Elisa Longo Borghini, Het Nieuwsblad 2019

Se la Longo sorride, per le altre sono guai…

30.10.2020
4 min
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Chi la incontra di tanto in tanto, si è stupito nel vedere che quest’anno Elisa Longo Borghini sia come sbocciata. La piemontese ha vissuto la ripresa con un sorriso nuovo e questa leggerezza le ha portato anche risultati eccellenti. Campionessa italiana a crono. Due tappe e terzo posto finale al Giro Rosa Iccrea. Seconda ai campionati europei, terza ai mondiali di Imola 2020. Perché ciò sia successo è quello che abbiamo cercato di scoprire con lei, alla vigilia dei campionati italiani per i quali è una delle favorite d’obbligo.

Elisa Longo Borghini, campionato nazionale cronometro, 2020
Quest’anno Elisa ha già conquistato la maglia tricolore della cronometro
Elisa Longo Borghini, campionato nazionale cronometro, 2020
Quest’anno già tricolore della crono
Quasi in vacanza?

Quasi. Dopo l’italiano ci sarebbe la Vuelta Espana, dal 6 all’8 novembre, ma per la situazione attuale mi chiedo se sia il caso di correrla.

Che stagione è stata?

Pazzesca, forse la parola giusta è balorda. Sono partita il 5 luglio per il ritiro al San Pellegrino e fino a settembre sono stata a casa a dir tanto 12 giorni. Uno stress fisico e mentale mai visto prima. Dal ritiro siamo andate in Navarra, poi alla Strade Bianche, quindi un ritiro a Isola 2000 e da lì il Giro dell’Emilia, gli europei, Plouay, Giro d’Italia e mondiali. Ste stai bene, vai liscia, se hai un intoppo butti via l’annata.

Secondo Giorgia Bronzini, il lockdown ti ha impedito di sfinirti in allenamento.

Credo in effetti di aver lavorato meno, ma non di aver lavorato poco. Con Paolo Slongo abbiamo pianificato di fare una media di 18-20 ore a settimana, con un programma per ripartire tranquilli senza perdere troppa condizione. Nelle prime tre corse sono arrivata, seconda, terza e quarta.

Ritiro di San Pellegrino con Nibali e compagni?

Ed è andata molto bene. Ero nello stesso agriturismo con altre due compagne, Ragot e Plitcha e il gruppo Giro degli uomini della Trek-Segafredo. Il bello è che Slongo ha potuto seguirci ogni giorno. Quel ritiro mi ha cambiato la stagione, l’ho vissuto bene e ne sono uscita meglio.

Giro d’Italia: frustrante essere sempre dietro Van Vleuten e poi Van der Breggen?

Non provo fastidio, semmai mi dispiace per la seconda tappa, dove per il caldo torrido ho perso qualche minuto di troppo. Da un lato la classifica è andata, dall’altro senza quel blackout non mi sarei divertita tanto nel resto della corsa.

Traduci, per favore?

Ho perso tanto tempo e ci è successo quello che al Giro degli uomini è capitato alla Ineos-Grenadiers dopo aver perso Thomas. Ci siamo guardate in faccia e ci siamo dette che avremmo puntato alle tappe. E’ iniziato per noi un Giro divertente, magari un po’ meno per le ragazze che hanno dovuto tirare. Non tutti i mali vengono per nuocere, ma intanto abbiamo vinto tre tappe con la musica a tutto volume e tante risate.

Può essere la chiave per affrontare le prossime corse importanti?

Di sicuro un po’ di leggerezza non guasta, anche se essere sempre controllati tende a disperderla.

Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Nel 2020 seconda agli europei e poi terza ai mondiali di Imola
Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Nel 2020 seconda agli europei
Davvero al mondiale non avresti potuto seguire Van der Breggen quando è partita?

Sono stata colta di sorpresa. Non avevo considerato Anna, perché avevo testa solo per Annemiek Van Vleuten, che mi ha mandato fuorigiri e poi ha bloccato la corsa. A quel punto ho aspettato la squadra, ma era già tutto scritto.

In che posizione collochi questa stagione?

Al netto del marasma generale, è strano, ma la metto in pole position. Non ci credo neanche io, per come si era messa. Ero serena, lo sono ancora. Amo correre, penso di essere fatta per correre. Essere stata per tanto tempo sui rulli, sia pure per una buonissima causa, mi ha fatto capire quanto io ami andare in bicicletta. Volevo correre e forse la paura di perdere ciò che più amo mi ha fatto cambiare anche stato d’animo.

Bello anche il tuo piglio al mondiale nel rispondere a Van Vleuten, secondo cui le olandesi vanno più forte perché sono più libere di scegliere il loro sport.

Semplicemente non la trovavo una ricostruzione congrua con la realtà. Loro hanno un maggior bacino di utenza, per cui vengono fuori più ragazze di talento. Non è un fatto di emancipazione e forse non era nemmeno quello che intendeva.

Che inverno sta per cominciare?

Metterei la firma ora per un buon periodo di preparazione e una stagione come l’ultima. Di sicuro mi allenerò il giusto e lo farò con leggerezza.

Come arrivi al campionato italiano?

Bene, con la testa leggera. Il tricolore è sempre una corsa particolare e so benissimo che mi guarderanno. Vado forte, forse c’è anche il terreno per fare selezione. Andrò a farci prima qualche giro per capire.

Cosa ti è parso del Giro di Ganna?

Del Giro e della sua stagione. La nostra provincia del Vco è tornata dai mondiali con due medaglie ed è stato bello seguire Pippo al Giro. Come ho già detto a Imola, siamo simili. Entrambi nati nella stessa terra, entrambi figli di sportivi, entrambi legatissimi alla famiglia. Lui ha vinto tanto, ma resta sempre uguale. E quando lo senti parlare in inglese, capisci che è di Vignone. Ed è bello anche questo…

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Fantin, come nasce un occhiale cool?

08.10.2020
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Claudio Fantin è quel tipo con i capelli bianchi sparati in testa che viaggiava assieme a Rudy Barbazza. Rudy Project era un marchio in rampa di lancio e lui ne era il Worldwide Export Manager. Assieme a suo zio, nel 1985 aveva già fondato SciCon, produttore di borse per il ciclismo

Da allora sono passati parecchi anni. Fantin nel frattempo si è trasferito a Monaco. Ha intrapreso svariate attività. Nel 2010 è diventato socio di T&F Sport di Montecarlo, specializzata in management di squadre di ciclismo e atleti.

Poi si è riavvicinato al Veneto. E’ Group Marketing Strategist del gruppo Asg, è tornato in SciCon e rilanciato forte il marchio delle borse, è tornato al vecchio amore. E’ così nato il mondo SciCon Eyewear, gli occhiali con cui Tadej Pogacar ha conquistato il Tour de France.

Fantin nel frattempo ha tagliato i capelli, ma non ha smesso di essere il vulcano di allora. E non è un caso che nel discorso tornino tante frasi del Barbazza pensiero. Se la scuola da cui vieni è valida, te la porti dietro a lungo.

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Gli occhiali della linea SciCon Eyewear, modello Aero Shade
Gli occhiali della linea SciCon Eyewear, modello Aero Shade
Perché un’azienda così nota nel mondo delle borse a un certo punto si dedica agli occhiali?

Per passione. Perché gli occhiali mi piacciono, sono un bel prodotto. Adesso SciCon fa parte del gruppo Asg e uscire dal settore borse, se c’è la possibilità di scalare il business degli occhiali, è stato un bel passo. E poi per certi versi è più facile…

In che senso?

Le scarpe hanno un taglio e non sono uguali per tutti. I caschi hanno una gestazione di mesi. Le borse sono quelle. Le squadre vengono e ne hanno bisogno, non dico che le teniamo in ostaggio, ma in alcuni casi abbiamo dettato le condizioni. Gli occhiali devi azzeccarli, devono essere belli e poi non hai problemi.

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Altro modello della linea SciCon Eyewear: questi sono gli Aero Wing
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Altro modello della linea SciCon Eyewear: questi sono gli Aero Wing
Più forma che sostanza?

Il professionista vuole vedersi bello, dà per scontato che il prodotto sia valido. Ma se anche gli dai il miglior materiale del mondo e lui si vede brutto, non lo usa.

Da mettersi le mani nei capelli?

Gli occhiali sono un device di sicurezza. L’occhio è una delle parti più delicate del nostro corpo ed è totalmente scoperto. Dovresti proteggerlo con un prodotto di altissima qualità. Piuttosto che usare un occhiale scadente, è meglio fare senza, perché dilata la pupilla e danneggia la retina. Ma ormai c’è uno spartiacque. Da una parte quelli di ottima qualità, dall’altra quelli cinesi da 49 euro.

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Sfilata ai Campi Elisi per Pogacar dopo la vittoria del Tour de France a soli 21 anni
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Sfilata ai Campi Elisi per Pogacar dopo la vittoria del Tour de France a soli 21 anni
La gente vuole risparmiare.

E se gli chiedi per un occhiale 150-180 euro ti prende per matto. Ma io penso a una frase di Rudy Barbazza. Fra pensare in grande e pensare in piccolo, sempre devi pensare. Allora tanto vale pensare in grande. Così abbiamo fatto un contratto con Essilor ed è nato SciCon Eyewear. Sapete chi era il primo che volevamo sponsorizzare?

Chi?

Un ragazzino sloveno di cui dicevano un gran bene. Me lo propose Johnny Carera, ci incontrammo in autostrada e gli feci vedere gli occhiali. Il caso vuole che poi abbia sponsorizzato tutta la squadra e quel ragazzino quest’anno abbia vinto il Tour de France. Era Pogacar, roba da matti…

Lui ricorda quel primo incontro?

Ne abbiamo parlato al primo training camp di fine 2019. Gli diedi gli occhiali e gli dissi che ci avrebbe vinto il Tour. L’avevo buttata per ridere, ma hai visto come è andata?

Qual è la ricetta dell’occhiale che sfonda?

Un mix fra bellezza, tecnicità e fortuna. Ci sono stati casi eclatanti di grandi case che hanno investito fiumi di denaro e non hanno sfondato. Devi essere sul pezzo, aspettare i corridori e sperare che ti apprezzino. Se riesci a farti apprezzare dai corridori, allora riesci ad anticipare le grandi aziende.

Fantin contro Oakley, come Davide contro Golia?

Uno come Oakley, che è un mostro e che io ringrazio per aver fatto degli occhiali un oggetto di culto, se decide di distruggerti, lo fa senza problemi. Hanno perso Sagan, ma credo sia stato il loro unico passo falso. Per competere con loro, si deve avere duttilità e sfruttare le conoscenze.

Quanto rende commercialmente aver vinto il Tour?

Rende in termini di onore e rispetto. Prima quando arrivavamo dalle squadre o dalle altre aziende, ridevano. Adesso ci ascoltano. La gente infatti pensa che se Pogacar ci ha vinto il Tour, allora quegli occhiali vanno bene per tutti. Vincere il Tour dà una visibilità mostruosa e se sei giovane, da lì parti per costruire qualcosa.

Se invece sei un marchio già affermato?

Non ti cambia niente. Cosa vuoi che faccia a Oakley vincere un Tour in più? Loro sono come la Coca Cola, sono grandi a prescindere…

Letizia Paternoster

Letizia come stai? «Non ho più paura…»

30.09.2020
3 min
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E se tutti i sorrisi, i social e le sfilate fossero lo schermo dietro cui Letizia Paternoster si nasconde quando è giù dalla bici? Parliamo con la ragazza della Trek-Segafredo mentre sta camminando nei dintorni di casa, a Riva del Garda. Non ha obiettivi puntati addosso, attraverso il telefono si percepiscono forte il rumore dei passi e l’abbaiare di un cane.

«Adesso va tutto bene – dice – sto recuperando bene. Non mi sbilancio, ho paura di farlo. L’idea di tornare a correre al Lotto Belgium Tour è diventato un’ottima motivazione, ma arrivarci non è stato per niente facile…».

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Ad Apeldoorn nel 2019, Letizia Paternoster si confronta con il cittì azzurro Dino Salvoldi
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Ad Apeldoorn nel 2019, Letizia Paternoster si confronta con il cittì azzurro Dino Salvoldi

Il ginocchio fa male

Era la fine di maggio quando la trentina è stata costretta a fermarsi per un problema di cartilagine al ginocchio sinistro. Uno di quei malanni da curare con il tempo e il riposo, mentre il mondo del ciclismo intorno usciva dal lockdown e si cominciava a ragionare sulle prime corse.

«Tutti ripartivano – ammette – io ero ferma. Capirai, sono iperattiva, cerco sempre cose da fare e invece ho dovuto stare ferma. E’ stato uno dei periodi più brutti della mia carriera, con mille paranoie. Tornerò più come prima? E c’è poco da fare. Devi guardarti dentro, farti aiutare, ma alla fine devi cavartela da sola».

In quello stesso periodo, il suo profilo Instagram mostrava foto d’autore, sorrisi da perdere la testa e soltanto da qualche fugace commento sulla voglia di tornare in bici si intuiva l’incertezza del momento. Lo schermo le permetteva di non mostrare la paura.

Verso Tokyo a testa bassa

«Adesso si ricomincia – spiega – con la testa sull’obiettivo di Tokyo. Avendo saltato tutte le corse di quest’anno, ho perso una bella occasione di fare esperienza e crescere, anche fisicamente. Perciò si torna su strada a macinare chilometri e solo più avanti salirò in pista per la preparazione specifica».

Le Olimpiadi sono un sogno, gli atleti usano sempre le stesse parole e non si può certo dargli torto. Da più parti, nelle parole di Marina Romoli e di Giorgia Bronzini, la consapevolezza che Letizia Paternoster sia una garanzia per la pista sono foriere di fiducia.

«Esatto – sorride – ogni tanto provo a immaginare l’emozione di quando sarò lì e trovo la forza per lavorare sodo e stringere i denti. Non mi è ancora capitato di parlarne con chi le ha già fatte. Ho erò conosciuto Michela Mojoli, che le ha vinte nello snowboard. Si è creato un bel rapporto e mi ritrovo tanto in quello che mi dice».

Limiti tutti da scoprire

Dice che le fa piacere sentire le parole di stima, perché le danno morale.

«Accetterò ogni lezione di Giorgia – dice – e cercherò di starci. Non so dove potrò arrivare, non mi pongo dei limiti perché non mi conosco al 100 per cento. Ma adesso non vedo l’ora di ricominciare. Andare a vedere i mondiali di Imola è stato un’esperienza bellissima, che mi ha aiutato a superare il momentaccio. Devo ammettere che anche per la miglior Letizia sarebbe stato un percorso troppo duro».

Emonda Nibali

Vincenzo Nibali-Trek Emonda: è vero amore

15.09.2020
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Dopo aver sentito il meccanico del Team Trek-Segafredo, Mauro Adobati e lo storico meccanico di Vincenzo Nibali, Andrea Nieri, abbiamo chiesto al diretto interessato come si trovi con le numerose novità tecniche che utilizza sulla sua nuova Trek Emonda.

Prima novità: il manubrio

Una tendenza consolidata è quella dei manubri integrati e con il passaggio cavi interno, in questo modo si ha un migliore impatto aerodinamico. Abbiamo chiesto a Vincenzo Nibali come si trova con il suo manubrio Bontrager.

«Bontrager ci mette a disposizione numerose soluzioni – dice il siciliano a bici.PRO – e io utilizzo quello integrato, in quanto è molto comodo e mi sono trovato subito bene con le misure,  l’angolazione e l’appoggio. Mi piace perché non è rigidissimo e quindi le sollecitazioni della strada arrivano di meno sulle braccia».

Poi lo Squalo dello Stretto pone l’accento su un aspetto interessante: «Questo manubrio – dice – mi permette di scendere con il peso della bici, perché inevitabilmente con i dischi qualcosina in termini di leggerezza si paga».

Una frenata diversa

Un punto sul quale si dibatte molto sono i freni a disco, che il campione siciliano sta usando con continuità da inizio stagione.

«I freni a disco mi permettono di frenare molto più forte – ha spiegato Nibali a bici.PRO – però se si frena continuamente l’olio si scalda e la guaina, che è sintetica, si dilata facendo diventare la leva del freno spugnosa».

Come si può evitare questo effetto fastidioso? «Bisogna dosare i freni fra anteriore e posteriore – dice – per non scaldare nessuno dei due, inoltre è molto importante saper guidare la bicicletta e spostare bene i pesi in sella».

Per concludere con il tema dei dischi Nibali conclude: «Il plus maggiore dei dischi è certamente sul bagnato, in quel caso si frena subito con la massima efficienza».

Nibali Emonda
Nibali e la sua nuova Trek Emonda con i freni a disco
Nibali Emonda
Nibali pronto a partire con la sua nuova Trek Emonda equipaggiata con i freni a disco Sram

Quali rapporti sta usando Nibali?

Altro elemento parzialmente nuovo per Nibali è il gruppo a trasmissione wireless di Sram, infatti ci ha tenuto ha precisare che «per me il cambio elettronico non è una novità perché l’anno scorso usavo lo Shimano Di2. Con Sram mi trovo molto bene e siamo in continua evoluzione».

Molto interessante è la scelta dei rapporti che sta provando da inizio anno.

«A inizio stagione montavo un 41-54 – dice – con una cassetta 10-33 o 10-28 al posteriore. Con il 41 per me è meglio avere il 33 in modo che riesco ad essere più agile. Alla Parigi-Nizza ho usato il 37-50 con una cassetta 10-28 e devo dire che mi sono trovato molto bene e non ho sofferto i vari ventagli che ci sono stati, ovviamente alcuni miei compagni più potenti di me preferiscono usare il 54».

La scelta del 50/37 è stata fatta anche al Giro di Lombardia.

«Quel giorno – spiega il siciliano a bici.PRO – ho usato il 37-50 che per quel tipo di percorso va molto bene, ci sono delle salite che richiedono un certo tipo di rapporti molto agili».

Tubeless, l’ultima frontiera?

L’ultimo aspetto affrontato è stato quello delle coperture e noi di bici.PRO gli abbiamo chiesto se ha provato i tubeless.

«Si li ho provati – ha risposto – ma non li ho ancora usati in gara. Devo abituarmi a una sensazione diversa data dalla pressione più bassa di gonfiaggio, perché con la pressione inferiore si sentono di meno le asperità della strada e si ha la sensazione di avere una bici più morbida».

E qui entra in gioco la grande sensibilità di Nibali nel guidare la bici.

«A me – spiega – piace capire quale tipo di asfalto ho sotto le ruote, perché mi permette di capire fino a che punto posso spingere. E’ una questione di sensibilità diversa e di abitudine, poi i fattori in gioco sono tanti, a cominciare anche dal tipo di cerchio che si usa».

Nibali Emonda in discesa
Nibali per ora preferisce usare i tubolari Pirelli
Nibali Emonda in discesa
Nibali è dotato di una grande sensibilità di guida e per ora preferisce usare i tubolari Pirelli

E’ ovvio che ogni novità tecnica vada provata e portata al massimo dello sviluppo prima di essere usata in gara. Nel caso di Nibali siamo di fronte ad un campione che ha una capacità e sensibilità di guida molto al di sopra della media, che richiede una fase di test e di affinamento molto elevati.