La prima stagione nel mondo del WorldTour, in maglia Movistar Team, per Manlio Moro non è stata facile. Il ventiduenne di Pordenone si è scontrato con il ciclismo dei grandi dopo le tre stagioni corse in maglia Zalf Euromobil. Un fisico imponente per il friulano, alto 190 centimetri e con peso di 81 chilogrammi. Numeri che lo inseriscono di diritto tra gli uomini dotati di grande potenza, ma che devono trovare il loro modo di correre. La giusta dimensione per poter performare al meglio.
Subito nel mezzo
Il team spagnolo in Moro ha creduto fin da subito, nonostante fosse al suo primo anno nella massima categoria non gli è stata preclusa alcuna esperienza. Era partito dall’Australia, con Tour Down Under e Coppa del mondo su pista, per poi volare in Belgio e affrontare le pietre per la prima volta. Manlio Moro infatti ha anche le gambe e il fisico di uno che può fare bene su pista, lo ha dimostrato e Marco Villa punta molto su di lui. Nonostante i pochi giorni di gara messi insieme, appena 31, parlando con il friulano emerge che il 2024 non è stato un anno semplice.
«Per ora mi sto godendo gli ultimi giorni a casa – racconta Moro – in compagnia della mia ragazza. E’ un periodo un po’ più tranquillo, nel quale ci alleniamo ma riusciamo anche a fare altro e stare insieme prima dell’inizio della stagione. Sono ormai due settimane che ho ripreso ad allenarmi, e pian piano ho iniziato ad aumentare i carichi di lavoro. Ripartire non è mai facile, anche fare due ore di uscita risulta faticoso (dice con una risata, ndr)».
Hai già avuto modo di parlare con il team?
Sì. Partirò dall’Australia, come fatto lo scorso anno, poi andrò a correre al UAE Tour e infine in Belgio, ma non so ancora bene quali corse farò lassù. Rispetto al 2024 mi è stata aggiunta la corsa a tappe emiratina, la squadra ha deciso così e va benissimo. Sarà un modo per aiutare i compagni e fare esperienza.
Facciamo un salto indietro al 2024, che anno è stato?
Il salto nel WorldTour si è fatto sentire, è stato impegnativo. Direi che se devo fare un riassunto di questa stagione la etichetterei come un’annata in cui ho fatto esperienza. Mi è servita a capire come funziona il mondo del ciclismo professionistico. E’ stato comunque un anno ricco di appuntamenti, perché oltre alla strada c’erano le Olimpiadi di Parigi su pista. Uno dei miei obiettivi era partecipare e ci sono riuscito.
Com’è stato cercare l’equilibrio tra strada e pista al primo anno nel WorldTour?
Non facile. Parigi era un obiettivo molto grande, per raggiungerlo ho fatto diversi cambi di programma e in questo la squadra mi è stata di grande supporto. Ho saltato alcune gare per andare ad allenarmi su pista o fare qualche ritiro con la nazionale e loro non mi hanno mai detto nulla.
Nelle esperienze che hai fatto su strada hai capito che corridore puoi diventare?
Non ancora in realtà. Il 2025 sarà il primo vero anno da professionista, nel quale riuscirò a concentrarmi al massimo sulla strada. Voglio andare alle corse e scoprire in quale parte del gruppo posso collocarmi. Questa stagione è servita per fare gare e fare esperienza. Dal prossimo anno vorrei specializzarmi.
Hai però un’idea di cosa ti piace?
Le Classiche sicuramente. Poi per il mio fisico e le mie caratteristiche penso mi serva una stagione solida per costruire e fare un gradino in più.
Passiamo alla pista, che effetto ha fatto andare a Parigi?
Bellissimo. Era il mio obiettivo e sono felice di averlo raggiunto. Ho dato tutto per arrivare al 100 per cento ed ero consapevole di essere al massimo del mio potenziale. Sono stato selezionato come riserva e non ho corso, ma posso dire con certezza che se fossi stato chiamato in causa sarei stato pronto.
Come vedi il rapporto con la pista per il 2025?
Ci sono un po’ di cose da capire. Molta gente la lascerà da parte e anche io farò qualche gara in meno. Sicuramente non sarò agli europei, visto che cadono nello stesso periodo del UAE Tour. Nel prossimo anno voglio concentrarmi sulla strada, anche perché dal 2026 ci sarà da costruire l’appuntamento di Los Angeles 2028.
Sembra lontano, ma non lo è affatto.
Non è un appuntamento che si prepara in un mese, ma come minimo in due anni, se non qualcosa in più. Devi abituare il fisico a un determinato sforzo. Quello che ho detto prima non significa che lascerò la pista, anzi. Continuerò comunque a curarla e ad allenarmi. Anche perché determinati lavori in strada non li può fare. Ci sarà da organizzare bene il tutto.
Anche perché sei uno dei più papabili per il quartetto in vista di Los Angeles…
Da qui a quattro anni possono succedere tante cose, non è un periodo di tempo breve, ma passa in fretta. E’ presto per parlare della composizione del prossimo quartetto, è certo che io voglio provare a esserci.
Intanto tra poco si parte per il primo ritiro, e la macchina ripartirà a girare.
L’8 dicembre andremo in Spagna, fino al 18. Poi si ritorna a casa, si passa il Natale in famiglia e sarà già tempo di volare in Australia. Penso di partire poco dopo il 25, ho degli zii che vivono lì e approfitterò dell’appoggio per andare e allenarmi. Servirà un po’ di tempo per abituarsi alle temperature australiane.