Michele Bartoli Giro delle Fiandre 99

Suole sempre più rigide, c’è un limite? Lo spiega Bartoli

14.06.2021
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Le scarpe sono uno dei componenti fra i più importanti, infatti la forza prodotta dall’atleta passa tramite esse e si trasferisce ai pedali: più precisamente è la suola a svolgere il ruolo chiave in questo senso. Ci siamo chiesti se esista un limite alla rigidità delle suole in carbonio. Per capire come si è evoluta questa parte delle scarpe abbiamo parlato con Michele Bartoli, nella foto di apertura impegnato nel Giro delle Fiandre del 1999.

I dubbi del patron di Sidi

La scelta di consultare il campione pisano, non è stata fatta a caso, in quanto Michele Bartoli è stato professionista dal 1992 fino al 2004, e se ci pensate bene sono proprio gli anni in cui si è passati dalle suole in materiale plastico alle attuali in carbonio. Inoltre oggi segue alcuni corridori professionisti di primissima fascia. Quindi chi meglio di un corridore di alto livello come Bartoli per capire l’evoluzione di questa parte tanto importante?
«Mi ricordo che Dino Signori (il patron di Sidi, ndr) era contrario alle suole troppo rigide – esordisce così Bartoli – perché diceva che si sentivano maggiormente le sconnessioni della strada. Questo fattore poteva portare a dei fastidi ai tendini». Ricordiamo che Michele Bartoli è stato un atleta che ha calzato durante la sua carriera le scarpe Sidi.

Suole Sidi Sixty
La suola Vent Carbon della Sidi Sixty
Suole Sidi Sixty
La suola Vent Carbon della Sidi Sixty è tutta in carbonio

Le prime soluzioni in carbonio

«Dovetti discutere con Dino per convincerlo a fare le suole in carbonio – continua il pisano – anche perché a me sono sempre piaciute le scarpe molto rigide». E sappiamo che quando i corridori si mettono in testa una cosa è difficile schiodargliela dalla testa, soprattutto se sono dei campioni.
«La soluzione iniziale fu che Sidi ci fornì le scarpe con una fascia di carbonio inserita al centro della suola e poi con il passare del tempo si è arrivati ad avere la suola tutta in carbonio, come sono oggi».

Suola più rigida rendimento migliore

Abbiamo chiesta a Michele se c’era qualche corridore della sua epoca che ha preferito continuare con le suole in plastica e che proprio non digeriva l’evoluzione con il carbonio.
«Che io mi ricordi, non c’erano corridori che preferivano le vecchie suole, anzi il pensiero generale era che più la suola era rigida e meglio la scarpa rendeva».

Le Northwave Extreme Pro Team con le suole Full Carbon
Le Northwave Extreme Pro Team con la suola Full Carbon
Le Northwave Extreme Pro Team con le suole Full Carbon
Le Northwave Extreme Pro Team con la suola Full Carbon

Il segreto è il plantare personalizzato

Arrivando ai giorni nostri, ci sono dei corridori che si lamentano di dolori perché le suole sono troppo rigide?
«Oggi tutti hanno le suole in carbonio indeformabili, molto rigide – ci spiega Michele – perché comunque è la soluzione che trasmette meglio la forza ai pedali».
E’ qui che l’esperienza di Bartoli viene fuori e pone l’accento su un altro componente a volte sottovalutato dal grande pubblico degli appassionati.
«E’ il plantare che dà le correzioni di cui ogni atleta ha bisogno. Questo è molto importante – e poi aggiunge – alcuni atleti non li usano, ma sono sempre meno. Se un corridore ha qualche dolore ai tendini si agisce con un plantare personalizzato che va a risolvere il problema. Oggi i corridori usano le scarpe standard ma la differenza la fa il plantare interno».

Pochi cambiamenti

Arrivando a correre fino al 2004, Michele Bartoli ha usato delle scarpe di concezione pienamente moderna, ma quali differenze c’erano con gli attuali modelli?
«Rispetto a quelle che ho usato a fine carriera è cambiato poco, quasi nulla. Più che altro si cerca sempre di limare qualcosa in termini di peso, che rimane un elemento molto importante».