«Arrivavo da un brutto infortunio subito nell’estate del 2021, una frattura vertebrale che mi ha tenuto fermo per 4 mesi (in apertura, immagine di Emergency-Live). Una volta recuperato però mi sono trovato ad inseguire la condizione, perché non ho fatto palestra ed ho avuto degli scompensi».
Da queste parole di Omar El Gouzi è nata una telefonata con il dottor Maurizio Radi, titolare di Fisioradi Medical Center. Capire in che modo si cura e si recupera da una frattura alle vertebre è importante, soprattutto perché si tratta di un infortunio abbastanza frequente nei ciclisti.
L’occhio del dottor Radi
«Innanzitutto – aggancia subito il discorso Maurizio Radi – quando si parla di una frattura vertebrale si tratta di una frattura ossea. Le vertebre sono le ossa che compongono la colonna vertebrale, sono trentatré in totale. Sono divise in tre sezioni: sette vertebre cervicali, dodici dorsali e cinque lombari. Tra due vertebre c’è il disco intervertebrale che permette alla colonna di muoversi. Servono a sostenere il peso del corpo».
Due trattamenti
Il caso di El Gouzi è stato curato con una terapia conservativa grazie all’utilizzo di un busto che lo ha tenuto immobilizzato per due mesi. Un altro caso famoso è quello di Nibali che nel 2018 ha subìto un’operazione per ridurre la frattura vertebrale subita al Tour de France.
«I trattamenti da mettere in atto – continua Radi – per risolvere una frattura vertebrale sono due: il primo è quello conservativo. Si tratta di utilizzare un busto che immobilizza l’atleta ed allinea la colonna vertebrale, si utilizza questo metodo quando si è davanti ad una frattura composta e lineare. Nel giro di sessanta giorni la frattura si risana. L’altro metodo che in alternativa si applica è il trattamento chirurgico. In questo caso è il neurochirurgo che decide se operare o meno. Chiaramente l’operazione è il metodo di agire più invasivo, si vanno a stracciare i muscoli e crei dei traumi tendineo muscolari. Anche nel caso di un trattamento chirurgico i tempi di recupero sono sempre nell’ordine dei sessanta giorni».
La fisioterapia
Una volta che la frattura si è ricomposta si passa alla parte di recupero, quella fisioterapica. Per un ciclista professionista è una fase molto delicata perché si deve ricostruire il tono muscolare.
«Non solo – spiega il medico – nel momento in cui si ha un’immobilizzazione che dura per una sessantina di giorni, oltre al tono muscolare, si perdono anche elasticità e mobilità dell’articolazione. La parte riabilitativa può iniziare anche dopo una quarantina di giorni dall’immobilizzazione, si inizia a togliere il busto e si fanno delle sedute in acqua con esercizi in scarico verticale e graduale. Sono trattamenti che durano un’ora al massimo, dopo i quali l’atleta deve sempre indossare il busto, è una primissima parte del percorso per tornare all’attività agonistica. I primi esercizi che vengono fatti sono di rieducazione posturale e di mobilità. E’ bene anche effettuare una tac, solitamente in 3D perché più precisa, per capire come sta guarendo la frattura».
La seconda parte
Maurizio Radi spiega e noi attentamente seguiamo, quando la frattura è più complessa, ci dice, la fisioterapia inizia in maniera più cauta.
«La seconda parte della riabilitazione – continua – viene fatta in palestra a secco. Bisogna ricostruire, gradualmente, una colonna elastica, forte e tonica per affrontare un’attività agonistica. Pensate che in sessanta giorni di immobilità si può perdere fino al cinquanta per cento della forza. Non si tratta di ricostruire solamente la parte muscolare a livello della colonna ma anche quella degli arti inferiori. Bisogna lavorare a 360 gradi sull’apparato muscolare, andranno rinforzati anche tutti i principali muscoli del core. Gli esercizi che l’atleta dovrà andare a fare sono gli stessi della preparazione invernale, ovviamente con dei carichi proporzionati al tono muscolare post infortunio».
Di nuovo in bici
In tutto questo percorso il ciclista non ha ancora messo piede sulla bici. Tornare a compiere il gesto atletico, anche a bassa intensità, sarebbe stato troppo traumatico per il fisico.
«Le prime pedalate arrivano appena si inizia a recuperare un po’ di tono muscolare. Anche fare il gesto atletico è parte della riabilitazione, ma va inserito al momento giusto. Il mio consiglio – spiega Radi – è di cominciare dai rulli, per periodi brevi: venti minuti al giorno. E’ meglio partire dai rulli perché si toglie lo stress e le sollecitazioni che si hanno su strada. Tornare a pedalare all’esterno lo si potrà fare una volta recuperata l’elasticità ed il tono muscolare. Il fisico deve essere riabituato a sostenere le sollecitazioni. Un altro aspetto fondamentale è che dopo la frattura, una volta che si torna a pedalare, è bene fare una nuova valutazione biomeccanica. Non è detto che il fisico riprenda a pieno l’elasticità muscolare e le funzionalità di prima, ci vorrà del tempo. In un incidente grave come quello di Bernal è probabile che l’atleta non ritorni mai ai livelli pre-incidente. E’ chiaro che trattandosi di atleti professionisti un’ultima parte del recupero passi anche dal riprendere gli allenamenti ad alta intensità. La fisioterapia e la palestra aiutano ma l’ultimo step lo dà il gesto atletico».