«Non dobbiamo dimenticare – insiste Alaphilippe – che l’obiettivo numero uno è vincere le tappe, non vincere il Tour. Voglio assaporare quello che ho fatto finora, perché non si può sempre vincere». La maledizione non è iridata, ma gialla. E se sei francese può schiacciarti, perché quasi non trovi il modo di sottrarti. Così adesso sono tutti a chiedersi che cosa sia successo ad Alaphilippe, quando probabilmente è stato tutto un equivoco dall’inizio. E forse, pur non conoscendo i meccanismi olimpici francesi, Julian farebbe meglio a prendere la palla al balzo, rivalutando la pista olimpica e smarcandosi da un gioco troppo grande e privo di logica.
Maledizione gialla
«Il Tour, il Tour… ». Suo cugino e allenatore Frank alza gli occhi al cielo, perché sa esattamente in quale trappola perversa si sia cacciato il campione del mondo.
«E’ normale che sia molto importante per le squadre francesi – dice – ma a volte va a scapito dei corridori. Prima di rinnovare con la Deceuninck-Quick Step, Julian ha ricevuto proposte da squadre che lo volevano per puntare alla classifica del Tour. Forse è anche per questo che non ha accettato. Se avesse debuttato in una squadra francese, dove probabilmente si sarebbe preparato soltanto per il Tour a discapito delle classiche, avrebbe fatto questa carriera?».
Eppure ci sono cascati anche loro. Lo dicemmo alla vigilia: spesso le scelte dei corridori sono la conseguenza degli interessi di squadra, ma poi tocca a loro assecondare o meno certe ambizioni. Quando decise di mollare il progetto olimpico di Voeckler per scegliere il Tour in maglia iridata, avrebbe potuto benissimo dire che lo avrebbe vissuto alla giornata. Puntando alle tappe e sganciandosi dalla perversa roulette della classifica, come suggerito da Bettini. Invece no. Così che adesso, stemperato il ricordo del debutto con vittoria e maglia gialla, siamo tutti a chiederci dove sia finito Alaphilippe.
Blackout nella crono
Ovviamente Julian non è quello di tre anni fa e forse bisognerebbe chiedersi se non sia stato piuttosto quell’anno l’eccezione non ripetibile. Non è possibile che il corridore che dominò la cronometro di Pau e chiuse al quinto posto fosse un atleta in stato di grazia, capace di superarsi prima di tornare nei suoi panni di grande cacciatore di classiche? Credere il contrario è il primo segno della maledizione gialla.
«In effetti alle prime pedalate nella crono di Laval (iniziata al secondo posto in classifica, con soli 8” da Van der Poel, ndr) – ha detto quel giorno – ho sentito subito che le gambe non erano grandi. Pur dando il massimo, ho sentito alla radio che non ero in corsa. Ho capito subito che sarebbe stato complicato. Il percorso mi piaceva, ma sono state le gambe a parlare e non ho vissuto una bella giornata. Devo recuperare, analizzare perché le cose non andavano».
Scelta necessaria
Eppure, nonostante i tanti segnali e la necesità di analizzarli, si è andati avanti a cercare il recupero, con quell’idea di classifica così difficile da mollare, mentre Van der Poel viveva la sua favola gialle e Van Aert si trasfigurava per scalare posizioni, trasformando il Tour in una battaglia quotidiana. In una trappola infernale, in cui Pogacar ha scelto di non cadere.
«Potrebbe non essere il miglior Julian in questo momento – ha detto ancora suo cugino dopo l’interminabile tappa di Le Creusot – ma rimango ottimista. Sono qui a sperare che la cronometro sia stata un giorno di affaticamento. Da allora, le gambe sono migliorate sempre di più. Dovrebbe continuare a cercare di seguire i migliori o scegliere le tappe? E’ un argomento che stiamo iniziando ad affrontare insieme».
Il momento di smarcarsi
Anche per il campione del mondo il riposo giunge provvidenziale, anche se di mezzo c’è ancora la… tappetta esplosiva di oggi che porterà i corridori a Tignes, mettendo in fila il Col de Saisies, il Col du Pre, il Cormet de Roselend e l’interminabile salita verso Tignes. Lassù, dove Roglic ha svolto gran parte della preparazione al Tour, si tireranno le somme di una prima settimana esplosiva, stupenda e illogica. In cui i cacciatori di tappe sono stati dipinti come possibili conquistatori di maglie. E per paura che ciò fosse possibile, si sono mandati a monte ragionamenti e tattiche che avrebbero dovuto consigliare calma agli uomini di classifica. Ma se sei un uomo da classiche come Alaphilippe, per impedirti di assecondare l’istinto e seguire Van Aert e Van der Poel, avrebbero dovuto legarti. Peccato che nessuno sia riuscito a farlo. Magari saranno proprio i 18’51” di ritardo in questa classifica così strana a rimettere il campione del mondo in carreggiata. Che vinca due tappe poi dia ascolto a Bettini e voli a Tokyo. Non c’è altro motivo per cui tenere duro.