi sentivo più comoda, saltavo di meno e avevo maggiore aderenza nella ruota posteriore. Essere poi in grado di rigonfiarlo sull’asfalto è stato ugualmente utile. Tornavo a 4 bar e riuscivo a fare una buona velocità. Lo avevamo già provato al Fiandre, è 400 grammi più pesante e non mi era sembrata una buona idea, invece per la squadra non c’è stato da parlarne e alla fine credo che siamo stati fortunati ad averlo. Credo che dal prossimo anno tutti vorranno usarlo, ma forse noi per allora avremo più margine.


Come sceglievi i punti in cui cambiare la pressione?
Mi piace molto studiare il percorso, soprattutto su VeloViewer, dove puoi vedere tutto. Mi piace sapere dove passeremo e negli ultimi giorni ho studiato un po’, sono tornata a scuola. Per cui ho deciso che avrei sgonfiato in alcune curve, mentre nei tratti successivi su asfalto avrei rigonfiato. Siccome l’operazione richiede un po’ di watt, ho cercato di usarlo nei tratti più lunghi, per non sprecare troppe forze. Quindi bisogna studiare il percorso per sapere dove conviene avere meno pressione e dove riportarla in alto. Sicuramente negli ultimi 15 chilometri ci ha aiutato molto avere 4 bar, mentre sul pavé si scendeva a 2.1-2-2: una grande differenza.
Adesso il Tour?
E’ il prossimo grande obiettivo della mia carriera. Vincere le Olimpiadi a casa l’anno scorso è stata la più bella vittoria che abbia mai avuto. Ora mi sono divertita a tornare in su strada, a lavorare come squadra insieme alle miee compagne ed è stupendo. Sulla mountain bike vincevo solo per me, ora non ci sono solo io al centro. Non ho più pressione, mi sento così bene e sono felice. Però adesso dobbiamo rendere la squadra più forte per poter vincere su altri fronti e anche io devo lavorare per superare meglio le salite più lunghe. Questo sarà il prossimo passaggio.


Qualcuno può pensare che sia troppo facile. Vinci in mountain bike, vieni qui e vinci la Roubaix: è davvero così facile?
Se mi aveste visto l’anno scorso al mondiale su strada, avreste capito che non c’è stato niente di facile. Durante l’inverno c’è stato tanto lavoro da fare. Ho dovuto essere paziente, avere fiducia nel processo. Il ciclismo su strada è uno sport completamente diverso, quindi ho dovuto riabituarmi a tutto. Ora mi sento abbastanza comoda nel gruppo. Ma ad esempio al Fiandre non ho avuto la fiducia in me stessa per attaccare.
Mentre oggi?
Oggi l’ho avuta. Ogni settimana è un passo verso l’alto, è un bel processo. Sinceramente non ho mai pensato di vincere e non volevo mettermi in una situazione in cui mi chiedessero di vincere. Ho solo chiesto di poter lavorare al massimo. Quando sono entrata nel velodromo, ho pensato a quello che mi stava succedendo, a quello che dovevo fare. Ed è stata una sensazione piuttosto strana.


Tu nell’ultimo giro e il gruppo che entrava…
Sono andata in crisi (ride, ndr). Ho pensato che rischiavo di avere la foto dell’arrivo con loro dietro, mentre io volevo una bella foto. Però in realtà è venuta davvero bene. E ora pensiamo alle prossime corse, con la testa sono già alla Vuelta, più ancora che alle classiche delle Ardenne. Quella settimana in Spagna servirà per costruire la squadra del Tour. E la cosa mi incuriosisce molto.