Roubaix, laboratorio della tecnica. Le chicche per il pavè

09.04.2024
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ROUBAIX (Francia) – La classica delle pietre è notoriamente una delle “gare laboratorio” dal punto di vista tecnico. La particolarità del percorso spinge a preparare bici ad hoc, molto più del solito. Una volta c’erano le ruote con i raggi più tirati e saldati nell’incrocio e il doppio nastro. Adesso c’è molto di più. Adesso non ci sono più “palliativi”, modifiche ai prodotti, ma prodotti nuovi o, per meglio dire, differenti. Qualcuno il doppio nastro lo usa ancora, ma di fatto siamo in un’altra era.

I telai moderni benché più aerodinamici, veloci e prestanti al tempo stesso sono anche più “versatili”, almeno alcuni di essi. Perché? Perché lasciano anche tanta luce per il passaggio degli pneumatici larghi. Pensiamo alla Cannondale della EF Education-Easy Post o alla Specialized Sl 8 che avevano quest’anno le atlete della Sd Worx-Protime.

Quali rapporti

Partiamo dai rapporti. La maggior parte dei corridori aveva il classico 54-40, tra questi anche sua maestà Van der Poel. Però si sono viste tante, ma davvero tante monocorona. E stavolta non le proponeva solo Sram, ma anche Vision.

Evidentemente il percorso pianeggiante e l’idea di un componente in meno che si potesse rompere o “incepparsi” (vedi il salto di catena), ha allettato non poco meccanici e corridori.

Usavano le mono Visma-Lease a Bike, Movistar, molti della EF e alcuni atleti individualmente. Tra questi spiccava e non di poco la 62 denti di Joshua Tarling, il “bimbo” fenomeno della cronometro. Al netto della sua squalifica per traino prolungato durante lo scambio di una borraccia dall’ammiraglia, il gallese ha avuto coraggio e gamba.

Gomme e ruote

Pianeta gomme… e ruote. Ormai la ruota in carbonio ad alto profilo è del tutto sdoganata: non è più una notizia. Però vedere le 60 millimetri con una certa frequenza per la Roubaix ci ha colpito un bel po’. La virata verso gli alti profili è strettamente legata anche alla disponibilità delle gomme che si possono montare. Gomme più larghe (e tubeless) consentono di osare di più con il profilo dei cerchi.

Posto che il tubeless l’ha fatta da padrone, grazie anche al “salsicciotto” che si può montare al suo interno e al liquido sigillante in caso di foratura, questa gomma è ormai prodotta in molti standard. Larghe, larghissime, rinforzate: i 28 millimetri erano davvero pochi, mentre hanno spopolato i 32. In certi casi montati proprio al limite. Pochissimi i tubolari avvistati.

Quando parliamo di pneumatici larghissimi pensiamo a Continental. Il brand tedesco ha proposto i 35 millimetri. Per questa Roubaix per esempio, li montava Andrea Pasqualon, che infatti non ha esitato ad usare ruote da 60 millimetri. 

Occhio poi alle ruote stesse. In apparenza erano identiche a quelle standard, ma in più di qualche caso si trattava di cerchi più robusti. In casa Soudal-Quick Step per esempio si è pensato ad un set misto: strada (anteriore)-gravel (posteriore).

I dati dei tecnici Specialized, fornitore del team, dicevano che dal punto di vista aerodinamico la perdita di efficienza al posteriore era inferiore rispetto al vantaggio che si aveva sul pavé, specie in termini di sicurezza, trazione e resistenza alle forature.

Tre tipi di scelta

Infine c’è un aspetto che ci ha colpito nelle scelte tecniche: la genesi delle stesse scelte. Le varie opzioni percorrono tre vie principali: la soluzione di squadra, gestita dai team performance; la soluzione proposta dal costruttore (o brand) e la scelta lasciata all’atleta.

Facciamo esempi pratici. La Visma-Lease a Bike decideva per tutti, infatti i setup erano uguali per tutti gli alfieri schierati: telaio Cervélo Soloist, ruote Reverse da 40 millimetri, gomme da 32 mm, monocorona da 54. A discrezione del corridore la possibilità di montare il doppio comando (sulla piega) oppure no. Quello che abbiamo inoltre notato è una scelta sempre più ampia dei reggisella con zero off-set, una conferma di questo tipo arriva proprio dalle Soloist.

C’era poi la soluzione dei team di Specialized, per esempio. Il costruttore americano, che propone telai, ruote e gomme, forniva ai team il loro setup ideale. Poi stava al team e all’atleta avallare quelle scelte o virare sul personale. Infine la terza modalità: si parte dai materiali standard e il corridore faceva le proprie scelte sempre nel ventaglio di materiali a disposizione.