Crescita, rapporti liberi o bloccati, sviluppo fisico: continuiamo ad indagare in questa sfera del settore giovanile del ciclismo. In Francia come abbiamo già scritto lo sblocco, nelle gare interne, è realtà già da un po’. Presto si allineeranno anche gli altri Paesi, tra cui il nostro. Ma in un certo senso già lo siamo, visto che alcune discipline come pista e mtb già prevedono l’utilizzo di rapporti liberi. E proprio con il cittì della nazionale di mountain bike, Mirko Celestino, cerchiamo di capire quanto influiscano sulla crescita dei piccoli biker (in apertura, foto Michele Mondini).
In questo weekend il circus della mtb italiana è in Val Casies (Bolzano) per i campionati nazionali. Il cittì ci dedica tempo fra una gara e l’altra, anche dei più giovani. E dall’ultimo degli allievi a Luca Braidot, fresco vincitore di due tappe di Coppa del mondo, la scala dei denti utilizzata è la stessa. Così come è lo stesso (quasi) per intero il circuito che affrontano.
Sviluppi metrici corti
«Il problema dei rapporti bloccati, ma direi in generale dei rapporti, in mtb non c’è – chiarisce subito Celestino – Il bloccaggio dei rapporti nelle categorie giovanili su strada infatti riguarda gli ingranaggi più lunghi, quelli che sviluppano più metri, ma in mountain bike certi sviluppi non si raggiungono.
«Non si raggiungono e non ce n’è neanche questa grande necessità, visto che la differenza si fa sulle pendenze estreme o al contrario in discesa. Semmai si va alla ricerca dell’agilità».
E questo aspetto è vero, tanto che negli ultimi anni si è cercato (riuscendoci) d’ingrandire moltissimo i pignoni posteriori. Si è arrivati anche ad un 52, con il 30-32 davanti. E la differenza fra un allievo e un elite, è solo nella scelta della corona anteriore. A parità di percorso un ragazzino userà un 30, per esempio, e un elite un 34. Ma è una scelta libera, non un’imposizione.
Una scelta doppiamente tecnica: sia per una questione di forza dell’atleta (che chiaramente è diversa), sia per una questione di ricerca dell’agilità che al tempo stesso è legata anche al superamento degli ostacoli. Avere sempre una certa cadenza infatti, aiuta a stare in equilibrio e a mantenere sempre quel tanto d’impulso che serve per avanzare.
L’uno-due di Luca Braidot in CdM. Prima vince a Lenzerheide (Svizzera) davanti a 50.000 spettatori… (foto M. Mondini) Poi bissa ad Andorra, sotto gli occhi, tra gli altri, di Egan Bernal (foto M. Mondini)
L’uno-due di Luca Braidot in CdM. Prima vince a Lenzerheide (Svizzera) davanti a 50.000 spettatori… (foto M. Mondini) Poi bissa ad Andorra, sotto gli occhi, tra gli altri, di Egan Bernal (foto M. Mondini)
Agilità docet
Celestino poi parla della sua esperienza e di quanto i rapporti lunghi della strada lo abbiano aiutato da una parte, ma di certo non lo abbiano avvantaggiato dall’altra. Lo ricordiamo lui è stato un grande stradista, prima di passare alla “ruote grasse”.
«Quando sono passato alla mtb, per tre anni non ho toccato la bici da strada – dice Celestino – e questo perché mi serviva per la posizione e la guida. Quando prendevo la specialissima, infatti, e poi risalivo in mtb mi sembrava di fare dei passi indietro da un punto di vista tecnico. Era come se perdessi sensibilità, e mi ritrovavo al punto di partenza. E dopo tanti anni con i rapportoni della strada spesso mi ritrovavo ad andare duro.
«Ma per tornare al nostro discorso, in quei tre anni, nonostante la lontananza dalla bici da strada, il rapporto mi era “rimasto addosso”. Lo spingevo bene. Di certo quello e la distanza non erano i miei problemi. E poi va detto che io correvo nelle marathon dove i percorsi sono più “lineari” e meno tecnici rispetto ad un cross country».
L’esperienza di Celestino è indicativa è vero, si riferisce però ad un atleta adulto. Tuttavia è anche vero che il rapporto ti forma. E proprio per questo, se è vero che si va alla ricerca dell’agilità, il discorso che vuole i ragazzini della doppia attività più forti perché in mtb possono utilizzare rapporti liberi “tende a cadere”.
Il fattore che eventualmente sviluppa la forza è la pendenza estrema. Ma poi subentra il discorso della durata di questa pendenza che solitamente è ben inferiore ai 2′ consecutivi nella mtb.
Più guida che forza
Il rapporto ti forma okay, però tornando ai nostri tempi, se Lenny Martinez in salita riesce a spingere uno o due denti in meno dei suoi avversari, questo certo non dipende dalla sua attività in mtb. Semmai dagli allenamenti che ha fatto (e fa) su strada. Ma anche in questo caso Celestino pone dubbi più che legittimi.
«Oggi – continua il cittì – soprattutto i ragazzini, tendono ad allenarsi quasi sempre con la mtb. La bici da strada la usano davvero poco e quando la prendono è per fare scarico, per fare un po’ di agilità in scioltezza su percorsi più lineari che la mtb non consentirebbe di fare. Qualcuno un po’ più “grandicello” la usa per farci una distanza, ma non i lavori di forza. L’approccio è totalmente diverso. Non c’è l’esigenza di ritrovarsi il rapportone. Anzi…».
«Viste le pendenze, una cadenza bassa in mtb si nota ancora di più e noi diciamo sempre di andare più agili, di cercare di spingere subito un rapporto più corto. Quando il muscolo si stanca infatti va alla ricerca del rapporto più “comodo” (che è quello lungo), ma se questo non va bene su strada, in mtb è ancora peggio.
«Un Lenny Martinez spinge di più perché probabilmente ha una sua predisposizione sia fisica che nell’adattarsi al cambio repentino della bici».