Allenarsi in altura per correre in altura: Slongo e il Rwanda

08.08.2025
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Allenarsi in altura preparando una gara a livello del mare è prassi consolidata, ma cosa cambia se la gara da preparare si svolge ugualmente in quota? Parlando ieri con Elisa Longo Borghini e il suo avvicinamento ai mondiali del Rwanda (in apertura, immagine Kigali 2025), il punto ci ha incuriosito. Allo stesso modo, giusto 35 anni fa, i tecnici della federazione dedicarono studi e sforzi preparando i mondiali di Duitama, che si corsero a partire dai 2.400 metri di quota, con il punto più alto a circa 2.800. A Kigali si correrà fra i 1.400 e i 1.600 metri, quindi molto più in basso rispetto alla Colombia, ma il tema resta.

Per questo siamo partiti da Paolo Slongo, allenatore di Longo Borghini, che sta mettendo a punto i termini del ritiro in altura che le ragazze del UAE Team ADQ svolgeranno a settembre preparando i mondiali.

La collaborazione fra Longo Borghini e Slongo ha prodotto ottimi frutti, fra cui l’ultimo Giro d’Italia
La collaborazione fra Longo Borghini e Slongo ha prodotto ottimi frutti, fra cui l’ultimo Giro d’Italia
In che modo si arriverà ai mondiali?

Il concetto di partenza è che sarebbe sbagliato arrivare in Rwanda senza aver fatto prima altura. E’ sempre meglio abituare il fisico con il giusto anticipo, in modo da poter lavorare anche in quota. Se vai all’ultimo momento e pretendi di iniziare a lavorare, le risposte che hai sono sicuramente diverse. L’altra opzione, come si faceva una volta, era di andare sul posto molto prima e acclimatarsi al luogo della gara. L’analisi è che in Rwanda i costi sono molto alti e magari noi europei abbiamo enzimi diversi, per cui trascorrere là troppo tempo potrebbe essere rischioso dal punto di alimentare e altri aspetti. Quindi la nostra idea è di fare un blocco in altura, che finisca proprio a ridosso della partenza per il mondiale.

Quindi partireste all’ultimo momento?

Ne parlavo con il cittì Velo e mi ha spiegato che un primo gruppo di atleti parte un po’ prima, mentre chi fa solo la strada parte il 22 settembre. Perciò l’idea è di fare un ritiro fino al 21, partendo il giorno dopo. Si tratterebbe di arrivare là con il fisico che è già abituato a lavorare a una certa quota.

Cambierà qualcosa dal punto di vista della gestione dello sforzo durante l’altura di preparazione?

Sicuramente cambia, ma l’obiettivo resta quello di adattarsi. Sicuramente i valori saranno un po’ più bassi in altura, quindi dovremo avere la bravura di individuare il range esatto dell’atleta a certe altitudini. I lattati e tutti i test che si svolgono di solito a livello del mare, andranno fatti anche più in alto metri per avere una risposta importante sui range e i valori espressi a quella quota. In questo modo lavori all’altitudine voluta, però con i valori giusti del corpo. Si aggiunga che in gara c’è sempre il 10 per cento in più determinato dalla motivazione. Bisognerà anche stare attenti a dosare i carichi di lavoro, per controllare le zone che sicuramente cambieranno di circa di 20-30 watt.

Dopo la vittoria del Giro Women, il mondiale è entrato di prepotenza nel programma di Longo Borghini
Dopo la vittoria del Giro Women, il mondiale è entrato di prepotenza nel programma di Longo Borghini
Hai già ragionato su quanto durerà il ritiro? Le solite due settimane o anche di più?

Probabilmente basterebbero due settimane, però l’idea è di prevederne tre, andando con meccanico, massaggiatore ed eventualmente altre ragazze della nostra squadra. Per l’avvicinamento che dobbiamo fare, visto che Elisa ha un po’ staccato e sta riprendendo ora ad allenarsi, nel periodo prima del mondiale vorremmo lavorare bene. Quindi considerando il periodo di adattamento, con tre settimane siamo più sicuri di poter lavorare nel modo giusto. Facendo quattro doppiette o tre triplette di lavoro vero, che sono importanti. Andando via il 22, si avrebbe il tempo di scaricare a Kigali e di arrivare giusti alla gara.

Elisa correrà a fine agosto e poi più nulla fino al mondiale?

Esatto. Per questo l’idea è di andare ai primi di settembre, più o meno dal 3 al 22 settembre, anche se non abbiamo definito bene la data e nemmeno il posto.

La scelta del luogo dipende dalla disponibilità degli alberghi o serve un luogo particolare per lavorare in un certo modo?

Dobbiamo valutare un po’ di cose. Se andassimo a San Pellegrino, magari avremmo tutto: la logistica, l’alimentazione, la moto. Sarebbe tutto comodo. D’altra parte, se andassimo al Teide, dove ci sarebbe un fuso orario comunque simile, avremmo lo stesso clima, perché comunque in linea d’aria non siamo tanto lontani. Le Canarie sono davanti all’Africa, hai lo stesso clima e hai l’altitudine. In più è un posto che si conosce molto bene, quindi c’è da valutare anche questo.

Hai parlato di altre atlete da portare.

C’è da capire con il commissario tecnico, se ci saranno magari altre atlete della nostra squadra oltre a Elisa. Penso a Persico, magari a Magnaldi e anche Marturano, che in salita va forte, ma al Giro è caduta nella seconda tappa e non ha potuto mettersi in luce. C’è da capire su chi investire oltre ad Elisa, magari lavorando anche nella prospettiva del campionato europeo. Quando tornano dal Rwanda, infatti, passano pochi giorni e si parte per la Francia. Anche quello è bello duro, però meno esigente del mondiale, quindi potrebbe essere uno scenario che oltre ad Elisa si può aprire per Persico e altre atlete. E il blocco di lavoro comunque sarebbe lo stesso: lo fai per il mondiale e te lo trovi anche per l’europeo.