Sono davvero pochi i ciclisti in grado oggi di essere davvero competitivi sia nelle Fiandre che nelle Ardenne. Okay, togliamo gli extra big come Pogacar e Alaphilippe, ma un vecchio Gilbert o un Bartoli oggi si contano sulle dita di una mano. Uno di loro è Valentin Madouas, “incredibilmente” terzo al Giro delle Fiandre domenica scorsa.
Incredibilmente, come avrete notato, tra virgolette. E sì, perché il quasi ingegnere della Groupama-Fdj in fin dei conti era reduce da un più che buono inizio di stagione. Aveva conquistato la maglia a pois nella Parigi-Nizza e sappiamo quale fosse il livello, e aveva aperto la sua campagna del nord con delle buone prestazioni proprio nelle Fiandre: 7° ad Harelbeke e 11° a Waregem.


Alti livelli
E poi la “ciliegiona” di domenica scorsa, il podio alla Ronde.
«Avevamo lavorato molto bene sul briefing – ha detto il francese dopo la corsa – Insieme con tutta la squadra abbiamo fatto la gara di cui avevamo bisogno. Purtroppo mi sono mancate un po’ di gambe all’ultimo passaggio sul Vecchio Kwaremont per seguire i due davanti. Ma si tratta davvero di dettagli, di poca cosa».
Poca cosa che però ha fatto la differenza quando hanno aperto il gas. Okay, poi il buco è stato richiuso in quanto VdP e Pogacar si sono fermati. In ogni caso per il classe 1996 questo podio così prestigioso è davvero un segnale importante, per la stagione e per la carriera. Dà fiducia.
«Ho fatto un po’ troppa fatica durante la giornata, ma tornerò per cercare di fare meglio. Però ho fatto un bel passo in avanti quest’anno», come a dire che per certe corse gli serve ancora un po’, un bel po’ di esperienza. Eppure non era al debutto, era la sua terza Ronde.


Lo sprint
Una delle cose più belle di domenica è stato ascoltare il racconto dello sprint dal suo punto di vista.
«Ci siamo avvicinati velocemente – chissà dalla radio cosa gli dicevano – ma avevo i crampi e le gambe mi “ballavano”. Non ce la facevo a stare bene in piedi.
«Ho fatto il mio sprint (lungo, ma non poteva fare diversamente, ndr) e quando li abbiamo agganciati con la velocità che avevo ad un certo punto ci ho creduto davvero. Ma le gambe hanno parlato e mi hanno detto di sedermi. È stato magnifico salire sul podio di un Monumento».
Madouas ha fatto un’ottima corsa. Anche se dice di aver speso un po’ più del previsto a risalire, a mantenere le posizioni, tutto sommato è rimasto ben coperto fino a quando non è scoppiata la corsa. E quel piccolo anticipo sullo scatto dello sloveno è stato provvidenziale.
«Quando eravamo in quattro ero concentrato, pensavo solo a seguire le ruote, soprattutto quelle di Pogacar. Per me lui era un gradino sopra. Fisicamente è davvero molto forte. Per colmare il gap coi migliori non manca poi tanto. E’ stato uno dei miei migliori giorni in bici, anche se non ho vinto».
Valentin sapeva bene che ad attaccare sarebbe stato lo sloveno. E sapeva anche che tenerlo non sarebbe stato facile. La sua intelligenza è stata quella di non seguirlo fino allo sfinimento. E infatti, poi quando si sono staccati, sembrava averne un po’ di più di Van Baarle.


Ardenne e…
Accolto dal team in maniera trionfante, Madouas è stato assalito anche dalla stampa francese, che orfana di Alaphilippe non sperava tanto. Forse si aspettavano qualcosa di più da Turgis.
E proprio perché c’erano tanti francesi, gli hanno chiesto della sua presenza alla Parigi-Roubaix, anche se in teoria Madouas sarebbe più da Ardenne, in fin dei conti è già arrivato ottavo in un’Amstel. Senza contare che risultati come il 13° posto al Giro d’Italia del 2019 e la recente maglia a pois alla Parigi-Nizza lo farebbero protendere per i percorsi valloni.
«La Parigi-Roubaix – ha risposto loro Madouas – non è nel mio programma, ma mi piacerebbe farla, anche solo per scoprire la gara. L’ho corsa sia da juniores che da under 23 e poi potrebbe essere interessante farla anche in vista della tappa sul pavè del Tour de France, dove posso aiutare la squadra.
«Vedremo… Prima c’è l’Amstel Gold Race. Io comunque corro fino alla Liegi».