La vittoria di Affini nella crono di Hasselt in qualche modo avrà tolto a Ganna il peso di non essere andato agli europei. Pippo vorrebbe esserci sempre, la nazionale è la sua famiglia e lo stop dopo il ritiro dal Renewi Tour è servito a permettergli di resettarsi e programmare i mondiali. Quello della crono e probabilmente quelli della pista.
Dopo l’editoriale di due settimane fa, non sono mancate reazioni da parte di chi lavora con il piemontese. Il filo conduttore di quel pezzo seguiva due direttrici. La prima era legata alla programmazione dell’attività: in questo ciclismo così specializzato rincorrere la crono e la pista potrebbe impedire di raggiungere il massimo su un fronte o sull’altro. La seconda era connessa al fatto che per anni Ganna è stato (ed è ancora) il portabandiera del nostro ciclismo di vertice e nessuno fra coloro che lo guidano ha mai fatto un passo indietro nel suo interesse. Lui è un generoso, ma a un certo punto per le energie – fisiche e mentali – si accende la riserva.
Dario Cioni ha letto quel pezzo qualche giorno fa, raggiungendo il suo pupillo nell’altura di Macugnaga. Gli abbiamo chiesto di ragionarne, senza per forza dover prendere una posizione rispetto a un’altra. Dario è un uomo Ineos Grenadiers ma nell’anno in cui la priorità del campione è stata l’attività della maglia azzurra, ha collaborato con i settori della crono e della pista.
Gli australiani della pista sono cresciuti, Evenepoel è cresciuto. Un argento e un bronzo olimpico sono eccezionali, ma si può pensare che lavorando sulla pista o sulla crono, potrebbero venire risultati migliori?
Sì, alla fine è anche un’osservazione giusta. Il progetto però era partito tre anni fa con il ciclo olimpico. Era stato detto che Filippo avrebbe tenuto il discorso del quartetto fino a quest’anno e poi sarebbe stata presa una decisione per Los Angeles 2028. Non so se sia stata presa, ma non penso. E’ chiaro che c’è anche un’evoluzione dalla parte dei rivali, nel senso che Remco qualche anno fa non era a questo livello e neppure Pogacar. Alla fine però non potevi interrompere a metà il ciclo olimpico…
Tu che sei dalla parte di Ineos, che cosa pensi della tanta attività in nazionale?
Quando Filippo venne da noi, già faceva molto con la nazionale. Alla fine se vince un mondiale, è un bene anche per la squadra perché sarebbe una maglia di campione del mondo che indossa nelle crono con noi. Le Olimpiadi magari sono diverse, perché hanno richiesto dei tempi di preparazione diversi. Ricordiamoci comunque che la pista è sempre stata funzionale anche all’allenamento della cronometro e in certi momenti anche alla strada. Quindi è vero che c’è una dispersione degli obiettivi, ma non c’è una dispersione delle energie. Non si parla di fare discipline diverse, quanto piuttosto specialità complementari fra loro. Facendo la pista, si lavora anche su alcuni aspetti che servono per la crono. Quello che c’è stato quest’anno, magari al contrario dell’anno scorso, è stata proprio un’attenzione particolare verso un obiettivo. Di solito negli anni scorsi si lavorava su più traguardi, questa volta le Olimpiadi erano al di sopra di tutto.
Che bilancio ne faresti?
Non direi proprio che le ha fallite, starei attento a dirlo. La gente trae conclusioni, ma non è detto che siano giuste. E’ venuto via da Parigi con due medaglie, l’argento della crono e il bronzo del quartetto, anche se è chiaro che era partito per una medaglia d’oro nella crono. Fisicamente non era messo male, magari è stato penalizzato dal discorso meteo, perché per lui l’acqua non è una delle condizioni preferite. A livello di valori assoluti, è arrivato alle Olimpiadi in ottime condizioni. Purtroppo la cronometro con la strada bagnata non è stata l’ideale, nelle curve si perdeva terreno. Se fosse stato asciutto, probabilmente il risultato sarebbe stato diverso. Qualcosa può aver lasciato nell’evitare la caduta contro la transenna, però poi il finale è stato il terreno in cui è riuscito a recuperare. Però se trovi un Remco a quel modo…
E qui torniamo al discorso di partenza, con Ganna che deve confrontarsi a crono con uno che prepara solo la crono e in pista con nazionali che fanno pista da mesi. E alla fine nel quartetto è andato meno di quanto pensasse…
Quello l’ha detto anche lui, il fatto che su pista non fosse lo stesso Filippo che c’era stato a Tokyo. Il locomotore è stato più Milan e in questo caso lui lo ha supportato. Non era il Filippo che ha fatto la differenza, questa volta quel ruolo è stato di Jonathan. E’ un ciclismo pieno di fenomeni e bisogna essere anche realisti, ricordando che il progetto del quartetto era partito da tempo. Era stato preso l’impegno di arrivare fino a qua e così è stato.
Visto che c’era questo tipo di impegno, si è mai valutato di non fare la crono?
No, aspettate, come priorità la crono veniva prima della pista. Si sapeva che se fosse arrivato pronto per la crono, fisicamente lo sarebbe stato anche per la pista. La maggioranza dei discorsi è stata fatta sulla cronometro, dove si è dimostrato in pieno controllo del risultato finale. Invece nel quartetto sei uno dei quattro, non dipende solo da te.
Ma se nella crono Ganna aveva i valori migliori e nel quartetto no, che cosa è successo nel mezzo?
Questo non lo so, non ho ancora fatto una comparazione dei dati. I numeri comunque erano alti anche nel quartetto, dove c’era un Milan più forte di lui. Poi subentrano discorsi legati ai materiali, alle condizioni e le tattiche di gara. Però su questo non sta a me fare un’analisi. Il discorso che Milan fosse il motore del quartetto l’ha detto anche Filippo, se leggete le dichiarazioni dopo la gara. Però non penso che se Filippo si fosse tirato fuori dal quartetto, il risultato sarebbe stato migliore.
Però forse se non avesse dovuto fare il quartetto, sarebbe arrivato meglio alla crono, magari facendo il Tour?
La scelta di non fare il Tour non è stata data dal discorso del quartetto, ma dal fatto che si preferiva un altro avvicinamento. Evenepoel al Tour ha fatto classifica, quindi vuol dire che ha un recupero molto accelerato dello sforzo. Perciò il fatto che il Tour per lui sia stato funzionale, non vuole dire che tutti dovevano fare il Tour.
Diciamo che tranne Filippo, le altre medaglie su strada di Parigi venivano tutte dal Tour. Allora magari si è scelto il Giro, perché a luglio si sarebbe potuto lavorare in pista?
No, sono sicuro se lui voleva arrivare all’Olimpiade passando dal Tour, si trovava una soluzione anche per la pista.
Ganna è stato in altura, sabato sarà all’Italian Bike Festival, poi correrà ancora?
Al mondiale della crono, non prima perché non ci sono corse. Ci sarebbero quelle canadesi, ma non avrebbe senso. Farà il mondiale e non credo che andremo a vedere il percorso, perché Velo ha mandato un video che può bastare.
In base a cosa Ganna è stato fermato al Renewi Tour?
Avevamo capito ormai che non ne avrebbe ricavato niente di buono. Era inutile insistere. In Germania era stato un po’ altalenante, poi aveva avuto due giorni di recupero. A quel punto si è pensato di concedergli un po’ di respiro e un avvicinamento diverso verso il mondiale. La partecipazione all’europeo lo avrebbe pregiudicato. Se le cose fossero state normali, il Renewi Tour sarebbe stato un banco di prova in vista del mondiale, non uno step verso l’europeo. Anche se l’europeo a 10 giorni al mondiale faceva comodo come allenamento. Chiaramente quando la situazione è cambiata, è stato deciso di avere un approccio diverso.
Evenepoel ha avuto bisogno di due settimane di stacco prima di ripartire. Anche Ganna a Parigi ha corso in due discipline, perché farlo correre in Germania e non dargli il necessario recupero?
Alla fine ci sono anche alcune esigenze delle squadre, che vanno rispettate. Se un team dà libertà a 20 corridori, poi come va a fare il calendario?