Il capolavoro e la beffa: Powless alle stelle, Van Aert al tappeto

02.04.2025
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La cosa bella di Van Aert è che si è sempre fermato a parlare con i giornalisti. Quando vinceva, rispondendo alle domande di tutti con la comprensibile leggerezza. E assai più spesso quando perdeva, riconoscendone il lavoro. Ed è così anche oggi, dopo una corsa perfetta e avendo incomprensibilmente regalato a Neilson Powless la Dwars door Vlaanderen, con una scelta che definisce egoistica e che racconta tutta la sua voglia di rialzare la testa.

«Se sei davanti con quattro uomini e tre di loro appartengono alla tua squadra – dice ai microfoni subito dopo la corsa – se non vinci, hai sbagliato qualcosa. Sono stato troppo egoista in finale, perché volevo tanto vincere. Soprattutto dopo tutte le critiche che ho ricevuto e tutta la sfortuna che mi è capitata».

Guardandolo seduto per terra, con la schiena sulla transenna, oggi Wout ricorda Franco Ballerini nella Roubaix del 1993. Sognava di aver vinto, invece se l’era presa a Duclos Lassalle.

Powless vince, Van Aert china il capo, Benoot dietro si mette le mani sulla testa
Powless vince, Van Aert china il capo, Benoot dietro si mette le mani sulla testa

Lo stupore di Powless

Neppure Powless si aspettava un esito del genere, dopo la fuga con i tre diavoli gialli e neri che hanno preso in mano la corsa e l’hanno spezzata a metà con il piglio dei tempi migliori. Il direttore sportivo Van Dongen aveva raccontato a tutti che avrebbero soltanto voluto correre e vincere da grande squadra. Purtroppo il piano si è infranto a 5 metri dalla riga bianca.

«Mi sentivo molto forte- dice il vincitore, 28 anni e già vincitore di San Sebastian nel 2021 – ma non pensavo che avrei potuto vincere. Pensavo davvero di correre per il secondo posto. In fuga è stata una lotta continua, non sapevo se continuare o rialzarmi e aspettare i compagni che ancora avevo nel gruppo. Però mi sentivo molto bene, quindi ho preferito non rischiare lo sprint in un gruppo più numeroso. Per questo ho collaborato, anche perché se non l’avessi fatto mi avrebbero attaccato e probabilmente mi avrebbero staccato. Sono orgoglioso del modo in cui ho corso».

Powless è nella morsa dei tre Visma, collabora, ma il finale sembra scritto
Powless è nella morsa dei tre Visma, collabora, ma il finale sembra scritto

Capolavoro all’ultima curva

La volata è stato un capolavoro di freddezza, per il californiano che nel 2017 si presentò a Negrar di Verona e vinse il Palio del Recioto senza che nessuno sapesse chi fosse. Questa volta la consapevolezza era leggermente superiore, ma nessuno dei tre corridori della Visma-Lease a Bike al comando poteva aspettarsi il colpo di mano. Solo Jorgenson, anche lui americano, alla fine ha ammesso che aver puntato solo sulla volata sia stata la scelta sbagliata, perché consapevole che Powless sia molto esplosivo.

«Sapevo che avrebbero scommesso su Van Aert – dice ancora Powless – ma non avrei mai pensato che sarei riuscito a batterlo in volata in questo tipo di gare. Sono uscito dall’ultima curva in ultima posizione, ma con grande velocità e l’ho mantenuta perché sapevo di dover lanciare subito lo sprint. Sono tornato al livello che mi appartiene e questa vittoria mi darà la fiducia per lottare anche domenica al Giro delle Fiandre».

Pedersen ha ammesso di non essere riuscito ad agganciarsi ai tre della Visma, poi ha fatto il diavolo a quattro
Pedersen ha ammesso di non essere riuscito ad agganciarsi ai tre della Visma, poi ha fatto il diavolo a quattro

La sfiducia di Van Aert

Una fiducia che invece in questo momento Van Aert fa fatica a riconoscere. Il guaio è che a Waregem lo ha battuto certamente un buon corridore, che però in altri tempi avrebbe sbranato senza troppi problemi. Il meccanismo perfetto stenta a rimettersi in moto e dalle sue parole trapelano delusione e sfiducia.

«Per una volta – dice – ho pensato a me stesso. Non volevo rischiare di saltare e far vincere uno dei miei compagni di squadra e questo è stato un grosso errore. Non sono fatto così e per questo sono molto deluso. Bisogna sempre massimizzare le possibilità di vincere la gara come squadra: non l’abbiamo fatto e ne sono responsabile. Ho preso la decisione di sprintare, ma non l’ho fatto come pensavo, quindi bisogna anche prendersi le proprie responsabilità ed essere duri con se stessi».

Un selfie per Powless con Benoot: uno al settimo cielo, l’altro ancora frastornato
Un selfie per Powless con Benoot: uno al settimo cielo, l’altro ancora frastornato

La tattica sbagliata

Il racconto fatto dai massaggiatori è che il grande belga abbia avuto un crampo durante lo sprint, ma lui non ne parla, forse perché non vuole che suoni come una scusa. La sensazione, vedendo e rivedendo lo sprint, è che abbia girato a vuoto su un rapporto troppo agile. Come già gli accadde al mondiale di cross a Hoogerheide qualche anno fa contro Van der Poel.

«La colpa – conclude – non è certo di Tiesj e Matteo (Benoot e Jorgenson, ndr). Gli sono parso così sicuro che hanno fatto quello che gli ho chiesto. Se avessimo attaccato Powless negli ultimi 10 chilometri e fosse andata ancora male, almeno non avremmo avuto nulla da rimproverarci. Quella sarebbe stata la tattica giusta. Non posso giustificare il nostro finale. Avrò bisogno di un po’ di tempo per fare il bilancio di questa corsa».

Purtroppo per lui il tempo è l’unica cosa che in questo momento non abbonda. Fra quattro giorni si correrà il Giro delle Fiandre, una delle due corse in nome delle quali ha sacrificato la Sanremo e tutte le altre corse di marzo. Venerdì pomeriggio nell’hotel di Deerlijk si terrà la conferenza stampa prima della Ronde. E c’è da scommettere che parlarne non sarà tutto rose e fiori. 

Tutti per le tappe, senza Carapaz non cambiano i piani

09.07.2023
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La EF Education-Easy Post è una delle squadre più interessanti di questo Tour de France e per assurdo lo è ancora di più dopo che aver perso il suo leader: Richard Carapaz. La squadra americana infatti è piena zeppa di grandi attaccanti. Corridori di qualità che possono andare a caccia di tappe.

Qualche giorno fa il loro team manager, Jonathan Vaughters, un po’ a sorpresa, ha detto che il ritiro del loro leader non ha poi sconvolto così tanto la squadra della Grande Boucle.

Richard Carapaz sul traguardo di Bilbao col ginocchio sanguinante. Vaughters ha detto che Carapaz è tornato subito in Ecuador
Richard Carapaz sul traguardo di Bilbao col ginocchio sanguinante. Vaughters ha detto che Carapaz è tornato subito in Ecuador

Tutti per le tappe

Moreno Moser fa ci aveva detto di comprendere bene le scelte fatte dallo stesso team manager, vale a dire, portare tutta questa qualità anche a scapito di aiutare Carapaz.

«Siamo al Tour, ci sono due corridori che già prima del via si sapeva che si sarebbero giocati la generale, meglio puntare dunque sui traguardi parziali».

E tutto sommato il manager ha dato ragione al nostro esperto. Qualche giorno dopo il ritiro aveva detto a Cyclisme Actu che: «Vero, il morale dopo la perdita di Carapaz non è al 100 per cento, ma non è basso. E’ al 90 per cento».

L’americano aveva ribadito che la squadra era a caccia di tappe e che la loro corsa sarebbe cambiata ben poco dopo l’abbandono del campione olimpico, rivelando che anche Carapaz infatti puntava alle tappe.

Neilson Powless è per ora il leder della classifica dei Gpm, ma riuscirà a tenere questa maglia fino a stasera? (foto Instagram)
Neilson Powless è per ora il leder della classifica dei Gpm, ma riuscirà a tenere questa maglia fino a stasera? (foto Instagram)

Maglia a pois

E così tutto appare più lineare. Neilson Powless che va alla ricerca della maglia a pois. E ci va con criterio. Attacca, guadagna terreno e una volta agguantati tutti i punti dei Gpm necessari si ferma e si fa riprendere dal gruppo per non sprecare energie. Con l’incredulità del suo compagno di fuga. Questa è storia della terza frazione.

Powless ha cercato di restare davanti anche sui Pirenei, cercando di tenere le ruote di quel treno chiamato Wout Van Aert. Allo scollinamento del Tourmalet non è riuscito a fare la volata, ma è comunque transitato in quarta posizione, sufficiente per rivestirsi di bianco e rosso.

«Quando ho visto quella fuga dovevo esserci – ha detto l’americano ai microfoni del Tour – ma sapevo che sarebbe stata dura. Quando assaggi la maglia a pois è difficile farne a meno. So che sarà difficilissimo mantenerla. Vorrei farlo fino a domenica (oggi, ndr)». Nel pomeriggio si va sul Puy de Dome, salita storica e durissima.

Da Bettiol ci si attendono grandi cose. Il toscano sta correndo bene sin qui
Da Bettiol ci si attendono grandi cose. Il toscano sta correndo bene sin qui

Bettiol e Uran

C’è poi Alberto Bettiol, che in più di qualche occasione ha messo il naso davanti. E’ successo a San Sebastian e in parte ieri, seppur non ha trovato il varco – e forse le gambe – giuste. Alberto è un diesel ed è uno dei pochissimi ad aver corso anche il Giro d’Italia. La squadra ha grande fiducia in lui e le occasioni non gli mancano.

E da un veterano, perché tale è ormai Alberto per questa squadra, ad un altro: Rigoberto Uran. In gruppo i suoi colleghi ci dicono che va forte, ma i Pirenei lo hanno respinto. E dicono anche che dopo la prima frazione di montagna, avendo capito di non averne, “Rigo” si sia messo in modalità cacciatore di tappe.

Ha incassato un grande ritardo e risparmiato energie. Il problema è che i big qui vogliono tutto. Anche quando lasciano spazio – e non lo lasciano – alla fuga, poi vanno talmente forte che recuperano distacchi enormi in pochi chilometri.

Magnus Cort scatta un selfie coi compagni. L’atmosfera è buona: ora serve “solo” la vittoria (foto Instagram)
Magnus Cort scatta un selfie coi compagni. L’atmosfera è buona: ora serve “solo” la vittoria (foto Instagram)

Garanzia Cort?

Restano il giovane James Shaw, Esteban Chaves, l’esperto Andrei Amador e forse l’atleta più forte, Magnus Cort. Anche lui ha disputato il Giro e ha lasciato il segno a Viareggio, tappa molto simile a tante di quelle che ci sono nella porzione centrale di questo Tour de France.

Sin qui non si è mosso. Al Giro aveva fatto la stessa cosa. Lui è uno che fa male. Lo scorso anno aveva vinto a Megeve, nel cuore delle Alpi. Tuttavia la sua condizione non sembra essere al top e su di lui circolano voci di mercato che lo vorrebbero in direzione del connazionale Vingegaard.

«I ragazzi stanno bene – ha proseguito Vaughters – chiaramente non abbiamo più nessuno per la classifica generale, ma le tappe erano il nostro obiettivo sin dall’inizio. Cercheremo di stare attenti e di correre bene nelle tappe in cui la fuga avrà più possibilità di arrivare».

E non è un caso che ieri i suoi ragazzi, visto che la fuga non ha avuto scampo, e non sono riusciti a prenderla, nel finale si siano rialzati. Solo Bettiol, 47°, e Chaves hanno provato a tenere duro, gli altri hanno fatto gruppetto e sono arrivati ad oltre 6′. Energie risparmiate. Il Tour si corre anche così, con la strategia di Vaughters.