Alle 8,30 del mattino, mentre i corridori della Liegi erano ancora a due ore dal via, Alejandro Valverde scattava tra i primi de La Indomable di Berja, provincia di Almeria, prima prova del circuito Trek Uci Gravel World Series. In lontananza la cima ancora innevata di Sierra Nevada e nei boschi un dedalo di sterrati. Tre ore e mezza dopo, il murciano ha vinto per distacco. Un minuto e mezzo il vantaggio al settimo chilometro. Tre e mezzo a metà salita. Quasi dodici sulla cima. Cinque al traguardo, dove è parso stanco e impolverato, ma non certo sfinito.
«Sono stato per tutto il giorno senza riferimenti – racconta – sapevo solo di dover guadagnare il più possibile in salita. Sono andato via dopo due chilometri e mezzo, ma la verità è che il percorso si è rivelato molto esigente. Mi sono divertito, ma ho anche sofferto, è stato un giorno molto duro, terribilmente duro. La discesa è stata impegnativa, sono andato a tutta. Diverso dal farla alla Strade Bianche, perché c’erano sezioni molto complicate. In effetti nell’ultimo tratto, che ieri avevo visto bene, per non correre rischi, sono sceso di bici e sono andato a piedi».
Vigilia della Liegi
E’ stato strano vivere la vigilia della Doyenne, che lo spagnolo ha vinto per quattro volte, a più di duemila chilometri dal Belgio. E strano è stato soprattutto rendersi conto che Alejandro avrebbe ancora le gambe e di certo la testa per schierarsi al via e infastidire Pogacar ed Evenepoel. Del resto lo scorso anno, con 42 anni ancora da compiere, arrivò secondo alla Freccia Vallone e settimo alla Liegi. Non si stenta a credere che sarebbe stato nuovamente il migliore del Movistar Team.
«Il gravel mi piace – racconta dopo essersi cambiato – perché significa fare qualcosa di diverso. Diverso dalla strada, soprattutto per la voglia di divertirsi. E’ chiaro che per me la salita è un punto di forza, mentre in discesa voglio solo limitare i rischi. Quando me l’hanno proposto mi è piaciuto il fatto di avere intorno una squadra, un gruppo che appartenesse al mondo Movistar. Sono contento, è una disciplina che crescerà molto».
Mancanza delle gare
Nel villaggio di partenza, nel pomeriggio di ieri, non sono mancate le facce note. “Dani” Moreno con l’inseparabile Losada. Il mallorquino Horrach, come pure Pujol, Vaitkus e Luis Mate. Poi quando è arrivato Valverde, è come se al giornata avesse preso un senso per i presenti, che si sono messi rispettosamente intorno, per fare una foto e un autografo. Non capita tutte le domeniche di avere accanto un campione del mondo con un simile palmares.
«Ho cominciato ad allenarmi in gravel da quattro settimane – spiegava Valverde – ma non tutti i giorni. Ho fatto la pratica più vera alla Strade Bianche, ma sono certo che in gara non troverò grossi punti di contatto. Mi alleno molto di più con la bici da strada, anche se questo un po’ mi penalizza per la tecnica. Ho cercato di stare vicino con le misure del telaio, anche se non si può copiarle del tutto, altrimenti non guidi la bici.
«E’ stato un po’ strano arrivare all’inizio della stagione senza poter correre. Mi sento strano. Mi sto allenando come prima, tutto quello di cui avevo bisogno era la competizione. Questa del gravel per certi versi lo è, ma soprattutto è divertimento. Ci sono stati colleghi che hanno smesso e non hanno più toccato la bici per 4-5 anni, a me questo non è successo. Può capitare il giorno che non ho voglia e non esco, ma se vuoi la verità, è successo una sola volta…».
E adesso di corsa a vedere la Liegi. Stai seguendo le corse?
Le vedo tutte. Ci sono quattro o cinque corridori che stanno battendo tutti i record, è una nuova generazione e io mi sto godendo lo spettacolo come gli altri spettatori.
L’altro giorno il tempo di scalata sul Muro d’Huy non è stato inferiore al tuo…
Ogni anno è diverso, ogni gara ha la sua storia. Nella Freccia Vallone devi essere al cento per cento in quel giorno. Tutti sapevano benissimo che ero molto adatto per quel tipo di traguardo. Alcune volte siamo saliti allo stesso modo, altre anche più velocemente, ma ogni volta fa storia a sé.
Il gravel non ha strategie oppure l’esperienza della strada ti torna utile?
La sola strategia è andare a tutto gas per due ore e mezza della tua vita. Devi avere testa, ma soprattutto nel mio caso, se voglio stare davanti, devo fare la differenza in salita e poi scendere un po’ più tranquillo, sperando che non tornino sotto. Oggi ho fatto così ed è andata bene.
Cosa pensi di Pogacar ed Evenepoel?
Credo che nei prossimi anni Remco sarà un avversario molto difficile per Pogacar. Credo siano corridori molto simili. Quando meno te lo aspetti, partono a 80-100 chilometri dall’arrivo. Non saprei dire le vere differenze. Forse Pogacar resta più forte nei grandi Giri. Anche Remco potrà vincerne altri, ma ho la sensazione che sia destinato a soffrire di più sulle grandi salite.
Ti piacerebbe essere ancora lì con loro?
Certo che mi piacerebbe, ma ho capito di aver fatto il mio tempo…
Com’è il tuo livello adesso?
Non è un livello come quando gareggiavo, ma neanche tanto male, mi sento bene. Noto che senza lo stress delle corse ripetute, certi giorni ho numeri migliori di prima. Poi certo, correre è un’altra cosa. Mi piace la vita che faccio adesso, semplicemente mi sono reso conto che era arrivato il mio momento.
L’ultima domenica di aprile è la “domenica Valverde”. Nel giorno in cui per quattro volte ha festeggiato a Liegi (l’ultima nel 2017, con le dita al cielo ricordando Scarponi, morto il giorno prima: ieri il sesto anniversario), El Imbatido ha dominato la sua prima gara di gravel ufficiale. L’obiettivo del mondiale di ottobre è tutto fuorché campato in aria. Scambiando messaggi con Pozzato prima dell’arrivo, il vicentino ha detto che presto lo chiamerà per invitarlo, perché uno così darebbe lustro a qualsiasi manifestazione. La giornata volge al termine. Gli arrivi si succedono. Valverde sorride, firma autografi e posa per foto. Così, semplicemente. Per quella grazia innata che lo ha reso uno dei più grandi di sempre.