Ricordate Joseba Beloki? Parliamo con lui di suo figlio Markel

06.09.2022
5 min
Salva

Dopo Freire, è la volta di Joseba Beloki. Anche il basco che divenne grande al Tour e che sempre al Tour, a causa della caduta nella discesa su Gap nel 2003, chiuse di fatto la carriera (tornò in gruppo però mai ai migliori livelli), ha un figlio che corre. Ma se il figlio di Freire in qualcosa ricorda suo padre, Markel Beloki di Joseba non ha neppure l’aspetto. La storia invece sì, quella ce l’ha cucita addosso, essendo cresciuto vedendo passare per la sua casa tutti i campioni con cui suo padre ha avuto a che fare.

Il Tour del 2003 si conclude così, con la caduta nella discesa di Gap e Armstrong salvo per miracolo (immagine tv)
Il Tour del 2003 si conclude così, con la caduta nella discesa di Gap e Armstrong salvo per miracolo (immagine tv)

Tre podi al Tour

Joseba ha 49 anni e nel palmares alcune fra le corse a tappe più belle di Spagna, dalla Volta Catalunya alla Vuelta Asturias, ma è più noto per il secondo posto al Tour de France del 2002 e i due terzi del 2000 e 2001. Suo figlio Markel è del 2005, primo anno da junior, e corre nella squadra di Samuel Sanchez, in cui milita anche il figlio di Carlos Sastre. Quest’anno ha avuto buoni risultati, tanto che si parla di lui come uno dei talenti spagnoli in arrivo. Ma cosa dice suo padre? E che rapporti ha con il ciclismo di oggi?

«Seguo il professionismo da quando ho smesso di correre -dice – non ho mai smesso di farlo. Ho visto le immagini della crono della Vuelta già quattro volte. Mi piace studiare i dettagli, ragionare sull’aerodinamica, sui rapporti fra corridori e direttori sportivi. Mi piace come si sta sviluppando il ciclismo. In più ho visto passare tanti ragazzini che ora sono nel pieno e mi piace osservarli».

Come mai non fai il direttore sportivo?

Non mi piacerebbe. Preferirei semmai lavorare nella formazione. Ci sono cose che non cambiano. Come si sta in gruppo. Cosa si fa quando ci sono i ventagli. Come si aiuta un leader. Ci sono corridori che passano professionisti e non sanno ancora come si prende una borraccia. Non mi piacerebbe fare il direttore sportivo, perché solo pochi possono farlo bene. Il progresso lo impedisce. In tutto questo diventare tecnici, si è persa la parte romantica del ciclismo. Solo al Tour l’abbiamo finalmente rivista.

In cosa?

Negli attacchi senza paura, nei corridori coraggiosi e quelli in crisi. Il Tour mi è piaciuto molto.

Atleticamente Markel è molto più alto di quanto fosse suo padre: condividono però la passione per la crono
Atleticamente Markel è molto più alto di quanto fosse suo padre: condividono però la passione per la crono
Che cosa dici di tuo figlio Markel?

Mi trovo a pensare a lui come padre e come tecnico. Come padre, ha molti sogni, gli piace andare in bici e allenarsi come me. Sogna di passare professionista.

Come tecnico?

E’ un atleta che si sta facendo. E’ alto 1,84 e pesa 69 chili. E’ sottile. E’ cresciuto molto rapidamente e altrettanto rapidamente sta migliorando. Il prossimo anno e il primo da U23 saranno importantissimi.

Così alto… non vi somigliate molto come atleti.

Neanche un po’ (Joseba è alto 1,78 e pesava 68 chili). Forse il solo punto in comune è la passione per le crono.

Padre e figlio sono molto uniti: è quello che traspare dalle parole di Beloki
Atleticamente Markel è molto più alto di quanto fosse suo padre: condividono però la passione per la crono
Markel ti chiede mai del tuo ciclismo?

Mi chiede e io gli dico che ha sempre avuto il destino segnato. Nella nostra casa c’erano spesso Indurain, Freire, Contador. Conosce Basso. Markel non ha bisogno di guardare riviste e video, perché di quel ciclismo ha conoscenza diretta. Parliamo spesso di come stia cambiando. Mi alleno molto con lui, quando posso e quando ce la faccio, perché in salita è più forte di me. Ci piace molto lavorare insieme sulla posizione da crono.

Gli dai mai consigli?

Corre con Samuel Sanchez, do pochi consigli perché è in ottime mani.

Due figli d’arte nella stessa squadra e nella stessa corsa. Davanti Yeray Sastre, a ruota Markel Beloki
Due figli d’arte nella stessa squadra e nella stessa corsa. Davanti Yeray Sastre, a ruota Markel Beloki
Incontri mai Sastre alle corse?

Ogni volta che andiamo. Siamo amici. Prima siamo stati compagni alla Once, poi lui andò con Riis. Fra noi c’è un rapporto speciale, siamo davvero molto amici (sottolinea con enfasi, ndr).

Sei più tornato a Gap?

E’ un po’ che non vado, ma ci penso sempre. Rifletto sul fatto che potrebbe succedere ad altri, anche a mio figlio. Evenepoel ha avuto un incidente simile e ora vince. Froome non è più stato lo stesso, però è tornato. E’ importante che ce l’abbia fatta. Le cadute fanno parte del ciclismo, anche se sono una parte dolorosa.

«Esco spesso in bici con Markel – dice Beloki – ma ormai in salita fatico a stargli dietro…»
«Esco spesso in bici con Markel – dice Beloki – ma ormai in salita fatico a stargli dietro…»
Vai ancora molto in bici?

Cerco di uscire 3-4 volte a settimana. Ho anche corso a piedi. Ho fatto le maratone di New York e anche Berlino, ma correre mi faceva male e alla fine sono tornato alla bici. Va bene anche per la mia attività (Joseba gestisce la K6 Joseba Beloki Academy, molto rinomata e frequentata, ndr). Non vado forte come Contador e Flecha, però giro l’Europa. Partecipo alle gran fondo in Italia e in Belgio. Me la passo bene, insomma. E guardo mio figlio crescere.

Dopo Sanchez, tocca a Valverde. Ecco il suo team

07.11.2021
6 min
Salva

Dopo Samuel Sanchez e sempre seguendo il discorso di Stefano Garzelli, questa volta il telefono che squilla è quello di Alejandro Valverde, che si trova a Murcia alla vigilia della sua ultima stagione da professionista. Il tempo non è molto, par di capire, perché a breve El Embatido deve andare a riprendere i figli all’uscita di scuola, ma si comincia con un sorriso e si va avanti lo stesso. A dire il vero la prima domanda la fa lui e riguarda un compagno di squadra.

«Contenti in Italia – chiede – per Bennati tecnico della nazionale? Io lo sono molto. Daniele è un tipo che mi piace molto e soprattutto se lo merita…».

Gli ricordiamo quel giorno passato insieme sulle colline senesi alla vigilia della Strade Bianche e in due battute arriva la conferma dell’amicizia fra i due. Fu proprio Alejandro a volere il “Benna” alla Movistar e se non fosse stato per quella dannata caduta, chissà quante belle corse avrebbero messo su strada. Ma adesso si parla del suo Valverde Team-Terra Fecundis, secondo nome dedicato a un’agenzia interinale di Murcia.

Il team copre tutte le categoria, dai giovanissimi agli under 23
Il team copre tutte le categoria, dai giovanissimi agli under 23

Un debito da saldare

Anche Valverde parte dai bambini, ma a differenza di Sanchez arriva fino agli under 23 e da due stagioni ha iniziato anche con le ragazze, in un progetto che di fatto viene portato avanti da suo fratello Juan Francisco e dal suo manager Antonio Sanchez.

«Il ciclismo mi ha dato così tanto – dice Valverde – che a un certo punto ho pensato potesse essere una buona idea restituire qualcosa, offrendo ai ragazzi le stesse opportunità che ho avuto io. Quando posso, sto con loro anche io. La sede della squadra è vicino casa, perciò anche in questo periodo che si fa poco, cerco di partecipare alle loro attività».

Un selfie del Bala con Francisco Chipolini, argentino, nel 2022 al secondo anno da U23
Un selfie del Bala con Francisco Chipolini, argentino, nel 2022 al secondo anno da U23

Il progetto cresce

La struttura è imponente, i numeri sono alti e a sentirli snocciolare da Antonio Sanchez e pensando all’impegno del campione, ti assale un po’ di sana invidia. Sia pure in Spagna, per fortuna c’è la scuola di Garzelli...

«Era nata come una scuola per bambini – spiega Sanchez – ma il progetto non ha mai smesso di crescere. Così mano a mano che diventavano grandi, abbiamo fatto la squadra per gli anni successivi. E adesso c’è sempre la scuola, poi ci sono gli allievi, gli juniores, gli under 23 e le donne. In tutto abbiamo intorno a 110 ragazzi. L’idea è offrire gli strumenti a quelli che vogliano praticare ciclismo. Ovviamente sarebbe motivo di orgoglio se qualcuno di loro passasse professionista, ma per noi prima di tutto viene il tipo di educazione che possono ricevere attraverso la bicicletta».

Un progetto per Murcia

Il campione è traino e stella polare. E la sua permanenza ai vertici del ciclismo è talmente prolungata, da aver fatto innamorare generazioni di corridori, in un passa parola praticamente infallibile.

«La sua fama è sempre maggiore – continua Sanchez – riceviamo in continuazione mail e messaggi di ragazzi e dei loro genitori che vorrebbero farli venire nelle nostre squadre. Abbiamo addirittura un ragazzo argentino, arrivato tramite la Movistar. Ma quando questo progetto è nato, ci siamo detti che sarebbe servito soprattutto per i ragazzi della regione di Murcia e così vogliamo che resti. Abbiamo allargato un po’ la forbice per le ragazze, per averne un numero tale da fare attività. Sono le ragazzine uscite dalla scuola che crescendo hanno voluto continuare. Anche la loro squadra è iniziata a piccoli passi e ogni anno fa un salto di qualità».

Sulle alture di Murcia, iniziando la preparazione invernale come una volta
Sulle alture di Murcia, iniziando la preparazione invernale come una volta

Prima uomini, poi atleti

Alejandro ha le idee chiare, forse perché ha vissuto varie fasi del ciclismo e in quello più recente fa fatica a raccapezzarsi, pur trovandolo sempre molto divertente.

«E’ cambiato tutto – sorride con una punta di rassegnazione – ormai anche agli juniores devi spiegare bene le regole dell’alimentazione e dell’allenamento. Però quello che voglio è che non crescano in modo troppo diverso da come crebbi io. Voglio che i più giovani si divertano, che assimilino valori dello sport come il lavoro e la capacità di accettare la sconfitta. Voglio che sappiano concentrarsi sull’impegno che si sono presi, che studino e che poi un giorno, se ne avranno la capacità arrivino al professionismo. Quando ci sono, parliamo spesso. Mi chiedono consiglio. E io ripeto fino alla noia che prima di sognare di essere campioni, devono accertarsi di essere degli uomini e delle donne con dei valori e con un’istruzione».

A fine stagione anche le ammiraglie Honda sono state riconsegnate: le nuove sono in arrivo
A fine stagione anche le ammiraglie Honda sono state riconsegnate: le nuove sono in arrivo

Obiettivo continental

Se te lo dice Valverde ci credi, però intanto gli under 23 si stanno facendo grandi e la tentazione, neanche troppo nascosta, sarebbe quella di accompagnarli un po’ più su.

«Ci sono parecchie imprese coinvolte – spiega Sanchez – ognuno contribuisce con quello che può. Si tratta di un progetto di Murcia, con imprese di Murcia e il patrocinio della Municipalità di Murcia. Il passo successivo potrebbe essere creare una continental. Non è un discorso semplice. Ci sono spese. Ci sono i materiali. Ci sono i viaggi. Ad ora abbiamo un budget intorno ai 500 mila euro. Fra coloro che ci aiutano c’è anche Abarca Sport, la società di Eusebio Unzue. Loro sono contenti che il nome Valverde e di riflesso il loro sia così popolare e sia sinonimo di educazione fra i ragazzi, vedremo cosa ci porterà il futuro».

Va avanti da anni il rapporto con Terra Fecundis: qui Alejandro con il direttore generale Ana Lopez
Va avanti da anni il rapporto con Terra Fecundis: qui Alejandro con il direttore generale Ana Lopez

L’ultima recita

Dodici ragazze. Quattordici allievi. Undici juniores. Quindici under 23. Gli organici sono quasi tutti definiti, ma il Valverde che ci saluta prima di uscire di casa ammette di non avere troppo chiara la composizione dei team.

«Sono in una fase abbastanza tranquilla – sorride – mi sto godendo la famiglia. Quello che dovevo fare nel ciclismo, ormai l’ho fatto. Mi sono goduto l’anno da campione del mondo, mi è piaciuto andare alle Olimpiadi. Mi aspetta l’ultimo anno. Farò il mio calendario con la solita motivazione e la stessa passione di sempre. E poi… E poi ci penseremo poi!».

MMR Cycling Academy, la nuova vita di Samuel Sanchez

31.10.2021
7 min
Salva

Le stesse bici per tutti. Le stesse scarpe. Gli occhiali. Persino gli stessi calzini. Sanchez, campione olimpico di Pechino 2008, ride e racconta orgoglioso la sua MMR Cycling Academy. Ce ne aveva parlato nei giorni scorsi Stefano Garzelli e dato che non sentivamo Samuel davvero da un pezzo, abbiamo pensato di andare a sentire meglio.

«Ho cominciato cinque anni fa – sorride il campione di Oviedo – ma volevo che fosse un gruppo diverso dalla solita squadra di ragazzi. Li abbiamo dagli 8 ai 18 anni, grazie a grandi persone che ho incontrato e hanno deciso di credere, come me, che la società di oggi ha bisogno di un progetto per il futuro dei bambini. E il ciclismo se fatto bene è un’ottima scuola di vita. Insegna il lavoro di squadra, l’impegno, le rinunce per ottenere un obiettivo. Se anche non diventeranno campioni, potranno estrapolare dalle esperienze che fanno con noi quello che gli servirà per diventare delle brave persone».

Oviedo, Asturias

Oviedo è la capitale delle Asturie, la città del sidro e dell’Alto del Naranco su cui lo sbalorditivo Horner soffiò a Nibali la maglia di leader nella Vuelta del 2013. Ed è appunto la città di Sanchez, cui dopo le Olimpiadi del 2008 dedicarono un monumento celebrativo.

Alla bontà del progetto, hanno deciso di credere prima di tutto MMR, azienda che produce biciclette ad Aviles, 34 chilometri a nord di Oviedo, poi Toyota. E anche la municipalità della città, che ha investito sulla MMR Cycling Academy che ha nell’olimpionico il suo punto di riferimento.

«In Spagna fino a qualche anno fa – dice – c’erano tanti professionisti di alta qualità. Adesso non ci sono squadre, poche corse e credo che il problema sia la base. Il primo a capirlo fu Contador, la sua Fundacion è sempre stata un modello che mi piaceva. E’ partito da un buon team di juniores, poi under 23, la continental e adesso la Eolo-Kometa in Italia con Basso. Bisognava fare qualcosa anche qui e così mi sono messo a cercare amici e risorse».

Cosa cambia dagli 8 ai 18 anni?

Con i bambini si gioca. Abbiamo una piccola pista chiusa al traffico e li facciamo lavorare per due volte a settimana sulla guida, l’abilità, piccole sfide fra loro. Questi fondamentali sono la base su cui si può semmai costruire un corridore. Con i cadetti, che hanno 15-16 anni, iniziamo a scoprire il potenziometro. L’allenamento è leggermente più strutturato, si comincia a parlare di strategia. Ma alla base resta sempre il divertimento.

Poi gli juniores…

Loro devono scoprire l’allenamento ben fatto. Curiamo l’alimentazione. Gli insegniamo come prendere la borraccia in corsa, a mettere la mantellina nelle situazioni più difficili. Non facciamo allenamenti di 5-6 ore, al massimo arriviamo a 100-110 chilometri. Come disse una volta qualcuno più bravo di me: i campioni si fanno nelle categorie inferiori. Ricordo che qualche anno fa venivano a correre in Spagna le squadre junior di Evenepoel e Pidcock ed erano cinque anni avanti alle nostre. Per quello ho capito che si doveva partire dai piccoli. Non è facile arrivare al professionismo.

E’ il tuo obiettivo?

Sarebbe bello vedere uno dei nostri in una grande squadra e in realtà sta per succedere con Ivan Romeo. Lui ha vinto il campionato spagnolo juniores su strada e a crono, inizierà il 2022 con la Axeon di Axel Merckx e da agosto andrà alla Movistar (un po’ come Ayuso con la Colpack e il Uae Team Emirates, ndr).

Un altro baby prodigio?

E’ la moda di trovare juniores e farli passare professionisti. Non so se sia giusto, lo vedremo fra dieci anni. Ma adesso non puoi andare da Pogacar e Remco e dirgli di andare piano, perché sennò avranno una carriera breve. La situazione è questa.

Con gli allievi si comincia a ragionare in modo più serio sulla preparazione
Con gli allievi si comincia a ragionare in modo più serio sulla preparazione
Toglici una curiosità: perché non fai anche la squadra under 23?

Perché non ho cuore (sorride, ndr). E’ frustrante parlare con un ragazzo di 20 anni che ha lavorato tanto per arrivare a quel punto e dirgli che non ha i numeri per diventare professionista. 

Il tuo ruolo?

Sono il team manager, curo i contatti, busso alle porte. Faccio in modo che la parte della comunicazione sia seguita bene.

Chi si occupa della parte tecnica?

Il mio asso nella manica è Benjamin Noval, uno che ha fatto tanto professionismo e tanta esperienza. Con lui ci sono altri ragazzi che seguono gli allenamenti. Abbiamo un buon meccanico e cerchiamo di catturare quanti più ragazzi si possa. Il ciclismo si fa con la passione e il sogno e noi ex corridori possiamo fare la nostra parte.

Ce ne sono altri?

Sastre ha la sua scuola di ciclismo, ma suo figlio corre con noi, anche se Avila sta a 400 chilometri da Oviedo. Viene su per le corse e i ritiri. Viene il figlio di Beloki, anche se Vitoria sta a 300 chilometri. E l’anno prossimo verrà con noi il figlio di Freire.

E i tuoi figli?

Il piccolino, Unai, c’è già, il grande no. E abbiamo anche il figlio di Noval. E’ un bel progetto, mi fa stare bene e vedo che con i ragazzi funziona.

Sui social qualcuno immancabilmente farà notare che nel 2017 sei stato sospeso per doping…

Non ho problemi con questo, in Spagna la mia immagine è assolutamente normale. So che i social fanno parte del sistema, su twitter è stato a lungo un disastro. Sono una persona forte. Chi c’era sa come funzionava il ciclismo, ma si troverà sempre qualcuno che scriverà contro. Non ho problemi con i social, sono stato trovato positivo. Ogni caso è diverso, la differenza l’ha fatta semmai essere tornati a correre oppure no. Io mi sono ritirato. Poi tutto si dimentica.

Samuel Sanchez va ancora in bici?

Poco e piano. Il sabato ho il mio gruppetto di amatori e stiamo fuori 3-4 ore. A volte esco con gli juniores e vanno davvero forte, come gli under 23 di quando correvo ancora. L’anno prossimo mi piacerebbe portarli al Giro della Lunigiana, ma abbiamo un problema di date. La Federazione impone che se c’è una gara concomitante in Spagna non si possa andare all’estero, per cui si dovranno vedere le date. Intanto vi mando le foto e qualche video, poi ditemi se vi piace…