Patagogna: il viaggio speciale di Serena, Stefania e Lola

26.12.2022
7 min
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Una meta desiderata, bramata, agognata. Per riassumerlo in una sola parola Patagogna. Un errore voluto quello di intitolare il viaggio fino all’estremo confine del Sud America per chiarire fin dall’inizio il senso di questa esperienza. Proprio oggi nella festività di Santo Stefano, Eleonora Delnevo e Stefania Valsecchi stanno sorvolando l’Oceano in direzione Patagonia per iniziare la loro avventura. Al fianco di questa fantastica esperienza a supportare le due ambasciatrici c’è Liv. Il brand delle due ruote il cui intento è quello di portare il maggior numero di donne e ragazze in bicicletta facendole divertire e creando una community. 

Una meta così ambiziosa e lontana ha però bisogno di una pianificazione accurata e meticolosa. Ed è qui che è entrata in scena Serena Cugno. Autrice del blog e anima del progetto Myfamilybike, è una donna di 40 anni, mamma di due splendide bambine, Nicole e Cloe, che ha fatto della passione per la bici uno stile di vita. Cinque anni fa lei stessa ha solcato quelle terre lontane e oggi insieme a Liv è pronta a supportare le due nuove avventuriere. 

Il progetto Myfamilybike è rivolto a far conoscere quanto sia bello viaggiare con la propria famiglia
Il progetto Myfamilybike è rivolto a far conoscere quanto sia bello viaggiare con la propria famiglia

Myfamilybike

La storia di Serena Cugno parte da un innamoramento per le due ruote nato lontano dalla competizione. A sentire la sua storia sembra che le parole di Liv fossero già nella sua indole da molti anni.

«Da quando abbiamo iniziato – dice Serena – a fare viaggi in bicicletta nel 2004 è stato amore a prima vista. Da lì mi è proprio scattata una passione verso la bici anche se non ho mai fatto gare né da giovane né da più grandicella. Non mi è mai scattata quella voglia di pedalare per fare gare e competere con le altre. L’ho sempre visto come un mezzo per esplorare e fare viaggi in tutto il mondo.

«Dal 2019, quindi prima della pandemia – spiega – abbiamo iniziato a raccontare i nostri viaggi. L’isola di Guadalupe nei Caraibi. Poi nel 2021 siamo andati a fare il viaggio dei viaggi da Helsinki a Rovaniemi dove siamo andati a trovare Babbo Natale con il sole di mezzanotte a luglio. Quando sono arrivate le nostre figlie abbiamo deciso di non abbandonare le nostre passioni e da lì è nato Myfamilybike. Un blog su Instagram e Facebook per raccontare ed essere d’esempio per le altre famiglie. Vedevo le mie amiche un po’ frustrate perché si erano dedicate a fare le mamme al 100%, mettendo da parte qualsiasi passione che fosse bici o altro. Il messaggio di Myfamilybike sta proprio in questo, comunicare che si possono portare avanti le passioni. La pagina Myfamilybike è stata la chiusura di un cerchio, quando si viaggia sappiamo che abbiamo tutto quello che ci serve, la famiglia e la bici».

Per Serena viaggiare in bici è sinonimo di libertà e gioia
Per Serena viaggiare in bici è sinonimo di libertà e gioia

Decidere di partire

Prima di Eleonora e Stefania, Serena con una storia tutta sua è andata alla scoperta della Patagonia in sella alla propria bici. Un viaggio unico e in grado di trasmettere emozioni irripetibili che ancora oggi sono motivo di grande sorriso e motivazione transitiva a chi si vuole mettere sulla strada.

«Mio marito mi ha fatto lo scherzo – racconta Serena – di licenziarsi e aprire il negozio di bici che ha tutt’ora di nome Ciclocentrico, interamente dedicato al cicloturismo. Per ringraziarmi di non avergli impedito di fare questa cosa mi ha regalato un volo per la Patagonia. Così sono partita a febbraio 2017 e ho pianto tutte le lacrime che avevo perché la mia bimba aveva 2 anni e mezzo. Decidere di partire, come accade spesso, è stata la parte che ha richiesto più coraggio.

«Il viaggio è stato bellissimo – dice – e tornassi indietro lo rifarei. Ho sempre fatto viaggi con lui e questo era il mio primo in solitaria. Io avevo il volo di ritorno dopo 17 giorni. Per arrivare giù ce ne ho messi due. I chilometri da coprire erano 1.200 divisi in 12 tappe da El Calafate a Ushuaia. Le incognite atmosferiche di solito sono due vento e pioggia. Ho provato fuori misura anche tanto freddo. Un giorno si unirono tutte queste intemperie e pensai di mollare quella tappa. In realtà ciò che ti circonda laggiù è talmente meraviglioso che trovi la forza in qualsiasi cosa e non ti puoi fermare. Infatti quando mi chiedevano Stefania e Lola i lati negativi di questa esperienza, ho risposto loro che i ricordi positivi superano di gran lunga qualsiasi imprevisto o avversità. Solo meraviglia e un continuo alternarsi di testa bassa e bocca aperta per lo stupore di ciò che mi circondava».

Bellezza e fatica

Perché ci si spinga ad un’avventura alla scoperta di una meta che si trova dall’altra parte del mondo non sempre è cosa semplice da capire. Ascoltando le parole di Serena si percepisce un’aura di bellezza che unita alla fatica acquisisce un sapore di conquista che solo situazioni di questo tipo sono in grado di regalare.

«La popolazione del posto è davvero poca e molto distante tra un contatto e l’altro. Nella Terra del Fuoco abbiamo chiesto ospitalità nelle fattorie e ci facevano posizionare la tenda nei loro terreni sconfinati. Uno dei luoghi più affascinanti è Torres del Paine dove si va a dormire di fronte alle cime. E’ stata un po’ la stessa emozione che ho vissuto in Tibet quando ho visto l’Everest che si è aperto dietro ad una nuvola e sono scoppiata in lacrime dalla bellezza. Si tratta sempre di una meta che ti devi conquistare dopo tanta salita e fatica. 

«Spazi smisurati, enormi, sconfinati – spiega – dove a perdita d’occhio vedi questi terreni e gli animali che attraversano la strada. L’asfalto sta aumentando in quelle zone, ma gran parte è ancora sterrata. Il traffico è davvero poco, si è totalmente immersi nella natura. I percorsi sono molto ondulati, c’è molta salita. Su 1.200 chilometri il dislivello era di circa 10.000 metri. E’ un viaggio impegnativo, soprattutto nella prima parte. Meno nella Terra del Fuoco, dove si attenuano le salite. L’arrivo era a Ushuaia che è la città più a sud del mondo. Infatti ho questo timbro sul passaporto dove c’è scritto la “La ciudad mas austral del Mundo».

Lola a bordo della sua handbike elettrica affronterà tutte le mete per attraversare la Patagonia
Lola a bordo della sua handbike elettrica affronterà tutte le mete per attraversare la Patagonia

Consigli per Lola e Stefania

Oggi a partire sono Eleonora Delnevo, per tutti Lola, e Stefania Valsecchi. Due donne forti e avventuriere che non si pongono confini. Stefania nata a Lecco 55 anni fa, è una maestra elementare in una scuola lecchese, una professione scelta per divertimento e passione, con la sua bici viaggia e abbatte ogni limite. Lola è un’alpinista bergamasca, rimasta vittima nel 2015 di un brutto incidente che l’ha paralizzata dalla vita in giù. A bordo della sua handbike elettrica affronta ogni sfida con determinazione e dedizione.

«Ci siamo conosciute – spiega Serena Cugno – tramite Liv perché Marta Villa, Marketing Coordinator del marchio, ci ha messe in contatto per la mia esperienza in questo viaggio. Lola e Stefania sono due persone meravigliose. L’unica cosa che ho consigliato loro è quella di fare attenzione sulla pianificazione e sulle soste. Ci si può prefissare di fare 100 chilometri e poi riuscire a farne solo 50 e la volta dopo 120. Quindi di essere flessibili e di stare attente ai giorni dopo. Nonostante sia una località frequentata da turisti, comunque è una terra selvaggia e con una densità di popolazione bassissima. In sostanza non devono lasciare nulla al caso. Sarà un viaggio pieno di sorprese in positivo e di emozioni continue. Gli ho detto di godersi ogni metro. Sono due donne forti e toste. Super decise e determinate, per quello gli ho dato pochi consigli, avendo due caratteri molto forti non avranno problemi a superare ogni ostacolo, hanno vissuto entrambe di peggio».

Stefania non è nuova a questo tipo di avventure tra freddo e fatica
Stefania non è nuova a questo tipo di avventure tra freddo e fatica

Liv Committed

Le tre ambasciatrici portano avanti la filosofia di Liv. Un concetto di inclusione che fa bene al ciclismo, e che attraverso il ciclismo femminile è pronto a dare un esempio a tutti i ciclisti del mondo.

«Diciamocelo con franchezza, in Italia – spiega Serena – quello della bici è un mondo prettamente maschile e rivolto alla competizione. Quindi una come me, donna, che non è mai stata interessata all’agonismo… Ho sempre pensato di essere tagliata fuori dal ciclismo. Invece è una passione in grado di smuovere il mondo e Liv vuole comunicare tutto ciò. Il mio messaggio dell’inclusione che parte dalla famiglia ripercorre in modo parallelo questo pensiero. Soprattutto anche cercare di far capire alle donne che questo sport è adatto a loro. In molti casi c’è il marito che va troppo forte, trovare un gruppo alla propria portata non è mai semplice e spesso questo porta ad abbandonare le due ruote e non sentirsi adatti. 

«Creare gruppi di donne – conclude – che abbiano voglia di pedalare solo per il piacere di farlo è il mio obiettivo per il 2023. In Liv ho trovato supporto e persone che la pensano esattamente come me. Inclusione e uscire dallo stereotipo della competizione a testa bassa. Una donna, una mamma, non ha sempre la possibilità di allenarsi ed essere competitiva rimanendo quindi indietro.  Invece bisogna mettere da parte i sensi di colpa e godersi ogni uscita in sella».