Era il primo giorno di primavera, il 21 marzo 2022, quando Colbrelli ha visto spalancarsi davanti il rettilineo in lieve salita con l’arrivo di Sant Feliu de Guixols giusto sulla cima. Giro di Catalogna, prima tappa. Matthews sul lato destro, lui sul sinistro verso il secondo posto. Di quel giorno non ricorda molto, se non il fatto che dopo la volata si spense la luce e quando qualcuno per miracolo riuscì a riaccenderla, la sua carriera di corridore era finita.


Il ritiro dalle corse
Giusto oggi Colbrelli ha annunciato il ritiro dalle corse. La storia dice che l’infermiere che lo rianimò fece davvero un mezzo miracolo, riportandolo in vita. Il defibrillatore che gli fu impiantato successivamente per evitare drammatiche ricadute gli impedisce di ottenere l’idoneità. E così, essendosi preso il tempo necessario, Sonny ha comunicato che non ci saranno per lui altre corse. Resta in archivio, al culmine di una carriera da 11 anni di professionismo, il 2021 dei sogni. Con vittorie qua e là, poi il campionato italiano di Imola, il Benelux Tour, l’europeo di Trento e l’infernale Roubaix di ottobre. Pochi giorni prima, il mondiale di Leuven lo vide al 10° posto, piegato da quel genio di Alpahilippe.


Sonny e Davide
Curiosamente, per quell’ironia a volte inspiegabile, la sua carriera in azzurro è coincisa con quella di Davide Cassani, che per primo lo convocò da professionista a Ponferrada e poi lo fece per altre quattro volte. A Doha, Bergen, Harrogate e Leuven. E proprio a Davide abbiamo chiesto di ripercorrere i suoi anni con Colbrelli.
«Un po’ me l’aspettavo che avrebbe fatto questo annuncio – dice il romagnolo – perché la cosa è stata molto seria. Sonny è stato il mio primo e ultimo capitano. Fu il mio uomo di punta a Ponferrada, nonostante fosse molto giovane, e poi è stato il mio capitano anche nelle Fiandre. Quindi alla fine la mia esperienza in nazionale è coincisa con la sua.
«A Ponferrada gli sono mancati 30 metri e sarebbe potuto arrivare non tredicesimo, ma nei primi cinque. Mentre nelle Fiandre abbiamo trovato un Alaphilippe superlativo. Ma a parte i risultati, è uno dei ragazzi più buoni e generosi che io abbia mai incontrato tra i miei azzurri e, soprattutto nell’ultimo periodo, cresciuto di testa».


Tu hai toccato con mano il suo cambiamento.
Forse all’inizio aveva un po’ paura di non essere all’altezza della situazione, probabilmente sentiva la pressione. Nel 2021 era un Sonny diverso, che non aveva paura di niente. Negli ultimi due anni è arrivato a un equilibrio e una consapevolezza delle proprie forze molto diversi rispetto ai primi tempi.
La prima vittoria veramente importante l’ha fatta con te agli europei di Trento…
In realtà aveva già vinto il campionato italiano e poi all’europeo è stato esemplare, perché alla fine è riuscito a battere Evenepoel. L’unico modo che avevamo per riuscirci era correre in quella maniera. E lui poi mi disse che quelli sono stati forse tra i 5 chilometri più duri della sua vita. Tenere Evenepoel non è stato facile, è stato un fenomeno. In quel caso ha dimostrato di essere veramente un campione, perché quel giorno abbiamo corso per lui e lui ha vinto.


E’ sempre brutto quando una carriera si interrompe così, ma secondo te poteva diventare per le classiche uno dei grandi italiani?
Ne sono certo, perché era riuscito veramente a trovare un equilibrio straordinario. Vuoi la famiglia, vuoi l’aiuto che ha avuto dagli altri, è riuscito a sciogliere quei piccoli nodi che non gli avevano permesso di ottenere grandi successi. E la cosa bella è che comunque c’è riuscito con gli anni, senza mai demordere, senza mai mollare. E’ sempre stato un lottatore, un tenace. Sembrava che il suo punto debole fosse nel carattere che ogni tanto gli impediva di ottenere grandi successi. Quindi la sua abilità è stata che comunque è riuscito con pazienza, buona volontà e con puntiglio, probabilmente lavorando sulle sue debolezze, a diventare quello che è diventato.
E cosa era diventato?
Ha vinto l’italiano, ha vinto l’europeo, ha vinto la Roubaix e vi ricordate come ha vinto Il Benelux Tour? Nel 2021 ha fatto veramente un anno stratosferico. E’ stato il classico esempio di un corridore che, conoscendo i suoi punti deboli, è riuscito a superarli con calma e con attenzione.


Tu dov’eri il giorno del malore?
Ero a casa e mi chiamò Alessandra Giardini, chiedendomi se avessi sentito qualcosa. L’ho saputo così, poi ho fatto passare un po’ di tempo e l’ho chiamato. Con Sonny e con Trentin, i corridori che più mi sono stati vicini, avevo proprio un rapporto speciale. Stasera sono a Salò alla presentazione del libro e ci sarà anche lui.
Lo vedi occupare ancora un ruolo nel ciclismo?
Secondo me, anche lui deve ancora capire. Nella vita, questo penso di poterlo dire, quando ti rendi conto che sta arrivando la fine di un ciclo, cominci a pensarci. Un anno prima, un anno e mezzo prima, due anni. Quindi io penso che lui debba ancora metabolizzare questo cambiamento, che è stato proprio radicale. Per l’esperienza che ha e per il carattere, può diventare un direttore sportivo, ma forse anche un uomo importante all’interno di una squadra o di un’azienda. Perché ha la passione, ha l’attenzione e tutto quello che gli può servire. Deve capire e soprattutto studiare quello che potrà fare e poi farlo bene.


Forse i sette mesi trascorsi non sono ancora abbastanza…
Penso che abbia passato momenti non facili. Ti ritrovi che hai risolto tutti i problemi, hai capito come fare per vincere le grandi corse e da un giorno all’altro tutto si ferma. E quando finisce, devi comunque trovare un equilibrio. Secondo me può averlo ritrovato, perché è sempre stato una persona positiva. Penso che anche in questo caso, Sonny sarà andato a vedere il bicchiere mezzo pieno, perché la cosa importante è che lui sia ancora qua.
Si volta la pagina, insomma…
Io sono sempre più convinto, lo vedo anche su me stesso, che quello che semini raccogli. E Sonny ha sempre seminato molto bene, perché è veramente una bella persona, un generoso, un uomo vero. Ha tutto quel che serve. Perciò, quando avrà somatizzato tutto e avrà davanti le varie soluzioni, avrà anche l’opportunità di scegliere quello che andrà a fare.