Aleotti riparte da Burgos, lo sguardo alla Vuelta e alla Cina

10.08.2024
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Il caldo della Vuelta a Burgos arroventa l’asfalto e l’attesa verso l’ultima grande corsa a tappe della stagione: la Vuelta Espana. La corsa spagnola è diventata, vista la sua posizione nel calendario, il classico esame di riparazione. Quello nel quale, a scuola, gli studenti si aggrappavano per strappare una sufficienza a fine anno. Come in classe anche nel ciclismo settembre diventa un mese di recupero. Chi, per un motivo o per l’altro, ha mancato l’appuntamento cardine della stagione, si trova alla Vuelta con il coltello tra i denti

Uno degli habitué della corsa a tappe spagnola è Roglic che l’ha vinta tre volte: tra il 2019 e il 2021. In tutti e tre i casi arrivava all’appuntamento con le ossa rotte, metaforicamente e fisicamente. Anche quest’anno la Vuelta potrebbe essere per lo sloveno della Red Bull-Bora un ultimo tentativo per raccogliere dei risultati all’altezza del suo nome

Giovanni Aleotti ha ripreso a correre alla Vuelta a Burgos, tanta fatica per lui che cercava il ritmo gara
Giovanni Aleotti ha ripreso a correre alla Vuelta a Burgos, tanta fatica per lui che cercava il ritmo gara

Da Burgos alla Vuelta (forse)

Tra gli atleti, impegnati a Burgos nei giorni scorsi, e che hanno lavorato con lo sguardo sulla Vuelta Espana c’è Giovanni Aleotti. Il 25enne di Mirandola ha ripreso a correre dopo una lunga pausa, nella quale ha recuperato le energie dopo una prima parte di stagione impegnativa. Dopo il Giro d’Italia, nel quale ha aiutato Martinez a conquistare il secondo posto finale, è andato in Slovenia. Nella breve corsa a tappe ha ritrovato la vittoria in una classifica generale, due anni dopo quella ottenuta al Sibiu Tour. 

Un successo che sembrava avergli dato una bella dose di fiducia in vista del finale di stagione. Tanto da chiederci se fosse arrivato il momento di prendere in mano la situazione e mettersi, finalmente, alla prova in una corsa a tappe di tre settimane. Ma è lo stesso Aleotti a gettare acqua sul fuoco. 

«Mi sono preparato molto bene – dice – in questo periodo. Dopo il campionato italiano (chiuso al sesto posto, ndr) mi sono fermato per una settimana, nella quale ho riposato. Al termine mi sono rimesso in bici, ma giusto per riabituare il fisico a pedalare. Da lì sono andato ad Andorra per tre settimane, dove ho fatto un bel periodo di preparazione con in testa la partecipazione alla Vuelta. Se dovessi andare, saprò anche con quale ruolo (la formazione ufficiale infatti sarà comunicata lunedì dopo la Classica San Sebastian, ndr)».

Difficile inserirsi in una squadra così ricca di capitani?

E’ logico, un team con Roglic, Vlasov e Martinez è molto competitivo. Io non mi reputo al loro livello, ho ancora tanto da imparare. Penso che la cosa più importante sia riconoscere il proprio livello e ruolo. Sono il primo a volersi migliorare e ogni anno punto a fare sempre qualcosa in più. Essere stato parte della squadra che ha aiutato Martinez a raggiungere il podio al Giro è stato comunque stimolante.

Però la prestazione dello Slovenia ci aveva dato la sensazione di una crescita…

Anche a me. Per questo ho chiesto alla squadra di andare al Tour of Guangxi, è una delle poche occasioni che ho per provare a fare un risultato. Mi piacerebbe essere lì e cercare il risultato finale. 

Dopo la vittoria del Giro di Slovenia Aleotti vorrebbe giocarsi le sue occasioni al Tour of Guangxi
Dopo la vittoria del Giro di Slovenia Aleotti vorrebbe giocarsi le sue occasioni al Tour of Guangxi
Cosa ti manca per essere a livello di quei tre?

Sinceramente da parte mia non c’è un paragone con gli altri. Ogni anno penso di essere migliorato un pochino, di aver fatto degli step. io voglio solo lavorare al meglio, se si riesce a fare ciò la crescita arriva di conseguenza. 

Con Roglic e Vlasov che devono recuperare dopo la debacle del Tour non c’è spazio per altre ambizioni?

Non sappiamo ancora chi saranno i capitani alla Vuelta, la cosa certa è che io lavorerò per i capitani. La squadra ha una grande occasione per vincere con uno di loro, specialmente Roglic. Lui e Vlasov arrivano da due infortuni, bisognerà vedere come staranno. Allo stesso tempo, però, ci sarà Martinez che ha lavorato bene in questo periodo. 

Alla Vuelta dovrebbe esserci anche “Dani” Martinez, il quale guidato da Aleotti, ha conquistato il secondo posto al Giro
Alla Vuelta dovrebbe esserci anche “Dani” Martinez, il quale guidato da Aleotti, ha conquistato il secondo posto al Giro
Come hai lavorato in altura?

Bene, ho costruito una buona base e mi sento pronto. Chiaramente a Burgos sono arrivato senza ritmo gara, ma l’idea era di costruirlo in questi appuntamenti. Burgos e San Sebastian erano utili in quest’ottica: costruire il ritmo gara. La Vuelta sarà durissima nell’ultima settimana, come ogni anno. Sarà importante essere pronti, il piano messo insieme ad Artuso è l’ideale per arrivare in condizione alla terza settimana.

Per poi arrivare pronto per l’ultima parte di stagione…

Dopo la Vuelta dovrei fare le corse in Italia e poi il Guangxi, si spera.

Red Bull-Bora, dalla debacle del Tour al piano per ripartire

25.07.2024
6 min
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Il Tour de France, come tutti i grandi eventi, porta con sé un’onda lunga di considerazioni, bilanci, ricordi. E un bilancio, ma anche (e soprattutto) un discorso in prospettiva lo facciamo con Enrico Gasparotto, tecnico della  Red Bull-Bora-Hansgrohe, squadra che non ha avuto una Grande Boucle facile.

Il team tedesco, lo ricordiamo, ha perso il suo leader Primoz Roglic, il quale aveva fatto quasi all-in sul Tour. E ha perso anche il suo braccio destro, Alexander Vlasov. Da lì sono saltati un po’ tutti i piani e anche chi doveva aiutare, o già aveva aiutato, non poteva raccogliere all’improvviso un’eredità tanto importante. Neanche se ci si chiamava Jai Hindley o Bob Jungels.

Enrico Gasparotto (classe 1982) è un direttore sportivo della Red Bull-Bora
Enrico Gasparotto (classe 1982) è un direttore sportivo della Red Bull-Bora
Insomma, Enrico, dicevamo di un Tour non facile per voi…

Penso sia stato decisamente così. Partivamo con l’ambizione di lottare per vincere e in seconda battuta di lottare per il podio e invece ci siamo ritrovati come ultima squadra nella classifica dei guadagni, dei premi elargiti, il che la dice lunga su come sia andata.

Crolla un po’ il castello?

Quando punti un obiettivo e il tuo leader viene meno, cambia tutto. Se poi anche il leader in seconda battuta, Vlasov, va a casa è ancora peggio. Faccio un esempio: prendiamo la Soudal-Quick Step che aveva in Remco e Landa i suoi due corridori principali. Mettiamo che per un motivo o per un altro loro due si ritiravano, che Tour avrebbe fatto la Soudal?

Chiaro, rispecchia la vostra situazione…

Noi abbiamo perso Vlasov nella tappa degli sterrati, dove ha riportato la frattura della caviglia. E tre giorni dopo abbiamo perso Roglic per una caduta. Era la peggior situazione che ci potesse capitare. Poi Jai è stato bravo ad entrare nelle fughe che potevano portare a qualcosa. In questi attacchi loro c’erano, ma anche in questo caso, di reali possibilità che la fuga arrivasse ce ne sono state poche. Se pensiamo che tre uomini (Pogacar, Girmay e Philipsen, ndr) hanno vinto 11 tappe e una dodicesima, la prima crono, è andata a Remco, alla fine per tutti gli altri restava veramente poco. 

Vlasov nella tappa dello sterrato poco prima della caduta che lo ha messo ko
Vlasov nella tappa dello sterrato poco prima della caduta che lo ha messo ko
E voi impostando la squadra in quel modo neanche avevate il velocista…

Ripeto, è stato un Tour difficile per tutti noi della Red Bull-Bora. Erano tre mesi che i ragazzi vivevano insieme praticamente tra gare, ritiri, altura… E quando il tuo leader viene meno anche mentalmente si fa dura. Ma si è fatta dura anche per i direttori sportivi, per lo staff: meccanici, massaggiatori… Noi abbiamo cercato di reagire e devo fare un plauso a Jai e a Nico Denz, che ci hanno provato nonostante anche loro in alcuni giorni non siano stati bene.

Come si fa ora? Come si riordinano le idee?

Come sempre, dopo i grandi eventi e i grandi Giri in particolare si fa il debriefing. Si analizza il tutto: preparazione, dinamiche di corsa, materiali, staff, logistica… In qualche cosa si poteva fare meglio, in altre si è fatto bene e si cerca di capire come migliorare ancora. Si fa un’analisi approfondita di tutto, specie dopo batoste così importanti, si va ancora di più nel dettaglio.

Come avviene questo debriefing: si fa con una call tutti insieme o ognuno invia il suo report?

Si riunisce il management e il responsabile di ogni reparto e si analizza il tutto. Per la nostra parte c’era Rolf Aldag, che era il responsabile Red Bull-Bora-Hansgrohe al Tour e quindi si sa già molto. Poi vengono coinvolti i coach, il responsabile dei materiali, della logistica, della nutrizione: si mette tutto sul tavolo. Credo che a fine settimana ci sarà un rapporto definitivo.

Se questo, Enrico, è quel che è successo, iniziamo a guardare avanti e la domanda diretta è: al netto del problema alla vertebra, vedremo Roglic alla Vuelta?

Dal primo giorno in cui un corridore torna a casa si pensa già al prossimo obiettivo. E questo vale anche per Vlasov. Entrambi erano già e sono nella lista lunga della Vuelta. Posso dire che Primoz è stato presso il centro Red Bull Athlete Performance Center vicino Salisburgo per i test e le analisi fisiche e può riprendere ad allenarsi bene. Attenzione però, con questo non dico che Primoz sarà alla Vuelta. Una decisione non sarà presa prima della prossima settimana.

Proprio in questi giorni Roglic può iniziare ad allenarsi bene
Proprio in questi giorni Roglic può iniziare ad allenarsi bene
Serve anche un certo tempo di riflessione, immaginiamo…

C’è un periodo di stand by, prima di dare la formazione della Vuelta, a prescindere dalle cadute o meno. Deve passare almeno una settimana dopo la fine del Tour de France, anche per vedere come recuperano i ragazzi. Quando si molla all’improvviso, dopo tanti giorni di adrenalina, spesso i corridori si ammalano, escono fuori dolori… servono alcuni giorni perciò per valutare il vero grado di stanchezza. Senza contare che ci sono stati anche casi di Covid, alcuni più seri e altri più lievi. In tutto ciò il lato positivo è che Roglic si può allenare bene e presto credo otterrà lo stesso via libera anche Vlasov.

Guardando oltre la Vuelta, per esempio tu, Enrico, direttore sportivo, cosa farai?

Ora un po’ di riposo. Ho fatto molte corse, tra cui Giro d’Italia e Tour. Rientrerò a Plouay e Renewi Tour, quindi farò la trasferta canadese e chiuderò con le gare italiane tra settembre e ottobre.

E per gli altri corridori come si programma questo post Tour?

Bisogna pensare che per otto atleti al Tour ce ne sono altri 22 a casa e lì si procede indipendentemente dal Tour. Su questo aspetto abbiamo lavorato prima della Grande Boucle: due settimane di programmi fatti nella seconda metà di giugno.

E cosa ne è emerso?

Che abbiamo una lista lunga di 12 nomi per la Vuelta e altri ragazzi assegnati a tutte le altre gare. Ma programmare non è facile. Perché spesso i programmi saltano. Penso per esempio a Buchmann che doveva fare un altro percorso e al Tour de Suisse si è fratturato la clavicola. O a Kamna che è  ancora fuori. Alcuni corridori sono impegnati alle Olimpiadi…

Intanto Aleotti (al centro) è in altura ad Andorra. Qui in un selfie di Schachmann
Intanto Aleotti (al centro) è in altura ad Andorra. Qui in un selfie di Schachmann
Daniel Martinez, secondo al Giro, dove lo vedremo?

Fa parte della lista lunga della Vuelta, ma non è detto che ci vada. Vista la su grande duttilità, Dani Martinez potrebbe essere anche dirottato sulle corse di un giorno come San Sebastian o brevi corse a tappe.

Come dicevi bisogna vedere anche come stanno gli altri e in tutto ciò di Sobrero cosa ci dici?

Matteo non farà la Vuelta. Ha fatto moltissimo quest’anno: tutta la parte del Tour e quindi gare e ritiri con Roglic, ma anche delle gare in Belgio nelle quali Primoz non era previsto. Rientrerà a Plouay.

Aleotti?

Giovanni invece è uno dei 12 della lista lunga per la corsa spagnola. Si sta allenando in altura e il suo ruolo alla Vuelta lui ce lo avrà. Dovrebbe riprendere a Burgos (i primi di agosto, ndr).

Insomma tutto è in divenire, ci si rialza continuando a lavorare. Al netto della Vuelta per un team come il vostro servono grandi obiettivi. Quindi si punta forte sul Lombardia?

Tutti puntano sul Lombardia e anche noi ovviamente. Abbiamo diversi corridori che possono vincerlo. Penso a Primoz e a Vlasov che hanno concluso tra i primi anche nella passata edizione e lo stesso vale per Martinez e Hindley o Higuita. Per ora il Lombardia è l’ultimo dei miei problemi! Lì in teoria dovremmo avere problemi di abbondanza. Poi è chiaro che è uno dei nostri obiettivi. I Monumenti sono cinque: in questo momento un corridore per vincere Sanremo, Fiandre o Roubaix non ce lo abbiamo, però abbiamo ottimi atleti per puntare ad una Liegi e ad un Lombardia.

Girmay cala il tris, ma la notizia è la maledizione di Roglic

11.07.2024
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Più di due minuti per Roglic che ha tagliato il traguardo scortato da tutta la squadra. Anche questo ti fa sentire capitano, come con Pantani dopo la caduta del Chiunzi. Ma alla fine sarà una ben magra consolazione, soprattutto se i medici diranno qualcosa di brutto e inatteso. E’ stata una tappa per certi versi disastrosa, in cui il solo contento sarà alla fine Girmay, che ha sollevato le braccia al cielo per la terza volta in questo Tour de France.

Riavvolgiamo il nastro dall’epilogo. Per scorrettezze durante lo sprint sono stati declassati Demare e Cavendish. Poco prima, a 12 chilometri dall’arrivo, Alexei Lutsenko ha provocato la caduta che costerà il Tour a Primoz Roglic, che finalmente era parso in crescendo. Mentre nei chilometri precedenti hanno alzato bandiera bianca Pello Bilbao, Fabio Jakobsen e non è partito Morkov, positivo al Covid. Doveva essere una tappa di trasferimento, è venuto fuori un finimondo.

«Se guardo la mia performance – dice Van Aert, secondo all’arrivo – posso essere soddisfatto. Avevo alcuni dubbi, soprattutto ieri. Mi facevano male l’addome e il braccio, ma abbiamo accertato che non ci siano fratture, anche se sull’asfalto sconnesso si fa sentire. Stamattina mi sentivo meglio, stavo bene sulla bici. Così ho voluto provare lo sprint. E’ stato difficile, avrei potuto fare meglio, se non fossi dovuto ripartire durante la volata. Ancora una volta ho scelto la parte giusta, quindi non è stata colpa mia. E’ stato uno sprint disordinato, senza una squadra che lo abbia impostato. Davanti c’erano solo uomini sciolti. Io ho iniziato a ruota di Demare. Doveva semplicemente andare dritto, ma ha scelto di spostarsi a destra dove c’ero già io. Ho dovuto smettere di pedalare e spostarmi dall’altra parte. Poi sono arrivato accanto a Biniam, ma con mezza ruota di troppo. E’ un peccato.

«Ed è un peccato che sia caduto Primoz, mi dispiace molto per lui. Ha già avuto tanta sfortuna, la classifica generale non dovrebbe definirsi così, ma c’è molto stress. Dal mio punto di vista è stata una frazione molto difficile, con alcuni spartitraffico troppo pericolosi. Penso che certi ostacoli possano essere segnalati meglio o addirittura rimossi. Perciò sono molto orgoglioso del fatto che Primoz sia voluto arrivare al traguardo. E ora spero che stia bene e che continui la corsa».

Amarezza per Roglic

Attorno al pullman della Red Bull-Bora-Hansgrohe si respira un pessimo umore. Quando è arrivato Roglic, ha trovato anche un tifoso che insisteva a camminargli accanto per farsi un selfie, incurante della spalla lacera e degli evidenti segni della caduta. La dinamica è stata spiegata e vivisezionata. Al centro della strada c’era da diversi metri un cordolo che separa le due carreggiate. E Lutsenko, forse perché spinto o forse perché non se ne è accorto, dal lato sinistro, si è spostato per andare a destra. La sua bici si è impuntata sul gradino, è finita dall’altra parte ed è diventata la rampa di lancio per Roglic. Lo sloveno non lo ha nemmeno visto arrivare, dato che al momento della caduta di Lutsenko era ancora indietro. Si è semplicemente trovato davanti l’uomo a terra ed è franato a sua volta, battendo la schiena.

L’inseguimento è stato doloroso e drammatico. Era palese che Primoz non ce la facesse. E a vederlo in quella brutta posizione, sono saltate alla mente tutte le volte che è caduto, lasciando andar i suoi sogni. Come al Tour del 2022, il primo vinto da Vingegaard. Quando lo sloveno cadde nella tappa del pavé, fu decisivo per l’attacco contro Pogacar sul Granon, poi impacchettò le sue cose e tornò a casa.

Passaggio a Rocamadour, luogo sacro per i francesi, teatro dell’ultima crono 2022
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Il racconto di Pogacar

«Abbiamo sentito uno schianto – ha commentato Pogacar – ma il finale era già abbastanza stressante e non mi sono voltato per capire che fosse caduto. Ma poi, subito dopo il traguardo, hanno detto che era Primoz e mi è dispiaciuto molto. E’ davvero in buona forma e lo vedo progredire durante le tappe, quindi finora ho pensato che avrebbe lottato sino in fondo per questo Tour.

«E’ stato davvero triste vederlo cadere oggi e penso che abbia perso un bel po’ di tempo. Spero che stia bene. Normalmente è un grande combattente, spero si possa riprendere e puntare a vincere qualche tappa. Io invece sono stato bene. Mi aspettavo gambe più stanche, invece sono stato abbastanza bene per tutto il giorno».

Okay, sembrano dirsi Pogacar e Vingegaard, da sabato si comincia…
Okay, sembrano dirsi Pogacar e Vingegaard, da sabato si comincia…

«Una caduta come quella di oggi non dovrebbe accadere – dice Merjin Zeeman, ex direttore di Roglic alla Jumbo-Visma – c’erano cordoli impossibili da vedere per il gruppo. La caduta non è colpa dei corridori e ci dispiace davvero per Primoz. Non puoi far percorrere al gruppo del Tour una strada del genere, è da irresponsabili».

Girmay, grazie a Dio

E poi arriva lui, il vincitore vestito di verde che ha esultato come un giorno fece Sagan, imitando Hulk. Anche se nel caso di Girmay, la sensazione è che sia stato semplicemente un urlo liberatorio dopo la tensione della volata.

«Voglio ringraziare Dio – dice – senza il quale non avrei la forza per fare tutto questo. Poi voglio ringraziare i miei compagni e la mia squadra, perché senza di loro non riuscirei a dimostrare di essere il più veloce. Fin dall’inizio di questo Tour de France, sapevo che avrei potuto vincere. In tre sprint ho dimostrato che, se sono ben posizionato, sono in grado di farlo. Oggi poteva starci bene che la fuga arrivasse, ci avrebbe fatto comodo. Ma quando si è capito che sarebbe finita in volata, ho detto alla mia squadra via radio che mi sentivo bene e che mi sarei buttato.

«Questo mi fa venire voglia di continuare a concentrarmi completamente sugli sprint. La maglia verde mi mette le ali. Mi sento super veloce ed è soprattutto un fatto nella testa. Ho avuto i miei alti e bassi nelle ultime stagioni, ma quest’anno ho cambiato le cose e sta funzionando. Ho cambiato anche la mia filosofia».

La lenta sfilata della Red Bull-Bora non è servita a limitare il passivo di 2’27”
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Roglic, errore o sfortuna?

Probabilmente in serata arriveranno aggiornamenti sulle condizioni di Roglic, l’uomo che ha cambiato squadra per giocarsi il Tour e si ritrova ancora una volta al tappeto come già altre volte in passato. Non è mai per caso, a certi livelli. Enrico Gasparotto ha detto in diretta RAI che da qualche giorno non riescono a vedere la corsa dall’ammiraglia e non si è capito se questo significhi non poter dire ai corridori di stare davanti o se fosse semplicemente un modo per dire che non potesse fare un commento. In ogni caso che Roglic stia sempre indietro e finisca spesso nei guai è un fatto.

Nel finale convulso e mal segnalato di oggi, i primi della classifica erano tutti in testa con le loro squadre. E’ bello pensare che la squadra compatta si il modo di tenerti lontano dai guai, non un drappello afflitto che ti scorta dolorante verso un traguardo ormai troppo lontano.

«Primoz ha appena fatto la doccia – ha detto Rolf Aldag, manager del team – il medico lo sta visitando, per determinare quali cure mediche ha bisogno. Ci auguriamo tutti che non succeda nulla di grave, per il momento la cosa più importante è lo stesso Primoz, non il suo risultato al Tour de France. Speriamo che stia bene, che non si sia allenato così duramente per niente. E’ un dato di fatto, questa caduta ha avuto conseguenze importanti sulla nostra squadra oggi».

Red Bull-Bora: la storia delle nuove divise raccontata da Sportful

11.07.2024
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I colori e le immagini del gruppo al Tour de France hanno una nuova sfumatura al loro interno, è quella della Red Bull-Bora-Hansgrohe. Il team di Primoz Roglic ha cambiato pelle proprio in occasione della Grande Boucle. Sulle strade francesi abbiamo visto per la prima volta i due tori, simbolo del famoso marchio di bevande energetiche, appoggiarsi sul petto dello sloveno e dei suoi compagni. La firma, in alto a destra, è sempre la stessa: Sportful. Il marchio veneto ha realizzato le divise e le ha fornite al team in tempo record (in apertura foto JM Red Bull-Bora).

«E’ stato un processo lungo mesi di lavoro – racconta Federico Mele, Head of Global Marketing di Sportful – anche perché Red Bull è entrata in prima persona nel team. Ne sono diventati proprietari, acquistando il 51 per cento delle quote. La notizia del passaggio di proprietà era arrivata già prima della Strade Bianche e il lavoro è stato il solito ma comunque frenetico».

La divisa della Red Bull-Bora è simile a quella usata dal team di Formula 1 (foto JM Red Bull-Bora)
La divisa della Red Bull-Bora è simile a quella usata dal team di Formula 1 (foto JM Red Bull-Bora)

Stesso stampo

Quando un marchio così grande come Red Bull entra in un team, e in uno sport, gli equilibri si spostano, cambiano. Molti hanno notato, infatti, che la divisa della Red Bull-Bora sia molto simile a quella del team di Formula 1. 

«E’ così – continua Mele – non abbiamo avuto molta voce in capitolo nel decidere il design della divisa. Anche perché il blu Red Bull è un marchio di fabbrica, quasi come il Rosso Ferrari. Difficile cambiare qualcosa di così radicato. La parte delicata è stata quella di inserire tutti gli sponsor all’interno della divisa e di far approvare anche a loro il nuovo design. Ma siamo abituati a lavorare con tante realtà importanti, quindi si è trattato di trovare il giusto equilibrio e di decidere le dimensioni del logo».

La parte più difficile del lavoro è stata questa?

Sì, anche se non la definirei difficile. Noi come Sportful abbiamo poi voluto darci una scadenza per realizzare il tutto ed era quella della presentazione ufficiale a Salisburgo. Volevamo arrivare con il materiale pronto: divise, completi invernali, e accessori. Sia per il team che per il merchandising. 

Come ha risposto il pubblico?

Siamo andati soldout dopo poche ore dal lancio. Un effetto così grande non lo abbiamo mai visto. I prodotti sono esauriti in pochissimo tempo sia sul nostro sito che su piattaforme terze come Deporvillage o All4Cycling. 

Avevate fatto delle previsioni di vendita?

Come sempre, ed erano in linea con quanto prodotto e venduto solitamente. L’effetto Red Bull però ha ampliato il tutto, sono stati esauriti 25.000 prodotti in un giorno. Appena capito che sarebbe andato tutto soldout ci siamo messi all’opera per riassortire la collezione.

Pochi giorni dopo, la divisa è stata mostrata al grande pubblico per il via del Tour de France
Pochi giorni dopo, la divisa è stata mostrata al grande pubblico per il via del Tour de France
Per i corridori ci sono stati dettagli particolari?

In realtà no. Non sono stati fatti fitting o altre misurazioni. I tessuti utilizzati sono gli stessi della divisa di inizio anno. Chiaramente non tutti i prodotti realizzati per il team sono andati in vendita. Ad esempio il body corto e quello lungo non sono disponibili. 

Hai detto che avevate l’obiettivo di preparare il tutto per la presentazione ufficiale, com’è andata?

C’è stata una parte importante di organizzazione del lavoro per quanto riguardava le tempistiche e le quantità. Quando entra un marchio come Red Bull vuoi dare il massimo e così abbiamo fatto. Avere tutto in ordine per il lancio, gli shooting fotografici e la presentazione del Tour era importante. E’ stato delicato anche gestire la grande attenzione mediatica. Tutti gli addetti ai lavori e all’informazione erano curiosi e tenere segreta la nuova divisa è stato difficile. 

Quando avete visto la presentazione ufficiale, con tutti i prodotti pronti, cosa avete pensato?

E’ stata una grande emozione. Non capita tutti i giorni di lavorare con un marchio come Red Bull, ti rendi conto che il team e il ciclismo stanno cambiando. Come in ogni sport in cui Red Bull mette piede, tutto aumenta: visibilità, attenzione mediatica e tecnica. Me ne sono reso conto nelle prime tappe del Tour. 

In che senso?

Amici, conoscenti, ma anche noi stessi, continuavamo a cercare i colori della nuova divisa in gruppo. E’ anomalo, Roglic è sempre uguale, ma con la maglia Red Bull sembra avere un cerchio rosso intorno. Passatemi il termine ma “fa figo”, è di moda e tutti cercano quel particolare, quei due tori rossi.