La salite hanno sempre un certo fascino nel mondo del ciclismo. La maggior parte del pubblico, specie quello non abituale, associa la bici e i campioni alle montagne, alle Alpi soprattutto. Chi va in bici sa bene che le salite possono essere diversissime tra loro. Non si tratta solo di pendenze, ma c’è tanto altro a caratterizzarle. Fattori esterni, vedi il vento, la tipologia di gara, che solo un esperto può cogliere.
Giro d’Italia e Tour de France sono alle spalle, mentre la Vuelta si sta correndo proprio in questi giorni. Ognuno dei tre grandi Giri propone scalate e gruppi montuosi diversi. Per conoscerli meglio ne parliamo con chi di salite e grandi corse a tappe se ne intende, Stefano Garzelli.
Stefano, in onore alla Vuelta che si sta correndo, iniziamo a parlare dei Pirenei…
Tra le grandi catene montuose sono, mediamente, più facili. Più facili rispetto alle salite italiane e a quelle più note delle Alpi. Ma attenzione, comunque non ti regalano niente. Le salite dei Pirenei in generale sono abbastanza costanti, non presentano grosse pendenze e per questo sono abbordabili. Anche se i puertos dei Pirenei francesi, che tecnicamente non sono diversi da quelli spagnoli, con il caldo e il ritmo del Tour de France diventano selettivi.
Passiamo in Italia.
Ne abbiamo molte, ma le prime che mi vengono in mente sono le Dolomiti, però anche nomi come Gavia, Stelvio, Mortirolo, Zoncolan: tutte queste sono le più difficili, anche tecnicamente. A volte sono strette, chi deve fare classifica cerca di prenderle in testa. Lo Zoncolan per 10 chilometri non scende quasi mai sotto al 15 per cento (e ha punte del 22 per cento da una parte e del 23 dall’altra, ndr). L’Italia ha davvero salite di tutti i tipi e tutte sono bellissime e impegnative. E per questo il Giro è la corsa più dura del mondo.
Visto che ci siamo parliamo degli Appennini, allora. Cosa ci dici di queste scalate?
Una catena montuosa tanto lunga, quanto variegate sono le sue salite. Le prime scalate appenniniche a cui penso sono il San Pellegrino in Alpe, il Terminillo, dove ho anche vinto, l’Abetone. Già queste tre sono molto differenti tra loro. Il San Pellegrino in Alpe è duro, mentre una scalata come Terminillo se fatta ad alto ritmo può fare male e selezione.
La tua scalata appenninica preferita?
Direi il San Pellegrino in Alpe: particolare e anche a livello paesaggistico mi ricorda un po’ una salita alpina.
Andiamo in Francia, sulle Alpi…
Queste sono salite storiche. Le salite del Tour de France. Penso alla Bonette che dall’alto dei suoi 2.802 metri propone un paesaggio fantastico. Rispetto alle scalate alpine italiane, specie quelle dolomitiche, non hanno pendenze proibitive. Anche se alcune sono dure, vedi l’Izoard, il Galibier, l’Alpe d’Huez… Sono dure non tanto per le pendenze, ma perché non danno respiro. Alcune invece sono velocissime: Les Arc, la Rosiere, Isola 2000… sono salite al 6-7 per cento sulle quali oggi si va su con il 54. Merito anche delle nuove cassette posteriori che ti consentono di girare bene un 54×28. Un rapporto così ti fa fare tanta velocità.
Vosgi e Massiccio Centrale. Cosa ci dici?
Per certi aspetti, quelli tecnici almeno, mi ricordano un po’ gli Appennini, soprattutto i Vosgi anche se forse in media sono salite un po’ più corte. Salite che al massimo arrivano a 10 chilometri. Di solito hanno pendenze costanti e sono, sempre facendo un paragone con gli Appennini, molto più verdi sul piano del paesaggio. Non vorrei però dimenticare il Mont Ventoux…
Giusto: il Gigante di Provenza, che però non fa parte di nessun gruppo montuoso.
Premetto che non l’ho mai fatto in bici. Né da corridore, quando ho fatto il Tour non era mai stato inserito nel percorso, e neanche da commentatore Rai. Infatti per motivi logistici il compound è sempre montato in basso. Però questa salita andava menzionata. Una particolarità assoluta: lunga, impegnativa ma soprattutto spoglia, nuda. E’ affascinante.
Insomma dovrai farla prima o poi! Chiudiamo con la “tua” Spagna. Ci sono molte altre montagne oltre ai Pirenei…
Tante e non solo nella terra ferma. La Spagna ha le salite anche sulle isole, Gran Canaria (con il Pico de la Nieve, ndr), Tenerife dove c’è il Teide. Questa salita con i suoi quattro versanti è una magia. Ha tutto quello che serve: distanza, varie pendenze, quota… per me è il posto migliore per allenarsi. Lì davvero riesci a trovare la concentrazione giusta. Il Teide va vissuto.
E nella Spagna vera e propria?
Altre salite sono poi nella zona a Sud della Spagna, quella di Granada. Lì c’è il grande massiccio della Sierra Nevada. In teoria si può arrivare in bici fino a 2.850 metri, ma gli ultimi 10 chilometri sono sterrati. Anche in quella zona ci sono tante salite. Sono quasi tutte lunghe, perché partono da molto in basso, ma non sono quasi mai pendenti. Le strade sono anche piuttosto larghe e sono regolari.
Ma non sono finite le salite spagnole, giusto?
C’è la Nava Cerrada, vale a dire le montagne nei dintorni di Madrid, in pratica le salite di Alberto Contador. Sono abbastanza lunghe e regolari, molto stile Tour, vanno su al 7-8 per cento. E poi ci sono le scalate delle Asturie e queste sono le più dure di tutta la Spagna. Sono scalate lunghe, ma non lunghissime. Molte sono irregolari e quasi tutte hanno pendenze in doppia cifra. Sono salite paragonabili al nostro Mortirolo.
Qualche nome?
Quelle famose della Vuelta e che tanto le hanno dato: Angliru, Lagos de Covadonga, Pico del Buitre. Sono scalate di 10 massimo 15 chilometri, su strade strette spesso anche scoperte al sole e al vento. E con pendenze micidiali (anche oltre il 25 per cento, ndr).
Stefano, quali sono le tue salite preferite per ognuna delle tre Nazioni dei grandi Giri?
In Francia il Galibier, perché oltre che affascinante di suo ho anche un bel ricordo. Transitai per primo da solo nel 2003 e vinsi il premio Henri Desgrange. In Spagna direi i Lagos de Covadonga: non ci ho mai corso, ma nei tre anni in cui ho collaborato con l’organizzazione della Vuelta ogni volta che si arrivava lassù restavo a bocca aperta con tutti questi laghi che ti si aprono una volta terminata la salita. Davvero bello.
Resta l’Italia…
In Italia il Mortirolo – risponde senza indugio Garzelli – perché è una grande salita e perché è quella dedicata a Pantani. E’ lì che Marco staccò Indurain e quelle per me sono immagini e ricordi da giovane. Pensate che qui in Spagna, dove vivo, se a qualche cicloamatore chiedi delle salite italiane ti dice subito: “Mortirolo”. E’ amatissimo.