Sul rettilineo di Kuurne sfilano una dopo l’altra la splendida follia di Mathieu Van der Poel e il lucido cinismo di Mads Pedersen. Fra l’uno e l’altro, passano Turgis con un boccione di vino gigantesco, Pidcock con la smorfia di quando il capolavoro non gli riesce e Trentin che si è buttato nello sprint per rifarsi della iella di ieri e ha portato a casa il quarto posto.
«Siamo venuti qui con poche corse – commenta Matteo – quindi tutto sommato ho scoperto di stare bene. Mi sono ammalato dopo il Tour de la Provence, per cui me ne torno a casa con un bel weekend di gare in valigia e due top ten. Si vede che ho cambiato preparazione, con tanta più qualità. Si è visto ieri sui muri dell’Het Nieuwsbland, anche se oggi sul Qwaremont mi è mancato qualcosa…».
Il rettilineo è deserto, la gente a malapena si affaccia dalla finestra e così la corsa che per lo show offerto avrebbe meritato oceani di tifosi, si conclude con le voci dei protagonisti mascherati come banditi.
Pazza idea
Lo hanno preso a 1.600 metri dall’arrivo, dopo una fuga cominciata ai meno 83. Davanti alla zona mista passa Narvaez e fa un sorriso quando gli chiediamo di confermare il momento dell’attacco. Si era voltato per fare l’appello del gruppo e si è accorto con la coda dell’occhio di un movimento di Van der Poel. Si è preparato mentalmente, si è spostato sulla sinistra per trovare un varco e quando lo ha visto passare, si è fiondato nella scia.
Dove volesse andare Mathieu inizialmente non era chiaro. Durante le chiacchiere alla partenza si era premurato di ribadire che la corsa sarebbe stata il perfetto rodaggio prima di partire per l’Italia: un ottimo allenamento e di certo lo è stato.
«Volevo lasciarmi gli sprinter dietro – dice – speravo che dopo il Qwaremont si sarebbe formato un bel gruppo di grossi nomi, ma non è successo. Sperare di arrivare con quel gruppetto, in cui cinque erano superstiti della prima fuga, era pura utopia».
Trema come una foglia. E’ magro come un chiodo e gli hanno dato soltanto un giubbino leggero, mentre sul rettilineo è scesa l’ombra e il vento fa gelare chi è vestito, figurarsi un atleta affaticato e sudato. L’addetto stampa della squadra lì accanto si tiene stretta la giacca a vento e gestisce le interviste.
Boomerang
Stamattina alla partenza, in un scambio di vedute con John Degenkolb, la presenza in corsa di Van der Poel veniva raccontata con un po’ di inquietudine.
«Quando c’è lui – diceva il tedesco – le corse cambiano, quasi mai seguono lo schema che ci si prefigge. Però, se si evita di farsi prendere dallo sconforto, magari si può volgere la situazione a proprio favore. E’ forte, ma questi non sono percorsi adatti per spaccare tutto».
Stava dicendo una grande verità, ma era presto per dargli ragione. Mentre sul pullman della Trek-Segafredo, in una riunione serena ma ferma, Pedersen si raccomandava di evitare lo smarrimento di ieri. L’arrivo in volata vinto da Ballerini, sulla carta poteva essere anche per lui, ma sul più bello si era accorto di essere solo e con poche gambe.
Un bel test
Quando Van der Poel ha capito che si sarebbe arrivati in volata, si è guardato intorno e ha visto parecchie facce inferocite. In quel momento si è reso conto di aver sparato tutte le sue cartucce e se si è buttato nello sprint, è stato per onore di firma.
«Dopo 80 chilometri di fuga – dice – anche solo pensare di avere le gambe per fare la volata sarebbe stato illogico. Però alla fine ho ottenuto quello che volevo. Una giornata di bella fatica e un grande divertimento. Il mio obiettivo sono le classiche monumento, mi piacerebbe riuscire a vincerne un’altra. E sono contento che qualcuno pensi che con me le corse diventano imprevedibili. E’ il mio gusto per il ciclismo».
Trek ritrovata
Pedersen arriva con un somarello di peluche sul manubrio, coperto di tutto punto che al confronto Van der Poel sembrava un ragazzo povero. E’ soddisfatto, ma forse per uno che ha vinto il mondiale, la vittoria di Kuurne ha il sapore dell’avvicinamento a qualcosa di migliore. Oppure semplicemente non è tipo che mostra le emozioni.
«Una vittoria è una vittoria – dice – non saprei inquadrarla diversamente. Sono stato molto meglio di ieri, una giornata che preferirei dimenticare in fretta. Se mi avessero detto che saremmo andati alle sfide del Nord con la squadra di ieri, avrei avuto qualche preoccupazione, ma oggi ho visto il team che vorrei sempre. Abbiamo dimostrato che ci siamo, abbiamo fatto vedere che la forma c’è. A questo punto, sono consapevole del fatto che non sono al top, ma per arrivarci ci sarà la Parigi-Nizza, che darà il tocco finale alla mia preparazione».
Kuurne e gli asini
Il somarello è il simbolo di Kuurne. Il paese, che sorge alle porte di Kortrijk è chiamato “comunità degli asini”. In passato infatti, gli agricoltori che coltivavano da queste parti le loro verdure all’alba si recavano con un asino e un carretto al mercato della vicina città e così l’asino divenne il simbolo della comunità.
«Mi piacciono gli asini», dice Pedersen, che verrebbe voglia di portarlo a casa di Marzio Bruseghin. Poi si mette a spiegare come mai fosse sicuro che sarebbe arrivato a fare la volata.
«Niente è impossibile a Van der Poel – dice – tanto di cappello per averci provato, ma forse stavolta ha osato troppo. Ci sono corse che non si possono giocare in questo modo e quando sono rientrato nel primo gruppo inseguitore con tutti i miei compagni e mi hanno dato il distacco, ho capito che lo avremmo preso. Mancava troppo però, è stato giusto aspettare fino all’ultimo. Abbiamo messo sulla strada un treno perfetto, ho tanta fiducia per le prossime corse».
Senza saperlo ha messo in atto la tattica suggerita al mattino da Degenkolb, che ci aveva visto giusto, ma allo sprint si è fermato in 17ª posizione.
Si torna in Italia con la vittoria di Ballerini e segnali interessanti da Trentin e Colbrelli. Dalla Francia è rimbalzata la notizia della vittoria di Bagioli e i nostri che si sono visti al Uae Tour, da Ganna a Nibali, Nizzolo e Viviani, sono parsi sulla buona strada. Ci avviamo verso una bella primavera, avendo però la consapevolezza che il livello su tutte le strade sarà altissimo.