Il signor Caruso, campione di normalità

09.06.2023
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A Marina di Ragusa c’è ancora qualche nuvoletta dispettosa che ha rinfrescato la ripresa degli allenamenti di Caruso. In realtà Damiano non ha mai smesso di pedalare, ma ieri è risalito in sella con lo sguardo da professionista. Il quarto posto del Giro d’Italia (in apertura con i figli Oscar e Greta nel giorno di Roma) è ancora un tema, mentre il resto della stagione sarà da costruire, con altre valigie e la Vuelta nel mirino.

Il Giro di Caruso si è svolto sempre nella scia dei migliori. Qui con Thomas, in rosa sino al Monte Lussari
Il Giro di Caruso si è svolto sempre nella scia dei migliori. Qui con Thomas, in rosa sino al Monte Lussari

Un ragazzo di 35 anni

Nel ciclismo italiano che si va ripopolando di talenti nelle varie tipologie di corsa, il siciliano ha tenuto alta anche stavolta la bandiera del Giro. E anche se non è mai stato in lotta per vincerlo, resta il fatto che alle spalle di Roglic, Thomas e Almeida, il migliore sia stato questo vecchio ragazzo di 35 anni, la cui sola colpa negli anni è stata solo quella di non aver creduto abbastanza in se stesso, lasciando che lo crescessero da uomo squadra più che da solista.

«Ho finito il Giro che non mi sentivo proprio distrutto – dice – non avevo il bisogno di fermarmi. Per cui ho fatto una settimana di recupero attivo e sono andato in bici in maniera blanda, solo per il piacere di andarci. Era quello che mi serviva. Ieri è stato il primo giorno in cui mi sono allenato, avendo dato il tempo a quella nuvoletta di andarsene. Acqua ne ho presa abbastanza. In realtà a fine Giro ho anche sentito qualche battuta sulla possibilità di andare al Delfinato o al Giro di Svizzera, però ho detto che alla mezzanotte del 28 maggio avrei spento il cellulare e a quel punto forse hanno capito che non era aria di insistere».

Se la ride. Dopo la bici, è andato con suo fratello a comprare oggetti per la casa, mentre fuori scintilla il mare di Montalbano e nelle spiagge è già vacanza. Per chi vive perennemente fra alberghi e strade lontane, la normalità è un lusso da centellinare con cura.

La Bahrain ha portato via dal Giro due tappe, la classifica a squadre, la ciclamino e il 4° posto di Caruso, qui con Milan
La Bahrain ha portato via dal Giro due tappe, la classifica a squadre, la ciclamino e il 4° posto di Caruso, qui con Milan
Soddisfatto del tuo Giro?

Più che soddisfatto, all’inizio ci avremmo messo la firma. Il quarto posto a quasi 36 anni penso fosse il massimo che potessi raggiungere, anche con i nomi che c’erano. Insomma, non penso che sia stato un risultato banale. Se poi lo contestualizziamo con quello che ha fatto la squadra, anche meglio. Le due tappe vinte con Milan e Buitrago. La maglia ciclamino. La classifica a squadre. Per noi sicuramente è stata un’esperienza più che positiva.

Visti i nomi in ballo, un quarto posto che vale tanto meno del secondo del 2021?

Non si possono fare confronti, sono entrambi due risultati bellissimi. Il secondo posto sicuramente fu una grande sorpresa per tutti, anche per me. Era la prima volta che mi ritrovavo addirittura a giocarmi un grande Giro. Però il quarto posto è importante perché conferma che quel piazzamento di due anni fa non era venuto a caso. E poi insomma, quanti hanno contato i podi che ho fatto nel frattempo?

Dici che sono passati inosservati?

Pochi si sono accorti ad esempio che ho fatto terzo al Romandia una settimana prima del Giro. Tutti si ricordano le debacle, ma quando ci sono da elencare anche le cose buone, si tende a dimenticare. Il problema è che secondo me ormai viviamo in una società che valorizza solo chi vince mentre il resto conta poco.

Questo ti condiziona? Tu riesci a valorizzare i tuoi piazzamenti?

Ho imparato a farlo. Il terzo posto del Romandia mi è servito tantissimo, perché venivo da un Giro di Sicilia andato male. Ero rimasto deluso dalla mia prestazione e non riuscivo a darmi una spiegazione. Quel terzo posto mi ha permesso di archiviare subito il risultato negativo e di andare al Giro con il morale giusto.

Nella Liquigas di giovani come come Nibali, Viviani e Sagan, Caruso è stato messo spesso a tirare nonostante i 24 anni
Nella Liquigas di giovani come come Nibali, Viviani e Sagan, Caruso è stato messo spesso a tirare nonostante i 24 anni
Perché anche questa volta sei arrivato al Giro deviando le responsabilità di leader?

Perché io non dovevo fare il leader. Avevamo Jack Haig e semmai avremmo provato con Buitrago. Io mi sarei accontentato di essere in una zona di classifica medio-alta che ti permettesse di provare a vincere una tappa. Non pensavo di poter lottare ancora per i primi cinque. Solo che nel frattempo la condizione è cresciuta, mi sono ritrovato in classifica e a quel punto me la sono giocata bene.

Pensi che se ti avessero cresciuto con la mentalità vincente, avresti avuto un’altra carriera?

Può essere che mi porti ancora dietro la mentalità con cui mi sono formato nei primi anni di carriera. E questo forse influisce sul mio atteggiamento. Resta il fatto che correndo senza alcun tipo di pressione, vado in gara più leggero e i risultati arrivano di conseguenza. Sto vivendo la parte più bella di tutta la carriera, proprio perché non ho più niente da perdere, vado avanti, mi diverto e riesco anche ad essere performante. Alla Vuelta ad esempio…

Cosa farai alla Vuelta?

Andrò per puntare a una tappa. Per il tipo di corsa che è, non penso proprio che abbia senso fare classifica.

Quella delle Tre Cime è stata la tappa che a Caruso è piaciuta di più, per meteo, strade e sensazioni
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Qual è stato il giorno più bello del Giro?

Quello in cui proprio ho assaporato tutta la tappa, è stato alle Tre Cime di Lavaredo, perché abbiamo corso una bellissima tappa sui passi dolomitici. C’era una giornata stupenda, il tempo perfetto per andare in bici e io stavo bene. C’era un arrivo prestigioso. Dopo quella, mi è piaciuto il Monte Lussari e alla fine anche Roma ha avuto il suo perché. Finalmente il Giro si è chiuso con una tappa veramente bella, dovremmo farla tutti gli anni.

I quasi 36 anni fanno pesare la vita da atleta?

Mi piace ancora, faccio un po’ più fatica quando sono qui a casa perché non ho compagni di allenamento che mi possono stimolare a far meglio. Però partire per andare in ritiro o stare fuori in ritiro non mi crea alcun problema e lo faccio volentieri perché ho capito da qualche anno che questo è un lavoro e sono fortunato a poterlo fare. Allora ti dici: “Se proprio devi fare questi sacrifici e con te li deve fare la tua famiglia, cerca almeno di farli bene”. Chiaramente mi dispiace quando non vedo i bambini a lungo. Prima del Giro ad esempio sono stato fuori per due mesi. Oscar, il primo, ha capito. Greta, la piccola, fatica a farsene una ragione. 

La preparazione per la Vuelta riprenderà da Livigno e passerà prima per la Vuelta Burgos
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Li porterai con te a Livigno?

Non credo, abitiamo a 50 metri dalla spiaggia e il prossimo ritiro a Livigno servirà per preparare la Vuelta. Avrò poco tempo da dedicargli e costringerli a stare a 2.000 metri per dieci giorni non è il massimo, avendo questa alternativa.

Cosa pensi dell’arrivo di Tiberi: potrebbe diventare un giovane cui passare la tua esperienza?

Se vorrà ascoltare, sarò ben contento di trasmettergli un po’ del bagaglio che ho accumulato in questi anni. Mi fa piacere, a prescindere che sia italiano o meno, quando c’è un giovane interessato che vuole imparare. Perché oggi a questi ragazzi molto forti hai poco da insegnare e alcuni di loro neppure hanno l’atteggiamento di curiosità, di ascoltare un altro punto di vista. Se Tiberi invece avrà voglia e mi chiederà consiglio, io sicuramente non mi tirerò indietro.