Pogacar e VDP al vaglio di De Vlaeminck, maestro severo…

25.05.2025
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E pensare che lo consideravano un burbero, uno strafottente. Ma dove lo trovi un campione che in una domenica pomeriggio di Giro d’Italia prende il cellulare e ti chiama da migliaia di chilometri di distanza, guardando anche lui la corsa rosa e si mette a chiacchierare amabilmente? Lui è Roger De Vlaeminck, “monsieur Roubaix, considerato ancora oggi un maestro delle Classiche. Uno dei tre capaci di fare il Grande Slam, vincendo tutte e 5 le Monumento.

«Io sono sempre stato onesto – sorride – ho sempre detto tutto con sincerità senza ipocrisie. Mi criticano perché dico che quasi tutti i campioni di oggi ai miei tempi non avrebbero vinto una corsa. Ma pensate che anche gli altri, anche lo stesso Eddy Merckx non pensino la stessa cosa? E’ che per quieto vivere non lo dicono, ma io a 78 anni non devo rendere conto a nessuno…».

L’ultima sua Monumento, la Milano-Sanremo del 1979, battendo Saronni, Knudsen e Merckx
L’ultima sua Monumento, la Milano-Sanremo del 1979, battendo Saronni, Knudsen e Merckx

Passista veloce? No, molto di più…

Non è un’intervista, quella che prende il via guardando le imprese della carovana rosa è più una chiacchierata fra presente e passato. De Vlaeminck è stato capace di vincere 3 Sanremo, 4 Roubaix, 2 Lombardia più un Fiandre e una Liegi. L’esempio del ciclista completo, eppure tutti, pensando a lui lo ricordano come un semplice passista veloce.

«Passista veloce io? Ma io vincevo anche le crono, ho battuto gente come Moser contro il tempo. Sai qual è la vittoria più bella per me? Non è una classica, ma il Giro di Svizzera del 1975 perché in un giorno battei Merckx 3 volte: in linea, a cronometro e nella classifica finale. Eddy era un riferimento per tutti: con lui in gara non c’era bisogno di fare strategie, bastava seguirlo e se ne avevi, provare a batterlo. A me riuscì, anzi quando completai la mia collezione con il Fiandre del ’77 avrei voluto che secondo fosse lui, non Teirlinck».

De Vlaeminck insieme a Merckx: «Tutti lo imitavamo, nell’alimentazione come negli allenamenti» (foto Rouleur)
De Vlaeminck insieme a Merckx: «Tutti lo imitavamo, nell’alimentazione come negli allenamenti» (foto Rouleur)

Quel Giro perso per la sella…

Eppure pensare a De Vlaeminck vincitore del Lombardia sembra quasi una contraddizione in termini: «Ma l’ho fatto due volte, nel ’74 e ’76. Non ero proprio negato per le salite, solo che nel mio curriculum non ci sono Grandi Giri. Io però penso che il Giro d’Italia del ’75 avrei anche potuto vincerlo, se non è successo è a causa di un errore di  un meccanico, che nella quarta tappa mi alzò la sella di un paio di centimetri. Col risultato che mi vennero i crampi sulla salita di Prati di Tivo e persi 4 minuti. Vinsi 7 tappe e su 23 in totale fui fuori dai primi 8 solo due volte. Avevo una gamba eccezionale e nel Giro di Svizzera successivo lo dimostrai».

Ma c’è anche un’altra ragione: Roger era figlio di un ciclismo dove si pedalava sempre, si era al top all’inizio come alla fine della stagione. Un po’ come avviene oggi: «Non facciamo di questi paragoni. Uno solo è di quel tipo e si chiama Tadej Pogacar. Lo sloveno mi piace, emerge dappertutto, a marzo come a ottobre. Si vede che ha fame di successo. Gli altri? Confermo quel che ho detto, non avrebbero vinto una corsa ai miei tempi».

Van der Poel e Pogacar. Entrambi a caccia del Grande Slam, ma per Roger solo lo sloveno può…
Van der Poel e Pogacar. Entrambi a caccia del Grande Slam, ma per Roger solo lo sloveno può…

Giudizi impietosi sul ciclismo di oggi

Neanche Van der Poel? «Van der Poel lo vedi emergere nelle classiche, fa la volata e vince, ma poi? Dove lo vedi più? Come va a cronometro? E quando la strada si rizza sotto le ruote? Non è completo, sicuramente la Roubaix sa interpretarla, ma d’altronde è un campione del ciclocross. Anch’io facevo ciclocross, ho anche vinto il mondiale del ’75. Ne facevo 15 proprio per preparare la stagione su strada e anche lì c’era gente forte. Correvo senza particolare preparazione, soprattutto per guadagnare, eppure ne ho vinti 112…».

Su un aspetto, De Vlaeminck è particolarmente “battagliero”: «Tutti paragonano Pogacar a Merckx, ma c’è una cosa profondamente diversa: la caratura degli avversari. Eddy aveva veri campioni che lo contrastavano e che non hanno vinto e sono diventati celebri come avrebbero potuto proprio perché c’era lui che si prendeva tutto. Oggi Tadej chi ha come rivali?».

Il belga di Eeklo, classe 1945, in sella alla sua Gios. Con la famiglia ha una forte amicizia (foto Barlaam)
Il belga di Eeklo, classe 1945, in sella alla sua Gios. Con la famiglia ha una forte amicizia (foto Barlaam)

L’assenza di campioni italiani

Eppure si dice sempre che questa è l’epoca d’oro del ciclismo, quella fatta di grandi fenomeni… «Tutti settoriali. Vingegaard lo vedi al Tour e basta, se va bene magari emerge in un altro Grande Giro e qualche corsa a tappe, ma nelle classiche dov’è? Van Aert si sta spegnendo, Evenepoel gareggia col contagocce. Pogacar mi piace perché fa tante corse e le fa sempre al massimo. Lui ha lo spirito che avevamo noi».

E’ un ciclismo che ti piace? «No, per nulla, lo trovo noioso. Alla Roubaix si sapeva che ce n’erano solo due che potevano vincere, alla Sanremo tre perché c’era anche Ganna. Il ciclismo di oggi soffre molto l’assenza degli italiani, cinquant’anni fa ce n’erano almeno 15 fortissimi, che potevano vincere dappertutto, oggi tolto Filippo a cronometro chi c’è? Ve lo posso assicurare: vincere contro Gimondi, Moser e Saronni non era per nulla facile…».

Insieme a Francesco Moser, rivale di tante battaglie ma anche compagno alla Sanson nel ’78
Insieme a Francesco Moser, rivale di tante battaglie ma anche compagno alla Sanson nel ’78

Tadej e un Grande Slam legato alla fortuna

Pogacar e Van der Poel sono a due vittorie dal Grande Slam, potranno farcela? «Tadej penso di sì, è il migliore in tutte le corse, tra Sanremo e Roubaix avrà solo bisogno di un po’ di fortuna, soprattutto nella prima che è più difficile da interpretare. VDP no, lui è solo per le Classiche del Nord. Lo vedi tra Sanremo e Roubaix, poi diventa uno dei tanti».

Rispetto ai suoi tempi però quel che è cambiata profondamente è la preparazione: «Io non credo che tanti si allenino più di quanto facevamo noi. Io dopo la Gand-Wevelgem, che allora era l’antipasto della Roubaix, facevo altri 140 chilometri, arrivando a 400 a fine giornata. E per allenarmi per bene per la Roubaix, con mio fratello Erik (7 volte iridato di ciclocross, ndr) andavamo in campagna cercando i contadini che avevano appena passato il trattore sul campo e pedalavamo il più possibile dentro il solco. Oppure andavamo sui binari dei treni, per acquisire maneggevolezza della bici. Dicevano che in bici ero il più elegante, adesso sapete perché…».

Mugnaini 2018

La storia del Re Leone attraverso le mani di Mugnaini

05.02.2022
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Ci sono due vite ciclistiche ben distinte, unite nella figura di Gabriele Mugnaini. La prima è quella di ciclista professionista, durata solo 6 stagioni dal 1973 al ’78, i primi 3 alla Filotex, gli altri alla Vibor, correndo al servizio di campioni come Bitossi, Zilioli, Moser e Visentini. Mugnaini era il classico gregario, sempre pronto a sacrificarsi per i suoi capitani, ma capace anche di qualche exploit come il secondo posto nel GP Industria e Artigianato nel 1977.

La seconda è quella da fisioterapista, con mani divenute nel tempo preziose, forti e delicate al tempo stesso, capaci quasi di parlare ai muscoli dei campioni massaggiati. Uno per tutti, Mario Cipollini, con il quale ha condiviso tante stagioni e soprattutto stati d’animo susseguenti a vittorie e sconfitte. Oggi Mugnaini, che l’11 febbraio compirà 72 anni, è in pensione ma spesso viene richiamato per la sua esperienza, ad esempio all’Eroica dove tutti vogliono attraverso un massaggio da esperto sentire anche i suoi racconti del bel tempo che fu.

Mugnaini Filotex 1975
Mugnaini ha militato per 6 anni fra i pro’, i primi 3 alla Filotex. E’ nato l’11 febbraio 1950
Mugnaini Filotex 1975
Mugnaini ha militato per 6 anni fra i pro’, i primi 3 alla Filotex. E’ nato l’11 febbraio 1950

Il lungo massaggio a De Vlaeminck

La sua storia di massaggiatore iniziò grazie all’interessamento di un corridore che sapeva di questa sua passione e gli suggerì di farne un lavoro: Bruno Vicino, il campione del mondo degli stayer. «A quei tempi i soldi per chi correva erano pochi – ricorda l’aretino di Montemignaio – per me era una svolta per la mia vita e sarei anche rimasto in quell’ambiente. Sapete chi fu il primo a capitare sotto le mie mani? Un certo Roger De Vlaeminck, alla Gis. Ero così emozionato, quello che lo massaggiava abitualmente non poteva. Ricordo che ci misi 18 minuti per una gamba e 13 per l’altra, un’eternità… Lui alla fine sorridendo mi disse: «La prossima volta ti compro una sveglia…”».

La sua storia di massaggiatore è legata a doppio filo a quella del Re Leone: «Con Cipollini abbiamo cominciato alla Del Tongo. Era ancora molto giovane, in quella squadra incentrata su Saronni, anche lui curato da me, ma saltuariamente. Ricordo una volta in Puglia, aveva dovuto tirare la volata a Lecchi, mentre lo massaggiavo mi disse serio: “Tra un anno li mangio tutti…”. Sapeva bene quel che voleva…».

La sicurezza di Cipollini

Tutti nell’ambiente dicono che Cipollini avesse un carattere difficile, davanti ai suoi occhi Mugnaini ne ha viste di tutti i colori: «Dicevano che era un montato, invece era semplicemente uno concentrato sul suo lavoro a livelli estremi. Poi sì, il carattere era fumantino, è chiaro. Quando le cose andavano bene si scherzava anche durante il massaggio, al contrario era inavvicinabile, scontroso e si doveva fare silenzio. Bisognava starci insieme 10 mesi l’anno per conoscerlo, ma avevamo il nostro equilibrio, sapevo quando e come prenderlo».

Al di là degli episodi, Mugnaini ha un’idea precisa su Cipollini: «Era un precursore rispetto al ciclismo di oggi. A dicembre si partiva per il Sud Africa, erano in programma 10 giorni ma se le cose andavano bene si restava molto di più. Avevamo un ristorante di riferimento, italiano, dove lo conoscevano bene e in quei giorni era davvero una compagnia piacevole. Ma quando si cominciava ad avvicinare l’obiettivo, era il massimo della concentrazione. E questo suo spirito è stato d’insegnamento a tanti: alla Saeco tutti erano mentalmente indirizzati verso l’obiettivo, non si sgarrava».

Mugnaini rifornimento
Negli anni Mugnaini è sempre rimasto nell’ambiente, prodigandosi al di là del lavoro di fisioterapista
Mugnaini rifornimento
Negli anni Mugnaini è sempre rimasto nell’ambiente, prodigandosi al di là del lavoro di fisioterapista

Mugnaini, psicologo al bisogno…

Il massaggio del dopo gara, al di là del puro aspetto fattuale, era una sorta di “camera caritatis”: «Il massaggio durava anche più di un’ora, nella quale Mario si sfogava su tutto quel che era avvenuto. Io lo lasciavo parlare, era quello di cui aveva bisogno. Poi come detto c’erano le volte che non aveva voglia di dire nulla e altre che scherzava».

Qual è stata allora la volta che si è più arrabbiato? «Eh, non dimenticherò mai il giorno della Gand-Wevelgem del ’94. Va via una fuga importante con dentro anche Franco Ballerini, ma grazie al lavoro della squadra i corridori vengono ripresi a 3 chilometri dal traguardo. Invece di preparare la volata a Mario, Franco riparte con Wilfried Peeters, arrivano in due e perde. Cipo voleva la terza vittoria consecutiva, era furioso: arrivati al camper ci dice a tutti di scendere e si chiudono dentro loro due, le urla si sentivano per tutta la città…».

Cipollini Sanremo 2002
Dopo tante delusioni, finalmente Cipollini centra la Sanremo nel 2002 (foto Ansa)
Cipollini Sanremo 2002
Dopo tante delusioni, finalmente Cipollini centra la Sanremo nel 2002 (foto Ansa)

Il giorno più bello

Ci sono però stati anche momenti speciali: «La Sanremo del 2002, mai visto così contento. Quella era diventata una vera ossessione, partiva tante volte come favorito ma non riusciva mai a centrare l’obiettivo. Era al settimo cielo. E poi il mondiale: io c’ero, sin dal ritiro premondiale di Salsomaggiore. In squadra erano tutti concentrati, ma sotto sotto si temeva che Petacchi avrebbe fatto il doppio gioco, invece fu fantastico».

I rapporti con il tempo si sono diradati, ma non manca anno che non ci si veda: «Carube il meccanico suo e mio amico organizza una corsa a Lucca, non manchiamo mai ed è sempre bello ritrovarsi » . Come sarebbe allora Cipollini in carovana oggi? « Sarebbe ancora un innovatore, la preparazione era un chiodo fisso. Magari si scontrerebbe con chi fa cose che a suo modo di vedere non sono giuste, ma sarebbe un preparatore ideale, con tanto da trasmettere. Purtroppo con il suo carattere non si è fatto tanti amici…».

Gios lancia una bici ispirata a L’Eroica

02.10.2021
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Ritorna L’Eroica e con essa la voglia vivere almeno per un giorno le emozioni di un ciclismo capace di scrivere pagine indelebili nella storia del nostro sport. Fra i marchi che hanno saputo meglio interpretare lo spirito della manifestazione, che ogni anno richiama a Gaiole in Chianti appassionati da tutto il mondo, troviamo sicuramente Gios. Si tratta di un’azienda storica che negli anni settanta ha conquistato con i propri campioni le più importanti Classiche a partire dalla Parigi-Roubaix. Oggi come allora Gios realizza ancora biciclette esclusivamente su misura.

Per l’edizione 2021 de L’Eroica l’azienda torinese ha deciso di presentare il modello Gios Super Record. Si tratta di una bici con telaio e forcella rigorosamente in acciaio, replica fedele di quello con cui Roger De Vlaeminck conquistò proprio nel 1977 la sua quarta e ultima Parigi-Roubaix. Alle sue spalle, sull’ammiraglia della Brooklyn, quel giorno c’era come meccanico Aldo Gios che ancora oggi guida l’azienda insieme al figlio Marco.

Lavorata come allora

Per restare fedeli al modello del 1977 sono state scelte tubazioni Columbus SL. Si tratta delle stesse utilizzate per realizzare il telaio portato in trionfo da De Vlaeminck. Le stesse congiunzioni sono state lavorate con lo stesso metodo e cura di allora. Sono stati infatti previsti dei rinforzi particolari in punti strategici per sopportare meglio gli urti del pavé.

Spiccano il caratteristico nodo sella Gios e la forcella cromata con inciso sulla testa il logo Gt che sta per Gios Torino. L’azienda tiene infatti molto a ricordare il proprio legame con il capoluogo piemontese. Lo stesso logo è presente anche sotto la scatola del movimento centrale.

Telaio su misura

Il telaio è realizzato rigorosamente su misura come ogni vero telaio Gios. Come ricorda lo stesso Aldo Gios, nel realizzare una bicicletta non si deve rincorrere a tutti i costi l’estrema leggerezza. Una bicicletta deve infatti avere il suo giusto peso e soprattutto deve avere gli angoli giusti. Sono infatti gli angoli a fare la differenza e far dire che siamo di fronte a un telaio su misura.

Abbinata al telaio troviamo componentistica esclusivamente Campagnolo, a partire dal gruppo Record o Super Record a seconda delle preferenze del cliente. La ricerca di ogni singolo componente è curata personalmente da Marco Gios con la collaborazione spesso attiva degli stessi clienti, entusiasti di poter contribuire alla realizzazione della bicicletta dei propri sogni. Per concludere ricordiamo che il costo del telaio, rigorosamente su misura, è di Euro 1.700.

giostorino.it