Fat max: un concetto sempre più diffuso nel ciclismo e non solo

01.11.2024
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Sempre più spesso sentiamo parlare di “Fat Max” nel campo della preparazione atletica, non solo nel ciclismo ma anche in altri sport di endurance, come ad esempio la maratona. Ma cos’è esattamente la Fat Max? A cosa serve? Di base, si può definire come quell’intensità di esercizio alla quale il corpo raggiunge il massimo tasso di ossidazione dei grassi, cioè il punto in cui si brucia la maggior quantità di grassi come fonte di energia.

Per capire meglio, ne abbiamo parlato con il dottor Andrea Giorgi della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè. Giorgi è la persona più indicata per affrontare questo tema sia perché è medico sia perché è anche un preparatore atletico (in apertura foto @GabrieleReverberi).

Il dottor Andrea Giorgi
Il dottor Andrea Giorgi
Dottor Giorgi, può spiegarci cos’è esattamente la Fat Max?

La fat max è un concetto legato agli sport di endurance, dove l’energia proviene principalmente dall’ossidazione dei grassi e degli zuccheri, i nostri “carburanti” per sostenere lo sforzo. I grassi rappresentano una riserva energetica molto ampia nel corpo. Questa riserva è distribuita nel tessuto adiposo sottocutaneo, nei muscoli e nel sangue, particolarmente utile per le attività a bassa intensità e di lunga durata.

E quindi, per i ciclisti?

Negli atleti, i grassi ossidati provengono principalmente dai depositi intramuscolari. Questo è un adattamento specifico all’allenamento: in una persona non allenata, il corpo utilizza principalmente i grassi in circolazione, mentre l’atleta riesce a sfruttare meglio quelli intramuscolari. La particolarità della fat max è che rappresenta il punto massimo di ossidazione dei grassi durante l’attività fisica.

La Fat Max si verifica a un’intensità specifica?

Esattamente. La fat max indica l’intensità alla quale si raggiunge la massima ossidazione dei grassi come fonte di energia, generalmente tra il 65 per cento e l’80 per cento del VO2max per gli atleti, con valori variabili a seconda del grado di allenamento. Oltre questo punto, si attiva il cosiddetto “punto di crossover”, dove il corpo inizia a ossidare più carboidrati e meno grassi man mano che l’intensità aumenta. Gli atleti più allenati riescono a mantenere un elevato consumo di grassi anche a intensità maggiori, ottenendo così un vantaggio nelle attività di endurance.

Secondo Giorgi, Pogacar avrebbe un livello di fat max elevatissimo. «Quando lui viaggia con i grassi, gli altri sono già ai carboidrati»
Secondo Giorgi, Pogacar avrebbe un livello di fat max elevatissimo. «Quando lui viaggia con i grassi, gli altri sono già ai carboidrati»
Come si allena la fat max?

Per allenare la fat max bisogna identificare la zona di “crossover” tramite test specifici, come quelli che misurano il consumo di ossigeno e il quoziente respiratorio (QR), ovvero il rapporto tra anidride carbonica prodotta e ossigeno consumato. In genere, quando il QR è intorno a 0,7, la maggior parte dell’energia proviene dall’ossidazione dei grassi.

È chiaro…

La fat max si allena tramite sessioni a bassa intensità da 90′ in su, che migliorano l’efficienza mitocondriale nei muscoli a fibra rossa, grazie alla presenza di mitocondri che ossidano i grassi. Tuttavia, è altrettanto importante eseguire anche allenamenti ad alta intensità per migliorare la qualità muscolare e il numero di mitocondri. Si parla spesso di diete low-carb o chetogeniche per favorire l’ossidazione dei grassi, ebbene queste possono effettivamente aumentare la capacità di ossidazione lipidica, ma riducono la capacità di utilizzare i carboidrati ad alte intensità, rendendo più difficile mantenere l’intensità elevata negli allenamenti. La chiave è trovare un equilibrio tra l’uso dei grassi come carburante a lungo termine e l’efficienza con i carboidrati durante sforzi più intensi.

In pratica, brucio i grassi ma vado più piano…

Esatto. In assenza di fonti di energia immediatamente disponibili, come i carboidrati, si perde in prontezza energetica.

Yeman Crippa è il primatista italiano della maratona. Anche per i podisti di lunghe distanze come lui il lavoro sulla fat max è centrale (foto Grana/Fidal)
Yeman Crippa è il primatista italiano della maratona. Anche per i podisti di lunghe distanze come lui il lavoro sulla fat max è centrale (foto Grana/Fidal)
Ma allora perché si insiste così tanto sulla Fat Max e allo stesso tempo si parla della necessità di introdurre 100-120 grammi di carboidrati all’ora?

Perché, durante la corsa, i carboidrati sono essenziali per ottenere prestazioni ottimali alle alte intensità.

Una curiosità: una grande capacità di Fat Max è importante anche nella maratona?

Sì, per lo stesso motivo dei ciclisti. Va considerato che mediamente i podisti hanno un VO2max leggermente più alto dei ciclisti e quindi una fat max a frequenze cardiache più alte. Tuttavia, il riferimento nella maratona è solitamente il ritmo corrispondente ai 2 millimoli di lattato, un livello che l’organismo riesce a smaltire senza accumulo. Se un atleta riesce ad aumentare questa soglia di fat max, potrà mantenere una “velocità di crociera” più elevata e risparmiare energie per il finale (ricordiamo inoltre che oggi anche nella maratona si utilizzano integratori di carboidrati liquidi, che permettono di sostenere ritmi ancora più elevati: il mix di cui diceva Giorgi ndr).