Quando si apre il Garibaldi e si vede che c’è da affrontare una tappa così vengono i brividi. Forse nel vero senso della parola. Il Giro d’Italia va da Sacile a Cortina d’Ampezzo, è il classico tappone dolomitico con tanto di Cima Coppi (il Passo Pordoi a 2.239 metri di quota). Anche se la tappa è stata modificata e si salta sia il Fedaia che proprio il Pordoi a causa del cattivo meteo. In questi casi ecco che un elemento che può fare la differenza è la mitica “borsa del freddo”.
La tappa Sacile-Cortina, sul Garibaldi Le previsioni meteo sul Pordoi, temperature appena al di sopra dello zero e rischio neve
Cosa ci mette Visconti
Di cosa si tratta? Nei portabagagli delle ammiraglie sopra a ruote e frigo portatili ci sono tante borsette, tipo portascarpe ma un po’ più grandi. Sopra c’è stampato in grande il nome del corridore e dentro c’è la “salvezza”. Cosa ci si mette? Ce lo spiega Giovanni Visconti, uno dei veterani del gruppo.
«Io cerco di riempirla il più possibile: un completo, doppia mantellina, due smanicati, due paia di calzini, quattro paia di guanti, le scarpe, un casco… – dice il corridore della Bardiani Csf Faizanè – Se infatti piove e si ha un momento per cambiarsi è un qualcosa che ti fa “resuscitare”. Tu sei bagnato, completamente intirizzito dal freddo e già il solo fatto d’indossare qualcosa di asciutto migliora completamente la situazione».
Generalmente non ci si mette da mangiare, ma può capitare, come è successo a Visconti di metterci delle maltodestrine, nel caso in cui non ci sia proprio nulla in ammiraglia. «Aiutano a salvarti. Ma davvero questo è un qualcosa in più». Una “precauzione nella precauzione”, insomma.
Più materiale
In passato c’è sempre stata la borsa del freddo, non c’è una data precisa che ne segna la nascita, ma con il tempo si è evoluta perché si sono evoluti i materiali. Una volta una mantellina faceva molto più volume, adesso questa ed altri capi una volta “chiusi” o “appallottolati” stanno in un pugno. Basta pensare a quando la infilano nella tasca della maglia.
«Sono cambiati i materiali – spiega Visconti – Sono migliorati e c’entra più roba. Certi capi sono anche di moda. Ma la sua utilità resta perché è vero che i capi sono più efficienti, ma dopo tante ore di acqua non c’è nulla che regga. Ti entra dentro».
Borsa del Freddo di Visconti, l’esterno La borsa del freddo di Visconti, il contenuto
Borsa del Freddo di Visconti, l’esterno La borsa del freddo di Visconti, il contenuto
Quella volta in galleria
Prima Visconti ha detto un qualcosa che non può passare inosservato: «Nel caso in corsa ci si riesca a cambiare…». Ma quindi un corridore si ferma così a lungo? Sì può succedere, è la risposta. Inoltre dobbiamo pensare che, soprattutto in certe tappe come quella di oggi, le telecamere sono puntate sui primi, ma il gruppetto ha tutte altre dinamiche, specie in caso di maltempo estremo. Una breve sosta la si può fare.
«Può capitare che ci si fermi – dice Visconti – che si trovino quei cinque minuti per cambiarsi o farsi cambiare, perché è capitato anche che con le mani gelate sia stato il meccanico o il diesse che ti aiutino a farlo.
«Ricordo un Giro d’Italia (la Lienz-Agordo del 2007, ndr) in cui partimmo sotto la neve. Già dopo poco eravamo tutti completamente fradici, scendevamo da un passo. Iniziò una lunga galleria e iniziammo ad urlare per fermarci. Mettemmo piede a terra. Era uno spettacolo: ammiraglie ferme, cofani aperti e noi corridori a cambiarci del tutto. Era una cosa tremenda, ricordo che frenavo con il polso, tanto le mie mani erano congelate. All’uscita della galleria pioveva ancora, ma almeno eravamo asciutti e ci eravamo un po’ scaldati».