Cattaneo, storia di una dura risalita

13.01.2022
7 min
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«Il Tour mi ha portato a un livello altissimo – dice Cattaneo nel pomeriggio spagnolo – ho passato i dieci giorni successivi a rispondere al telefono. Se avessi fatto 12° al Giro, mi avreste chiamato forse voi. Per questo, quando me l’hanno chiesto, ho detto che avrei preferito tornare in Francia. E poi in Danimarca si comincia con una crono, un piazzamento nei primi 10 ci starebbe. Sognare non costa nulla, anche se ci saranno tutti i migliori del mondo».

Un anno importante

Lui l’ultima crono della stagione l’ha vinta, al Tour of Luxembourg. E al Tour de France ha aiutato la squadra, favorendo le vittorie di Cavendish e Alaphilippe e ritagliandosi però anche un bello spazio, nella forma di fughe che l’hanno portato al secondo posto di Tignes, il quarto di Quillan e due top 10 nelle crono. Alla Quick Step-Alpha Vinyl se ne sono accorti e hanno deciso di investire su di lui. 

«E’ stato un anno importante – conferma – e nel 2022 vorrei fare uno step ulteriore nelle crono, prendendo poi tutto quello che verrà nelle corse a tappe. La parte più difficile di questa risalita è stata ritrovare la testa per pensare di essere all’altezza. Nei primi anni da professionista ho commesso i miei errori e anche la squadra non è stata in grado di aiutarmi. Quando però sono arrivato all’Androni, sono riuscito a riprendere il controllo e devo a quegli anni il fatto di essere qui».

Cade il velo

Ci sono cose che si sanno. Guai scriverle, perché attengono alla sfera privata e i corridori meritano rispetto. A parte qualche caduta di troppo, si diceva che fra i problemi di Mattia ci fosse un rapporto complicato con l’alimentazione. Ne abbiamo scritto tanto, altri corridori da Aru a Cimolai ci hanno raccontato la loro storia, e ora per la prima volta affrontiamo con lui il delicato argomento.

«E’ vero – ammette – ed erano problemi che venivano da lontano. Li avevo anche da junior. Cominciarono a dirmi che per vincere dovevo essere magro. Leggevo sulle riviste articoli che parlavano della magrezza e alla fine mi convinsi che fosse l’unico modo per diventare professionista. Ti alleni e mangi poco, me lo portai dietro anche da dilettante.

«Facevo fatica, arrivavo già stanco alle salite. Da pro’ lo step successivo. Vedevo quelli che mangiavano di tutto ed erano sempre tirati. Non pensavo che magari avessero 10 anni più di me e fossero semplicemente più definiti. Io non mangiavo e loro andavano più forte. Entri in un circolo e non capisci più se il segreto sia nell’allenamento o nell’alimentazione, così mi focalizzai sull’essere sempre più magro.

«Poi passai all’opposto e mi ritrovai a correre con 3-4 chili di più. Era cambiata la prospettiva, ma il problema era lo stesso. In Androni finalmente ho trovato l’equilibrio. L’alimentazione non è più un problema, ma in certi giorni mi viene ancora da pensare a come andrei in salita se pesassi 2 chili di meno. La risposta l’ho avuta al Tour. Ci sono arrivato al peso forma e nell’ultima settimana mi mancava un po’ di forza. Quello è il mio peso limite, so che mi avrebbe fatto comodo mezzo chilo di più».

Operazione crono

La pagina è voltata. La maturità nell’affrontare il discorso fa capire tanto e aiuterà i ragazzi alle prese con gli stessi ragionamenti. Il nuovo Mattia, il ragazzo che da U23 vinse nello stesso 2011 il Giro delle Pesche Nettarine e poi quello d’Italia, è rinato nei due anni alla Androni, grazie al consiglio di Massimiliano Mori e all’umanità di Giovanni Ellena.

«Quello che c’è adesso – sorride – il riconoscimento da parte della squadra è davvero gratificante. Ho passato un bell’inverno, tranne una settimana di vacanza ho lavorato tantissimo sulla bici da crono e sul vestiario. Quando vedi che ti portano in America e ti fanno le protesi in carbonio su misura, capisci che ci credono e ti dà fiducia. Quando ti metti a sviluppare il nuovo abbigliamento, è lo stesso. Con Castelli abbiamo fatto un grosso step in avanti. Lo vedo soprattutto con i body da crono con cui avevamo qualche problemino e con i capi per quando piove. Stiamo parlando di una delle aziende più evolute al mondo, non voglio fare confronti con quello che c’era prima. Ma se devo andare da Calpe all’aeroporto di Valencia, posso farlo su una Panda o su una Ferrari. Sono entrambe auto, ma non sono uguali…».

Programma importante

Il riconoscimento della squadra porta anche a un calendario che Mattia definisce con modestia abbastanza importante.

«Partirò alla Valenciana – spiega – poi Algarve, Parigi-Nizza, Paesi Baschi, due corse nelle Ardenne e poi vediamo come proseguire. Non mi posso sbilanciare, ma sono nella lista lunga per il Tour e poi della Vuelta. Quello che mi dicono, io lo faccio. Mi conoscete da anni, non ho grosse pretese. L’obiettivo è tornare a vincere, ma ho il mio spazio e il mio ruolo. Sono consapevole che in squadra c’è chi va più forte e sono pronto a mettere il mio potenziale a sua disposizione.

La stagione di Cattaneo inizierà ugualmente dalla Spagna, con la Valenciana (foto Wout Beel)
La sua stagione inizierà con la Valenciana (foto Wout Beel)

«L’ultimo Tour è stato emblematico. Prima gli altri e poi me stesso. Qualcuno mi ha detto che se avessi fatto classifica dall’inizio, sarei arrivato più avanti, ma io non ci credo. Se fossi stato già davanti, non mi avrebbero permesso di andare in fuga e magari alla fine sarebbe venuto un decimo posto, che non avrebbe fatto troppa differenza.

«Mi piacerebbe vincere, ma bisogna essere onesti. E poi il mio sacrificio non è stato vano. Ho diviso la stanza con Mark (Cavendish, ndr) e l’ho aiutato a vincere. Stessa cosa con Julian (Alaphilippe, ndr). I direttori si sono resi conto che ho esperienza e che in certi momenti posso essere utile per trovare la posizione giusta. Già essere negli 8 della Deceunick-Quick Step per il Tour era una gran cosa, quello che è venuto dopo è stato ancora più grande. E alla fine davvero, il telefono non la smetteva più di squillare…».