Alle spalle di Tadej, stremati tra fatica e stupore

02.03.2024
4 min
Salva

Se qualcuno, vedendolo attaccare, ha pensato che Pogacar stesse scherzando, può riporre la bici nel camion e cambiare lavoro. Il problema semmai è che tutti hanno preferito voltarsi dall’altra parte, come quando in salita partiva Pantani ed era meglio non provarci nemmeno. Quando Tadej s’è alzato in piedi e ha dato le dieci pedalate in più che l’hanno staccato dal gruppo di testa, nessuno ha avuto il coraggio di seguirlo. Ne serve tanto per andare all’attacco a 81 chilometri dall’arrivo.

Pidcock arriva 4° al traguardo con il rimpianto di non essersi mosso prima dietro l’attacco di Tadej
Pidcock arriva 4° al traguardo con il rimpianto di non essersi mosso prima

Il rimpianto di Pidcock

Pidcock è arrivato a Siena da vincitore uscente e con una condizione accettabile. L’ottavo posto dell’Omloop Het Nieuwsblad poteva essere un buon viatico per giocarsi la Strade Bianche, ma forse neppure lui immaginava di doversi confrontare con un simile attacco. Le gambe forse c’erano, perché quando poi ha deciso di cambiare ritmo, non ha avuto grosse difficoltà a liberarsi della compagnia.

«Anche prima che Tadej si muovesse – ammette in serata – eravamo a tutto gas. Quando poi ha attaccato, sembrava che fossimo nel grupetto dei velocisti, intorno c’erano solo cadaveri e io ho aspettato troppo a lungo. Ho fatto troppo poco e troppo tardi. Se me la fossi giocata un po’ meglio, sarei potuto arrivare secondo. E’ stato come se stessimo correndo sul vecchio percorso, ma quando si aggiungono 40 chilometri tutto diventa più difficile, anche se non credo che il risultato sarebbe cambiato.

«Ho mangiato senza sosta per tutta la gara, oggi era fondamentale e stasera penso che non mangerò nulla. Quando vai a tutto gas già nei primi 80 chilometri, mangi come se fosse in finale e poi devi continuare allo stesso modo sino in fondo. Non mi aspettavo che Tadej attaccasse in quel punto e quando lo ha fatto ci siamo guardati in faccia senza sapere cosa dire. Ho pensato che non avesse senso andare con lui in quel momento, perché mancavano ancora 80 chilometri e non volevo finire in rosso, ma potevo sicuramente fare diversamente».

Sulla salita finale di Santa Caterina, Skujins riesce a distanziare di 3″ Van Gils
Sulla salita finale di Santa Caterina, Skujins riesce a distanziare di 3″ Van Gils

La soddisfazione di Skuijns

Toms Skuijns è arrivato secondo, staccando nel finale Van Gils che per primo era riuscito ad avvantaggiarsi dalla testa del gruppo. Il lettone della Lidl-Trek si era già mosso bene in Belgio, ma il secondo posto di Siena è il suo miglior risultato in una grande classica.

«Onestamente – dice – senza la squadra non sarei arrivato secondo. E’ la prima volta che sono il leader designato in gara e spero di averli ripagati per questo. Ho forato due volte prima di cadere ed entrambe le volte ho preso le ruote da Jacopo (Mosca, ndr) ed entrambe le volte Eddie e Fabio (Theuns e Felline, ndr) mi hanno aspettato per riportarmi in testa al gruppo. Hanno fatto davvero tutto il possibile.

«Peccato che contro Tadej non ci fosse molto da fare, ma penso che con tutto quello che è successo oggi possiamo essere più che soddisfatti. Quando è partito avevo il cambio che saltava, è stato un momento molto difficile. E’ stata una battaglia: non solo fisicamente, ma anche mentalmente. E’ uno dei podi più belli che potessi ottenere, è una gara molto speciale. Sai sempre che sarà un giorno pazzesco in cui dovrai lottare senza sosta. Già lo scorso fine settimana in Belgio avevo fatto passo avanti e questo è l’obiettivo di ogni anno: fare un passo avanti. Ci sono altre gare in arrivo, il team sta crescendo e sono molto felice di farne parte».

Van Gils, 24 anni, dopo l’arrivo era sfinito ma soddisfatto per il podio
Van Gils, 24 anni, dopo l’arrivo era sfinito ma soddisfatto per il podio

Van Gils, un passo avanti

Van Gils, 24 anni, è partito all’attacco sulla salita delle Tolfe, dando l’impressione di avere ancora gambe. E forse la sua idea sarebbe stata la migliore, se qualcun altro lo avesse seguito. Anche se forse a quel punto le forze erano al lumicino per tutti.

«All’inizio della gara ero nervoso – ha detto il belga della Lotto Dstny – ci siamo impegnati così tanto per prepararla. Ho provato a seguire Tadej, poi sarei potuto restare alla sua ruota. Ma c’erano altri corridori prima di me e non sono riuscito a rispondere. Così Tadej se ne è andato, perché era semplicemente troppo forte per tutti. Quando ho attaccato, speravo di portarne altri con me, ma nessuno mi ha seguito, a parte Skujins. Sapevo che la Strade Bianche è adatte a me, questo podio è la conferma che posso competere con i grandi. E’ davvero bello sapere di aver fatto un altro passo avanti. Sono completamente esausto ora, ma super felice di questa prestazione».

Denz, la sfortuna è alle spalle (e anche Skujins!)

18.05.2023
6 min
Salva

La vigilia del tappone forse faceva paura ed è stato così che il gruppo ha lasciato sganciare una fuga super numerosa, da cui a sua volta si sono avvantaggiati i cinque che si sono giocati la tappa. Che poi l’azione sia sembrata una svista più che un attacco non cambia il fatto che a Rivoli si siano trovati testa a testa Denz, Skujins e Berwick, mentre il tenace Tonelli è arrivato a 58 secondi, dopo aver chiesto al suo corpo più di quello che aveva sulla salita di Colle Braida.

Fra Denz e Gasparotto

Dopo aver vinto, Denz strillava come un bambino felice nel giorno della sua vittoria più bella. Il tedesco di Waldshut ha 29 anni, è professionista dal 2015 e prima di oggi aveva vinto soltanto tre corse. A Cesena aveva chiesto a Gasparotto di fare la crono a tutta, sentendo di avere le gambe giuste, ma il friulano gli aveva detto di no, immaginando le grandi fatiche che lo attendevano in aiuto di Vlasov e Kamna. Poi Vlasov si è fermato e chissà se il tecnico della Bora-Hansgrohe, ripensandoci, abbia vissuto quel «no» come un senso di colpa. Sta di fatto che la vittoria di Rivoli ha pareggiato il conto, ha dato ragione a Gasparotto e reso felice il tedescone.

«Non so cosa dire – ha detto Denz, che nel finale ha animato la fuga più degli altri – tutto questo è troppo grande per me e ne sono molto orgoglioso. Ho sempre avuto sfortuna, oggi è andata bene. Non dovevo esserci io nella fuga, sarebbe toccato a Konrad e Jungels, ma Bob ha detto che non si sentiva tanto bene e voleva salvarsi per domani. Quindi ho avuto il via libera.

«Sapevo che sarebbe stato difficile, perché la prima fuga era numerosa e la collaborazione era  pessima. Ma improvvisamente si è creato un buco e ho tirato dritto. Sull’ultima salita ero al limite, ce l’ho fatta giusto ad arrivare in cima. Poi ogni cosa è andata al suo posto. Questa tappa rimarrà a lungo nella mia mente».

La sorpresa di Tonelli

Già, la fuga dei trenta da cui si sono sganciati i cinque… Stasera, fra gli altri, Bettiol, Formolo, Velasco e Oldani si mangeranno le mani per averli visti partire e aver litigato invece di unirsi e inseguirli. Non ha invece perso il treno Alessandro Tonelli, che quei 166 chilometri di fuga se li è sorseggiati fino all’ultima goccia.

«Mi sono staccato alla fine dell’ultima salita – ammette sfinito – purtroppo ho speso un po’ troppo nelle prime ore di gara, per entrare nella prima fuga numerosa e poi nel tratto in piana che abbiamo fatto veramente forte. Come sia nata la fuga dei cinque non l’ho capito bene neanche io. So solo che a un certo punto alla radio mi hanno detto di andare, perché si vede che c’era poca collaborazione davanti e nessuno voleva tirare. Si sono aperti, mi sembra che proprio Denz si è accorto di questo buco e ha fatto una tirata forte. A ruota c’era Skujins e poi io. Di colpo abbiamo accelerato a tutta e ci siamo sganciati in cinque, all’inizio c’era anche Battistella. E da lì abbiamo cominciato a guadagnare, grazie anche al lavoro dei miei compagni dietro e del compagno di Skujins che rompevano i cambi

«In salita ho provato ad andare col mio passo fino all’ultimo chilometro, poi gli altri hanno accelerato e non ho più avuto gambe per tenerli. Stasera l’imperativo è recuperare il più possibile, anche oggi abbiamo preso la nostra spruzzata di acqua e domani il meteo non sarà dei migliori…».

La neve in Svizzera

Domani è il giorno del Gran San Bernardo, che sarebbe stato la Cima Coppi qualora si fosse scalato fino in cima. Ma così non sarà a causa della neve che gli svizzeri non hanno pulito del tutto.

«Sarà comunque fantastico – dice Steve Morabito, ex pro’ e direttore generale dell’organizzazione – avremmo sognato di fare il San Bernardo, con i corridori davanti ai muri di neve, ma la sicurezza viene prima di tutto e, sul versante svizzero la strada è ancora in parte innevata. E’ stato meglio non correre rischi. Vista la situazione, tutto quello che dovevamo fare era ufficializzare il Piano B, era già tutto pronto».

Così, invece di salire fino alla cima del passo a circa 2.500 metri, il gruppo salirà fino a quota 1.900 metri e da lì entrerà in Svizzera attraverso il tunnel.

L’ironia di Thomas

Thomas in maglia rosa si guarda intorno e non si capisce se stia pedalando con la sensazione di potersela giocare o con la maglia rosa a orologeria. Il morale è buono, il tweet sul bagno dell’hotel della notte scorsa ha strappato il sorriso, ma in fondo parla di buon umore.

«La fuga di oggi – dice la maglia rosa – ci stava bene perché non comprendeva corridori con una grande classifica. Per noi è stata una buona giornata. Vedremo cosa accadrà domani, sarà il primo tappone alpino e il secondo giorno con delle salite lunghe dopo quello del Gran Sasso. Sarà un bel test. E’ una delle tre tappe più dure del Giro d’Italia, i ragazzi stanno bene. Il morale è alto. Sarebbe stato anche meglio se Tao non fosse caduto».