Integrazione in gara: troppa precisione può essere un limite?

17.06.2025
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Come vediamo, il ciclismo è sempre più preciso, dettagliato in ogni aspetto. Le tempistiche di integrazione e idratazione sono cadenzate a ritmi prefissati e, se qualcosa va storto, il rischio è che si possa “saltare”. Magari anche di testa, specie per i più giovani…

Durante il Giro d’Italia, le ammiraglie per i rifornimenti, all’inizio di tappe con fughe numerose, non riuscivano a passare. I corridori quindi faticavano ad alimentarsi e a gestirsi. C’era, in effetti, un po’ di panico. Sempre in questo ciclismo ipertecnologico, la mattina girando tra i bus, sui manubri spesso non c’è più neanche l’altimetria (o comunque non solo quella) ma la tabella della strategia alimentare. Per dire: al chilometro 70 bere, al chilometro 90 una barretta, al 110 barretta più gel…

Quando l’alimentazione diventa troppo precisa, cosa succede? Ne abbiamo parlato con un ex (dovremmo dire) corridore, che tuttavia pedala ancora forte e tanto. Pensate che pochi giorni fa, in allenamento con Ulissi e altri pro’, ha battuto un KOM! Parliamo di Domenico Pozzovivo.

Domenico Pozzovivo (classe 1983) 20 stagioni da pro’ con massima dedizione e attenzione alle novità
Pozzovivo (classe 1983) 20 stagioni da pro’ con massima dedizione e attenzione alle novità
Domenico, se questi fisici ormai da Formula 1 non seguono le tabelle alimentari al dettaglio, vanno in tilt? E la mente dei corridori non è più capace di gestirsi autonomamente?

E’ vero, il nuovo regolamento sui rifornimenti crea una variabile in più. Prima, soprattutto le squadre con molto personale, erano molto ridondanti nei punti fissi a bordo strada. Situazioni come quella che si è verificata al Giro erano praticamente impossibili perché i corridori erano sempre coperti. Il bisogno tra borraccia e gel, in una tasca o nell’altra, era sicuramente soddisfatto.

Chiaro…

In questo caso, con il nuovo regolamento e la diminuzione delle zone di feed, il problema si pone. A quel punto, un corridore cresciuto nelle giovanili e arrivato al professionismo con questo tipo di approccio brancola un po’ nel buio. Non ha mai sperimentato una vera crisi, che da un lato è una fortuna, ma dall’altro può mettere in difficoltà. Una crisi di fame in gara ti costringe ad adattarti per arrivare all’arrivo, affrontando sensazioni quasi da capogiro. Devi portare l’organismo a un certo livello di performance anche in condizioni di emergenza.

Quindi questa mancanza di esperienza in situazioni del genere può mandare in tilt?

Sì, può succedere. Oltre al fisico, ne risente anche la testa. Quando entrambe vanno nella stessa direzione negativa, tirarsi fuori non è facile. Secondo me, a volte, in allenamento bisognerebbe simulare volontariamente situazioni non equilibrate.

E come?

Non bisogna estremizzare, ovviamente, e non farlo spesso, perché a livello psicofisico sono situazioni stressanti. Ma ogni tanto vale la pena fare uscite a digiuno o con l’ultima ora a ritmo alto sapendo di essere in carenza di carboidrati. C’è chi riesce a compensare utilizzando più acidi grassi e catabolismo muscolare e chi invece è un ossidatore veloce e fa fatica a cambiare meccanismo energetico. Bisogna fare esperienza per capire come si tollerano queste situazioni. Sono metodi che ora si allenano, con le uscite fat max molto lunghe, in cui si introducono pochi carboidrati: 40-50 grammi l’ora, che sono meno della metà rispetto a quanto si usa oggi.

Anche a livello di idratazione: essere molto precisi abitua il corpo o è un discorso che riguarda solo i carboidrati?

No, l’idratazione è una questione fisiologica oltre che di abitudine. Come si dice: di fame è difficile morire, ma di sete si può. Nel ciclismo è lo stesso: da una crisi di fame in qualche modo esci, ma se vai in disidratazione puoi rischiare un colpo di calore. Quindi sull’idratazione c’è poco da “allenarsi” a stare male: bisogna monitorarla sempre.

Tu cosa mettevi sul manubrio? Altimetria, piano d’integrazione, i numeri da controllare come si faceva una volta tra i dilettanti?

Io ho sempre puntato molto sulla memoria, era un esercizio utile anche a livello mentale. Cercavo di memorizzare l’intero contenuto della tappa, non usavo le cartine caricate sui GPX del Garmin, avevo tutto in testa. Ma per avere un double check, mi piaceva avere sulla pipa l’inizio e fine delle salite, gli sprint, ultimamente anche la green zone per sapere quando buttare le cartacce. Queste informazioni le avevo sull’attacco manubrio.

Quindi niente info sull’integrazione…

No, mai. Ero molto sistematico e ascoltavo il mio corpo.

Secondo te i giovani ce l’hanno questa capacità di ascoltare il corpo? Perché ormai sono cresciuti con Garmin, GPX, watt, quantità di carbo/ora…

E’ vero, aggiungo anche il peso della pasta prima e dopo la corsa… Hanno proprio l’imprinting di affidarsi ai numeri. Non scavano nel profondo, non si chiedono cosa cerchi il corpo. E’ un aspetto negativo. Noi venivamo da un approccio opposto, forse anche troppo, perché si finivano gli allenamenti a secco, e non era il massimo. Ma una via di mezzo sarebbe l’ideale: abituare le nuove generazioni a regolarsi anche con l’appetito, con le sensazioni, senza affidarsi solo ai numeri. Conoscersi.

Per esempio, nell’ultimo anno che hai fatto con la VF Group-Bardiani, c’era qualche giovane che mostrava attenzione a questi aspetti? O che ti chiedeva qualcosa sull’alimentazione?

Sì, erano argomenti di dibattito serali, quotidiani. C’era molta curiosità sull’approccio diverso che avevamo noi. Mi vedevano come un “giovane vecchio”, uno che non demonizzava quello che facevano loro, ma cercavo di dare suggerimenti. Come dicevamo: imparare ad ascoltare il proprio corpo e a interpretare i segnali senza affidarsi solo ai numeri.

L’integrazione in corsa non sempre avviene secondo programma
L’integrazione in corsa non sempre avviene secondo programma
Proviamo a fare “un incidente probatorio”: secondo te, Domenico, nei momenti in cui non arrivavano i rifornimenti perché la giuria non faceva passare le ammiraglie, cosa si dicevano i corridori?

Secondo me pensavano a come allungare i vari step di rifornimento. Se era previsto di prendere qualcosa ogni 20 minuti, si passava a 30-40, regolando il ritmo di assunzione con quello che avevano in tasca.

E con l’acqua?

Per fortuna le macchine neutre riuscivano a tamponare un minimo. Ma ormai l’acqua pura si usa pochissimo. Le borracce contengono quasi sempre una miscela di carboidrati, e quando fa caldo anche elettroliti.

Magari hanno sostituito qualcosa con i gel che avevano in tasca?

Sì, sicuramente. Magari meno malto rispetto alla borraccia, che era finita. Ma i gel un po’ li hai sempre in tasca, almeno uno o due in più, proprio per questi casi.

Quando poi hanno ripreso il rifornimento, secondo te c’è stata una correzione per compensare il buco oppure hanno continuato come prima?

Dipende dal corridore. Se sei abituato al limite massimo dei grammi/ora, non hai margine per aumentare: se sei già a 140, non puoi salire oltre. Ma se sei come ero io, più “fortunato” da quel punto di vista, hai margine. Se di solito stai a 100, puoi arrivare a 120-130 senza grossi problemi. Dipende tutto dalle abitudini e dalle capacità individuali.

Rifornimenti, l’UCI cambia le regole: ora come si fa?

30.01.2024
4 min
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Le regole dell’UCI per quanto riguarda il rifornimento da terra sono cambiate. Non una variazione così eclatante, ma qualche accorgimento per migliorare la sicurezza in corsa. Chi ha dovuto prendere le misure con queste nuove disposizioni, oltre ai corridori, sono stati i massaggiatori. E’ a loro che si è rivolta l’UCI e queste prime gare sono servite per prendere le misure. Il parere su come sia cambiata la vita del massaggiatore lo chiediamo a Gianluca Mirenda, che dopo tre anni da professionista, lavora con i ragazzi della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè

«Bene o male – racconta dalla Spagna Mirenda dove tra poco partirà la Volta a la Comunitat Valenciana – non è cambiato molto. Già prima eravamo invitati a rimanere il più vicini possibile al bordo strada, ora è una regola fissa. Spero che venga rispettata. Il problema era il classico effetto a “imbuto” con i massaggiatori che facevano un passo avanti a testa per farsi vedere meglio. Il gruppo arriva lanciato, la strada si stringe e i danni venivano fuori. Ora toccherà fare qualche fischio in più oppure trovare sistemi per farsi vedere».

Gianluca Mirenda ha fatto il percorso nelle giovanili con Visconti e ora è massaggiatore alla VF Group Bardiani (foto Instagram)
Gianluca Mirenda ha fatto il percorso nelle giovanili con Visconti e ora è massaggiatore alla VF Group Bardiani (foto Instagram)
Anche le varie organizzazioni dovranno venirvi incontro con la scelta di strade ampie e dove ci sia buona visibilità…

In generale il rifornimento è sempre fatto su strade ampie dove è facile disporsi. In alcune situazioni sono talmente belle che noi massaggiatori ci mettiamo a 50 metri l’uno dall’altro. E lì problemi non ce ne sono. I “guai” arrivano quando le strade sono strette, c’è il pavé o altri ostacoli. Mi vengono in mente le Classiche del Nord.

E’ sempre una situazione pericolosa il rifornimento. 

Il rischio è sempre alto. Il sacchetto pesa un chilo, anche un chilo e mezzo. Se il gruppo è a passeggio non ci sono pericoli, a volte i corridori si fermano anche. Nel caso la gara sia tirata i rischi aumentano. I corridori vanno forte, sono in fila indiana, non vedono bene. Per questo la regola del metro da bordo strada è corretta, l’effetto imbuto è troppo pericoloso.

In queste prime corse a Mallorca com’è andata?

Non c’era una postazione fissa per il rifornimento, ovvero la classica feed zone, ma era libero. Quindi non ci è mai capitata la situazione con tanti massaggiatori in un unico punto. RCS, per esempio, in tutte le sue gare ha le zone fisse. 

Ora la regola del “chi prima arriva meglio alloggia” varrà di più?

E’ sempre valsa, forse ora vale leggermente di più. Ma il rispetto tra i colleghi è la prima cosa, se uno ha già il posto migliore ci si mette accanto o si cercano altre zone. Però, come dicevo prima, gli accorgimenti ci sono. 

La presa del sacchetto è un momento concitato, spesso i capitani mandano i gregari
La presa del sacchetto è un momento concitato, spesso i capitani mandano i gregari
Quali?

Uno, ad esempio, è parcheggiare la macchina prima della zona del rifornimento. Così i corridori vedono l’auto e prendono posizione. Noi, di solito, andiamo via una ventina di minuti prima della gara, per evitare imbottigliamenti e traffico. Il diesse sceglie due o tre zone per il rifornimento e noi ce le dividiamo.

Ad esempio?

A Mallorca ero da solo a fare i rifornimenti e abbiamo scelto zone e situazioni favorevoli o dove sapevamo come raggiungere. Anche questo fa parte della strategia. Nella prima tappa le zone scelte erano tre, le prime due le ho coperte bene, ma l’ultima ho rischiato di non arrivarci. La scelta della posizione sulla strada conta molto, se ci si posiziona vicino a un bivio magari si prendono superstrade o autostrade per tagliare. 

L’utilizzo delle divise della squadra era già in uso, dal 2024 è diventato obbligatorio
L’utilizzo delle divise della squadra era già in uso, dal 2024 è diventato obbligatorio
Soprattutto nel finale quando il gruppo è ormai diviso.

In quei casi il rischio è di aspettare tanti minuti e poi doversi accodare alla macchina di fine corsa. Il gruppo in testa va forte, quelli dietro passeggiano. Proprio a Mallorca mi è successo di accordarmi e il gruppetto andava a 12 all’ora. Per questo quel famoso ultimo rifornimento l’ho fatto all’ultimo.

Abbiamo frugato nelle tasche dei corridori…

01.08.2023
5 min
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Questa volta abbiamo letteralmente frugato nelle tasche dei corridori! Cosa ci mettono prima di partire? Ad offrirci le tasche, appunto, sono stati Cristian Scaroni e Mattia Cattaneo.

Al Tour de Pologne il corridore dell’Astana-Qazaqstan ci ha fatto vedere come si parte prima di una frazione non troppo dura. Nelle sue tasche ci sono tre barrette, un incarto con la stagnola, un gel e chiaramente le borracce, che il massaggiatore sta giusto preparando a ridosso del via.

Cristian Scaroni, prima del via al Giro di Polonia prepara con cura le sue scorte
Cristian Scaroni, prima del via al Giro di Polonia prepara con cura le sue scorte

Parte solida

Con Scaroni partiamo dalla parte solida, che in questo momento, appunto quello che precede il via e la prima metà della corsa, è la parte dominante. Se non altro perché tendenzialmente è la parte che viene consumata per prima.

«La tappa – spiega Scaroni – non è troppo impegnativa e si prevede che non ci sarà un grandissimo dispendio energetico. Il quantitativo dei rifornimenti che avete visto è per le prime due ore, massimo due ore e mezzo. Poi infatti prenderemo il sacchetto».

Le tasche di Scaroni contengono un bel po’ di cibo, specie se si pensa che è “solo” per le prime due ore. Cristian ci spiega come vanno presi i singoli prodotti e soprattutto con quale cadenza.

«Ognuno – dice il bresciano – ha la sua strategia nutrizionale. In previsione di una partenza che in teoria non dovrebbe essere troppo veloce, prenderò una barretta proteica nella prima ora e poi andrò a consumare le altre due prima del rifornimento. E così la rice cake (che era quell’involucro nella carta stagnola di cui vi dicevamo, ndr)».

Resta dunque il gel. Scaroni conferma la nostra ipotesi e cioè che è una sorta di gel di sicurezza. Se si dovesse partire forte e quindi bruciare di più, o se non dovesse prendere il sacchetto al rifornimento, se una parte del contenuto dovesse cadere… un gel in tasca c’è.

«Ma soprattutto – spiega – quel gel fa comodo nel caso in cui la corsa dovesse diventare più dura all’improvviso. A quel punto servirebbero più zuccheri e si farebbe più difficoltà a mangiare cibi solidi».

La parte liquida

Prima Scaroni ha parlato di rifornimento. E lì cosa troverà? Nel sacchetto ci saranno un paio di barrette, ma soprattuto gel, delle più masticabili rice cake e altre borracce con le maltodestrine e la caffeina pensando al finale di corsa. A volte, va detto, il corridore non mangia proprio tutto: qualcosa getta strada facendo.

«Ho una borraccia di sali e una di maltodestrine, integratori che ci fornisce Named – spiega Scaroni – Ognuno di noi identifica col proprio nome la borraccia, perché ognuno ha delle composizioni diverse: c’è chi vuole più malto e chi più fruttosio. Io per questa tappa che, ripeto, è abbastanza facile, non metto troppi zuccheri quindi: faccio due borracce di malto. E queste due vanno bene per tutta la tappa».

Scaroni opta per 40 grammi di malto e 20 di fruttosio. A queste due borracce si aggiunge dell’acqua liscia. Questa entra in scena quando terminerà la prima borraccia.

Cristian prosegue: «La prima borraccia che solitamente assumo è quella dei sali. A quel punto la sostituirò con una di acqua semplice che andrò a prendere all’ammiraglia. Di solito preferisco prendere prima i sali, soprattutto in questo Tour de Pologne in cui non fa molto caldo, ma la cosa è soggettiva».

Tappa più dura?

Tutto quello che ci ha detto Scaroni va bene se la frazione è abbastanza facile. Ma se invece l’altimetria è un po’ più esigente, come si fa? Cosa varia? A spiegarcelo è Mattia Cattaneo. Anche il corridore della Soudal-Quick Step ci apre le sue tasche.

La questione è molto soggettiva, spiegava Scaroni, infatti Cattaneo non prende il sacchetto e parte con le tasche piene per coprire l’intera frazione. Punta molto più sui gel, se ne contano ben tre al via. Ma qualcosa integrerà anche con le borracce che prenderà lungo la strada dai massaggiatori.

«Parto – dice Mattia – con tre gel da 45 grammi di carbo l’uno e due caramelline che ne contano quasi 30. A questo aggiungo una borraccia da 90 grammi da un’ora e mezza. Ma nelle tappe più esigenti aumento un po’ i carbo. Quindi una borraccia l’ora da 60 grammi di carbo per arrivare ai 110 grammi l’ora con il gel o la mezza barretta. Ma personalmente mi aiuto molto con le caramelle che si deglutiscono facilmente».

Cattaneo parla poi del rifornimento. Non lo prende quasi mai perché lo ritiene pericoloso, specie nel ciclismo moderno. Senza contare che si va spesso forte.

«Preferisco partire con tutto il necessario nelle tasche. Il rifornimento è sempre un momento delicato. Alla fine con tre barrette in più sei apposto per tutta la tappa. Eccetto alla Sanremo… in cui dovresti partire con lo zainetto!».