Carboni ci crede, le gambe ci sono: ora serve l’occasione

06.09.2024
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Il mestiere del corridore non è affatto semplice e rischia di diventarlo ancor meno se le condizioni di lavoro sono quelle di una piccola squadra. Proprio in questi casi, fa capire Giovanni Carboni, è necessario rimboccarsi le maniche più di tanti che, con le spalle coperte da grandi strutture, pensano che basti meno per ottenere risultati. Invece così non è. Forse per questo tanti ragazzini approdati in squadre importanti si perdono dietro sforzi che gli paiono immensi. Non perché lo siano, ma solo perché nel quotidiano magari non lavorano per crescere e sopportarli. Forse dietro i giovani italiani che non escono c’è anche questo.

Carboni di anni ne ha 29 e gli ultimi tre sono stati lo sbando provocato dalla chiusura della Gazprom. Li ha compiuti il 31 agosto dopo essere rientrato dal Tour of Bulgaria (vinto in extremis da Matteo Malucelli) sull’ammiraglia del JCL Team Ukyo in cui corre da questa stagione. Il fuori programma dell’ultima tappa, le premiazioni ritardate e tutto quello che è successo hanno fatto sì che il marchigiano sia dovuto tornare a casa in auto. Una bella distanza di 1.800 chilometri e l’arrivo giusto in tempo per una cena con gli amici più cari. Prima delle corse in Italia che già bussano e poi il Tour de Langkawi (29 settembre-6 ottobre).

Ritorno in auto dalla Bulgaria, 1.800 km nel giorno del 29° compleanno di Carboni (foto Suga Yosuke)
Ritorno in auto dalla Bulgaria, 1.800 km nel giorno del 29° compleanno di Carboni (foto Suga Yosuke)
Che cosa è successo nell’ultima tappa in Bulgaria?

E’ stata anche una questione di fortuna. L’ultima discesa era molto viscida, abbiamo preso un punto particolarmente sporco di gasolio o molto bagnato e siamo caduti senza neanche toccare freni. Era una semicurva, tutt’altro che pericolosa, ma non abbiamo potuto farci nulla. Io per sfortuna ho rotto il cambio e quindi ho detto a Malucelli di andare e prendersi tappa e classifica, grazie all’abbuono. Non ci andava di far vincere il bulgaro che, devo ammetterlo, ha fatto una discesa impressionante.

Correva in casa…

E soprattutto noi non volevamo rischiare, perché comunque era la gara del rientro, eravamo in maglia ed eravamo su in preparazione per le prossime. Quindi avevamo un occhio di riguardo. Lui invece, Stolic il bulgaro, arrivava proprio a casa sua e ha rischiato il tutto per tutto.

Il Giro di Romagna è stato l’ultima corsa italiana del team giapponese, con Carboni al 4° posto (foto JCL Team Ukyo)
Il Giro di Romagna è stato l’ultima corsa italiana del team giapponese, con Carboni al 4° posto (foto JCL Team Ukyo)
Il cuore italiano vede le corse italiane, la bandiera giapponese della tua squadra guarda a Oriente…

Parlando per me, ho lavorato per le classiche italiane, per il Malesia e poi per la Japan Cup. Sono questi gli obiettivi veri del finale di stagione. La squadra, i nostri sponsor si sono affacciati quest’anno nel panorama europeo per allargare un po’ gli orizzonti. Però, facendo parte del Continente Asiatico, per loro vincere in Asia ed essere tra le prime squadre è motivo di orgoglio.

Com’è invece l’accoglienza in Europa per una continental giapponese?

C’è da sgomitare più del solito. E’ più difficile riuscire a guadagnarsi il posto in gruppo, anche perché il livello della squadra non è al livello delle professional e non parliamo delle WorldTour. Pertanto i risultati che ottieni hanno dietro un lottare superiore.

Il team giapponese e la primavera in Italia: un gruppo entusiasta e volenteroso (foto JCL Team Ukyo)
Il team giapponese e la primavera in Italia: un gruppo entusiasta e volenteroso (foto JCL Team Ukyo)
E’ davvero così?

Avendo corso in squadre professional, sia Malucelli sia io abbiamo visto che in determinate gare italiane era più semplice riuscire a prendere una salita davanti o per lui affrontare una volata. Nell’ultima gara fatta in Italia, al Giro di Romagna, ci siamo guadagnati il nostro spazio. La squadra ha lavorato e tirato ed è venuto un bel risultato (Carboni è arrivato quarto, ndr).

Quale può essere per te un obiettivo concreto in questa seconda parte di stagione?

Voglio continuare a dimostrare quello che ho fatto nella prima parte. Ho avuto grande continuità. Sono partito dall’AlUla Tour, dove ho avuto i primi contatti con la nuova squadra. Poi nelle gare in Italia ho sempre ottenuto qualcosa in più, in termini di risultati. Nella prima parte di stagione su 30-32 gare che ho fatto, ho ottenuto 16 top 10 e non è poco, visti i motivi che ci siamo detti prima.

Vincendo la 2ª tappa al Tour of Bulgaria, Carboni ha preso anche la maglia (foto JCL Team Ukyo)
Vincendo la 2ª tappa al Tour of Bulgaria, Carboni ha preso anche la maglia (foto JCL Team Ukyo)
Non è un trend da poco…

Vorrei continuare su questo livello. Dimostrare che nonostante abbiamo avuto i tre mesi di stop in cui la squadra ha gestito il fattore del visto per gli atleti giapponesi, che devono farlo di tre mesi in tre mesi, non sono stato sotto l’ombrellone col cellulare o a guardare le ragazze in spiaggia. Mi sono allenato e ho fatto la vita del corridore professionista a tutti gli effetti.

Quindi qualsiasi cosa dovesse venire fuori sarebbe la conseguenza di tutto questo?

Sarei contento, guardando a me stesso, di ripetermi e migliorarmi. E il resto sarà eventualmente una conseguenza, esatto.

Nel frattempo, a maggio, hai vinto il Giro del Giappone. Che cosa ha significato?

Ho trovato molto calore dalla gente del posto e sono rimasto molto contento anche per come ha lavorato la squadra per arrivare a quell’obiettivo. Non è semplice per un corridore giapponese tirare e mettersi completamente a disposizione di uno straniero nella corsa di casa. E secondo me non è semplice neanche per un direttore sportivo o per un team manager giapponese dire ai propri corridori di lavorare per far vincere la corsa a uno straniero. Sono rimasto molto contento di questa cosa, dal punto di vista umano c’è stato un rispetto enorme da parte dei corridori e dello staff giapponese.

Primo nel Tour of Japan. Giovanni Carboni, classe 1995, è alto 1,80 per 61 chili. E’ pro’ dal 2018 (foto JCL Team Ukyo)
Primo nel Tour of Japan. Giovanni Carboni, classe 1995, è alto 1,80 per 61 chili. E’ pro’ dal 2018 (foto JCL Team Ukyo)
Quindi la prossima fermata sarà Larciano?

Esatto. Ho fatto il ritiro in altura ad agosto, perché so che è fondamentale e non posso pretendere che sia la squadra a pagarlo per me, visto il budget che abbiamo. Ho curato l’alimentazione, non come alcuni con cui mi alleno che escono con le barrette del supermercato. Questo è un lavoro, anche se mi guardo intorno qui a San Marino e penso che si stia perdendo il senso di cosa significhi fare sacrifici. Ho avuto i miei controlli, perché abbiamo continuato a fare l’Adams. Ho 29 anni, non sono vecchio, ma ho esperienza per ispirare corridori più giovani. Mi piacerebbe capissero che lo fanno per lavoro, invece li vedo sbagliare come facevo io alla loro età. Perciò tengo i piedi per terra e vado avanti. E come ci siamo già detti, vediamo che cosa ne verrà fuori.

Dopo quella scivolata nella crono, Antonio come stai?

Giada Gambino
08.03.2021
4 min
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Antonio  ha già recuperato da quel brutto e strano incidente di qualche giorno fa al Uae Tour. E’ stato fermo un paio di giorni, ma non appena si è sentito meglio, è subito salito in sella per ricominciare a rincorrere i propri sogni… 

La seconda tappa del UAE Tour 2021 com’è andata? 

Le sensazioni in partenza erano buone, mi sentivo bene, avevo la gamba delle mie crono migliori. Me ne accorgo subito quando ho la gamba giusta e quel giorno era proprio così. E’ stata una crono molto breve, il vento l’ha resa abbastanza dura ma l’ho fatta a tutta. All’ultimo chilometro e mezzo ho trovato il vento a favore e ho dato l’anima

Al Uae Tour una crono perfetta fino all’arrivo, poi per Antonio la rovinosa caduta
Al Uae Tour una crono perfetta fino all’arrivo, poi la rovinosa caduta
Poco prima della linea del traguardo… 

Sono caduto! Lì per lì non sapevo nemmeno io cosa fosse successo, è stato talmente veloce che ho solo percepito di aver perso l’equilibrio e mi sono ritrovato a terra. Dopo ho cercato di capire, pensavo fosse stato un problema mio, una mia distrazione; si è rivelato invece che c’era stato un problema alla bici. Ho comunque concluso al 19esimo posto e ne sono felice, forse quel secondo in più dovuto alla caduta se non ci fosse stato mi avrebbe fatto scalare la classifica, ma sono contento ugualmente. Non ha senso guardare al passato… bisogna pensare al futuro

Nessuno ti ha immediatamente soccorso.

Dopo qualche secondo, vedendo che non arrivava nessuno ho pensato: “Beh, che devo fare? Non viene nessuno… mi alzo da solo”. E così ho fatto (ride, ndr). Dopo un minuto circa è arrivato qualcuno ad aiutarmi. Sinceramente non so perché nessuno all’arrivo sia subito venuto… forse per il problema Covid. 

Come sono stati i primi momenti post caduta ? 

Un po’ duri. Ero lontano da casa, non riuscivo a muovermi bene, mi ero un po’ spaventato. Poi però ho ragionato, ho capito che alla fine non mi ero fatto nulla di grave e che essendo ad inizio stagione mi sarei potuto rialzare facilmente. 

Antonio Tiberi, laziale di 19 anni, è rientrato in gara a Larciano, ancora con qualche cerotto
E’ rientrato in gara a Larciano, ancora con qualche cerotto
Lo stage nel 2020 con la Trek? 

Avere l’opportunità di fare da stagista in una squadra WorldTour è stata sicuramente una grande emozione e mi ha fatto capire molto la grande preparazione che c’è nel pre partenza di una gara importante o, comunque, durante la gara stessa. 

Cosa pensi di Nibali? 

Fino a poco tempo fa quando pensavo a lui lo immaginavo come una persona quasi irraggiungibile. Adesso stando diverso tempo insieme, ho capito che è una persona normale: simpatico, aperto e scherzoso, mi trovo davvero molto bene. Sotto certi punti di vista penso che ci somigliamo, soprattutto perché siamo abbastanza ritardatari (ride, ndr). Pensa cosa succede quando siamo in stanza insieme… perdiamo sempre quei quindici minuti più del dovuto. 

Un momento divertente con la Trek…

Ottobre 2019. Dopo aver vinto i mondiali junior a crono sono andato in ritiro con loro in America. Era un ritiro-festa, più una festa in realtà essendo fine stagione. La mattina si facevano meeting e la sera cena, pub, festa, discoteca. Pedersen che aveva vinto il mondiale da pochissimo, per festeggiare, ha affittato un bus-discoteca e abbiamo girato Chicago così. Una sera siamo andati in un pub, c’erano tantissimi tavoli da ping pong e ad un certo punto abbiamo avuto tutti un momento di pazzia e abbiamo iniziato a giocare e a fare una confusione assurda

Chi è il più scherzoso in squadra ?

Ciccone sicuramente, poi… mmh no, come Cicco nessuno (ride, ndr)! A me piace anche scherzare, ma sono molto calmo e sto sulle mie, quando ci sono momenti di gioco naturalmente però non mi tiro indietro

Ai mondiali juniores di Harrogate 2019, dopo la crono vinta, Antonio ha corso anche su strada
Ai mondiali juniores di Harrogate 2019, dopo la crono vinta, ha corso anche su strada
Hai 19 anni, sei ancora molto giovane, come ti vedi cambiato rispetto alle categorie giovanili? 

I primi anni alle gare era una tragedia, prima della partenza vomitavo per l’ansia anche se spesso vincevo ugualmente. Avevo paura del passaggio tra una categoria all’altra, avevo paura del chilometraggio diverso, del ritmo diverso…  puntualmente però mi trovavo anche meglio. L’ansia che avevo da piccolino è svanita già da allievo, iniziai ad essere più sicuro dal momento che vincevo di più. Mi sentivo a mio agio. Adesso che sono tra i big sì, ho sempre quel filo di ansia quando mi sto per preparare, poi passa

Oltre le crono dove va bene Antonio? 

Mi piacciono le salite lunghe. Non sono tanto esplosivo e non ho tanta potenza; più è lunga la salita e meno soffro. All’inizio è parecchio dura, ma più vado avanti più le mie gambe rispondono al meglio. 

Un futuro nelle corse a tappe ? 

E’ quello che spero, punto a questo. Il Giro d’Italia è il mio più grande sogno, non c’è una gara che mi piacerebbe vincere più della corsa rosa.