Remco Evenepoel, Kigali 2025, mondiali

Evenepoel: mondiale perso a causa del reggisella? Colò conferma

30.09.2025
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Il campione olimpico Remco Evenepoel sul traguardo di Kigali ha passato diversi minuti seduto sull’asfalto africano a pensare e sbollire. La rabbia per il mondiale perso è tanta, soprattutto se il pensiero va ai due cambi di bici che hanno condizionato la corsa del belga

Al termine della prova iridata Evenepoel ha parlato così in conferenza stampa: «Prima del Mount Kigali, sono finito in una buca della strada e la sella si è abbassata, tanto che stare seduto è diventato un problema. Poi è cominciata la salita e i crampi ai muscoli posteriori della coscia si sono fatti sempre più forti. Non è stato il massimo. E una volta che Tadej ha sferrato il suo attacco, cosa che sapevo sarebbe accaduta lì, ho avuto dei crampi e non riuscivo a spingere bene. Potrebbe sembrare strano, ma è così che funziona quando si cambia posizione drasticamente».

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel dopo il traguardo
A Kigali Evenepoel è stato messo fuori dai giochi a causa dell’inclinazione della sella
Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel dopo il traguardo
A Kigali Evenepoel è stato messo fuori dai giochi a causa dell’inclinazione della sella

Pochi gradi

E’ possibile perdere un campionato del mondo a causa di una buca? La risposta è sì. Nel ciclismo dell’estremo e della ricerca della massima prestazione ogni dettaglio conta e anche la più piccola variazione causa dei problemi. Siamo però andati a bussare alla porta di Alessandro Colò, biomeccanico del centro Biomeccanica Bodyframe, per un parere tecnico sull’accaduto. 

«Che una buca possa causare una variazione dell’inclinazione della sella è possibile – spiega Colò – soprattutto per il modello di reggisella che utilizza Evenepoel. Infatti il belga sulla sua Specialized Tarmac SL8 utilizza l’offset 0 millimetri. Questo modello ha il morsetto che tiene la sella in posizione centrata rispetto all’asse del tubo verticale. Sulla Tarmac SL8 è possibile anche montare il reggisella offset 15 millimetri».

Coni del morsetto reggisella offset 0mm
Questi sono i coni del morsetto reggisella offset 0 millimetri
Cosa cambia tra i due?

Che l’offset 0 millimetri permette di tenere la sella più avanti, cosa necessaria per assecondare la posizione estrema che Evenepoel tiene in bici. Infatti per stare così in avanti con il bacino serve spingere molto in avanti la sella. Questo reggisella, per forza di cose, utilizza una sola vite per il serraggio. A differenza dell’offset 15 millimetri che ne utilizza due.

Il rischio, nel montare l’offset 0 è che si possa muovere?

Diciamo che può ruotare. Fondamentalmente l’offset 0 si basa su due coni che si incastrano nel tubo del reggisella. Una volta raggiunta la misura giusta si serra a una forza di circa 13 Nm, che non è poco. E’ progettato per resistere, tuttavia può succedere che in occasioni particolari possa ruotare. Infatti la casa madre segnala di utilizzare anche un grasso specifico, grippante, per tenerlo in posizione

Remco Evenepoel, Kigali 2025, mondiali
La posizione estrema di Evenepoel porta il peso sulla punta della sella
Remco Evenepoel, Kigali 2025, mondiali
La posizione estrema di Evenepoel porta il peso sulla punta della sella
Possibile sia stato montato male?

Sì. Anche se stretto bene con la giusta chiave al serraggio indicato c’è la possibilità di muoversi. 

Evenepoel ha parlato di una buca sull’asfalto…

Probabilmente il belga stava pedalando in punta di sella, quando si viaggia a grandi velocità e si prende una buca il peso dell’atleta può causare un cambiamento dell’inclinazione della sella di 1 o 2 gradi. Questo comporta dei problemi fisici, come dolori alla schiena e alla zona lombare. Infatti un’inclinazione eccessiva verso il basso farà scivolare il bacino in avanti e i muscoli lombari devono lavorare ancora di più per tenere il corpo in posizione. 

Ma una buca, a quelle velocità, non avrebbe causato una foratura?

Dipende. Evenepoel utilizza il copertoni tubeless, quindi se fosse stata una buca “classica” avrebbe bucato e ci sarebbe stata la fuoriuscita del liquido sigillante. Probabilmente ha preso un avvallamento importante nell’asfalto, e molto probabilmente in un momento in cui non stava spingendo sui pedali. Il cambiamento dell’inclinazione della sella è dato dalla velocità, se nel mentre avesse pedalato le gambe avrebbero sollevato leggermente il busto e magari non sarebbe successo nulla. 

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel
Nei giorni precedenti la corsa Evenepoel ha fatto una ricognizione del percorso pedalando sulla bici nera (la stessa poi presa ai box?)
Nei giorni precedenti la corsa Evenepoel ha fatto una ricognizione del percorso pedalando sulla bici nera (la stessa poi presa ai box?)
Evenepoel ha parlato anche di crampi.

Vero. Una sella troppo inclinata in avanti porta i quadricipiti a lavorare male, come se la posizione fosse più bassa. In una fase di piena spinta possono sopraggiungere dei crampi. Non dimentichiamoci che il tutto è accaduto nel momento in cui Pogacar ha alzato il ritmo. Evenepoel si è sfilato, ma a giudicare da come ha proseguito non ha mollato perché stanco o al limite. 

Poi è arrivato al box e nemmeno la bici di scorta andava bene…

Questo, invece, è molto più strano. E’ passato dalla bici oro a quella nera e ha lamentato che la sella fosse poco inclinata, troppo orizzontale e questo gli avrebbe dato problemi di schiena (tanto che ha preso a manate la punta della sella alla ricerca della giusta inclinazione, ndr). Mi sembra strano pensare che la terza bici del campione olimpico non sia settata perfettamente. Poi c’è un altro fattore…

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel con BEn Healj e atias Skjelmose
Al secondo cambio di bici Evenepoel è tornato ad avere ottime sensazioni
Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel con BEn Healj e atias Skjelmose
Al secondo cambio di bici Evenepoel è tornato ad avere ottime sensazioni
Quale?

Evenepoel ha pedalato con la bici nera nei giorni della ricognizione. Se ci fosse stato qualche problema se ne sarebbe accorto. Magari il meccanico nel montarla ha sbagliato qualcosa, è possibile visti i tanti aspetti da curare. Però Remco ci ha pedalato sopra… 

Però si è fermato ancora e ha preso una terza bici.

Lui ha pedalato fino ai box per non perdere troppo tempo sul Mont Kigali, se avesse aspettato l’ammiraglia in quel momento avrebbe perso anche il secondo posto. Nel momento in cui ha cambiato la bici nera ha preso, probabilmente, la seconda bici (sempre con il telaio dorato, ndr) ed è andato fino alla fine. Tanto da dichiarare che è tornato ad avere sensazioni perfette, infatti ha viaggiato alla stessa velocità di Pogacar, ma ormai la corsa era andata.

Campionati del mondo 2025, Kigali, Federica Venturelli, Monica Trinca COlonel sfinite dopo il team mixed relay

Azzurri, il podio sfugge, ma Venturelli se ne va con il sorriso

25.09.2025
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KIGALI (Rwanda) – Il mondiale di Federica Venturelli è finito ieri sera con il quarto posto nel mixed relay vinto nuovamente dall’Australia con 5” sulla Francia e 10” sulla Svizzera. Gli azzurri si sono piazzati subito dietro, ma con un passivo ben più pesante di 1’24”. Dalla parte della lombarda resta il podio nella cronometro under 23 centrato lunedì a 2’11” dalla vincitrice Zoe Backstedt e 21″ dall’argento. Considerato che il percorso era tutto fuorché adatto a lei, quel bronzo vale anche qualcosa di più. Ma siccome con Federica ci piace scherzare e ci piace la sua dedizione allo studio, le tendiamo un tranello banale. Che forse lo è un po’ meno dato lo sforzo appena sostenuto: «Da quali elementi si ottiene il bronzo?».

Guarda e strabuzza gli occhi, perché non se l’aspettava. Ride e intanto pensa. «Il rame – risponde – e lo stagno?». Non è sicura, ma la risposta è esatta. «Davvero? Allora questo lo scrivi». Ecco qua, tutto scritto: promessa mantenuta.

Campionati del mondo 2025, Kigali, Federica Venturelli
Il bronzo nella crono delle U23 è un premio che vale, vista la difficoltà del percorso
Campionati del mondo 2025, Kigali, Federica Venturelli
Il bronzo nella crono delle U23 è un premio che vale, vista la difficoltà del percorso
Possiamo dire che questo non era il percorso per te?

Assolutamente, non era proprio il mio percorso ideale. Tanto dislivello. La prima salita è un po’ più pedalabile, però comunque abbastanza lunga e impegnativa: 2,5 chilometri che si sono fatti sentire. Ma soprattutto lo strappo finale era devastante. Il pavé sembrava non finire mai. Però alla fine, quando si arriva a quel punto, si cerca di dare tutto fino alla fine. Non si guarda neanche più quanti metri mancano e si pensa solo ad andare più forte possibile per finire prima la sofferenza (ride come per esorcizzare il mal di gambe, ndr).

Provando a fare un confronto, senti di essere andata meglio nella crono individuale o nel mixed relay?

E’ difficile comparare una crono individuale con il mixed relay, però in realtà penso di essere andata più forte oggi. Probabilmente perché ho avuto un paio di giorni in più per abituarmi alle condizioni del clima e un po’ all’altura. E anche per vedere meglio il percorso e imparare a gestirlo meglio. Però sono soddisfatta comunque di tutte e due le prove.

Diamo un peso a quel bronzo?

E’ sicuramente un bronzo importante, perché arriva dopo una stagione molto complicata. E poi, come dicevamo, su un percorso che non era per me. Sicuramente sapevamo tutti che Zoe Backstedt sarebbe stata su un altro pianeta, però dal secondo posto in poi eravamo tutti lì a giocarci il podio per poche decine di secondi. E’ stato difficile salire su quel podio. Ho dovuto soffrire fino alla fine, però ne è valsa la pena.

Che il percorso fosse così duro l’hai scoperto qua o un sentore ce l’avevi già da casa?

Sapevo che sarebbe stato mosso, perché ho avuto occasione di vedere planimetria e altimetria. Però sicuramente non immaginavo che gli ultimi due o tre chilometri fossero così duri. Alla fine si possono vedere le pendenze delle strade, ma il tratto finale in pavé, che sembrava spianare dopo lo strappo, era quasi più duro dello strappo in sé. Era infinito e si faceva fatica a rilanciare la velocità, quindi forse quello è il pezzo che non mi aspettavo così duro. E l’ho scoperto solo una volta che abbiamo visionato il percorso.

Cambiamo discorso. Marta Cavalli, la tua illustre compaesana, ha smesso dopo i tanti infortuni. Anche tu non ti sei fatta mancare qualche contrattempo. Quanto è duro tornare ogni volta?

Sinceramente fino all’anno scorso mi è andata abbastanza bene. Invece dalla seconda parte della stagione è stato difficile. Un infortunio dopo l’altro, un problema fisico dopo l’altro. All’inizio mi sono detta: «Beh, sono cose che capitano a tutte, ero solo stata fortunata a non averne fino ad adesso». Però quando sono capitati il secondo e il terzo infortunio di fila, è iniziato a essere sicuramente più pesante.

Si può essere colpiti da sconforto quando va così?

Ho avuto un momento duro, quest’anno verso maggio. Venivo da quattro mesi a non correre e poi una volta rientrata alle gare, mentalmente è stato ancora più difficile. Non avevo la forma che mi aspettavo e sentivo di non riuscire a esprimermi come l’anno precedente prima della serie di infortuni. Però grazie al supporto di tante persone, sono riuscita a non mollare e riprendermi. E ora sono qui e forse significa che alla fine sono riuscita a superare tutte le difficoltà e spero di riuscire a farlo sempre.

Venturelli, Trinca Colonel, Paladin: le tre azzurre che hanno chiuso il mixed relay con il 4° posto
Venturelli, Trinca Colonel, Paladin: le tre azzurre che hanno chiuso il mixed relay con il 4° posto
C’è mai stata la sensazione di essere rientrata e che gli altri nel frattempo fossero cresciuti in modo inatteso?

Sì, l’ho sperimentato quest’anno per la prima volta. Forse perché fino alle categorie giovanili, anche se si stava fermi un mese, due mesi, era più facile rientrare perché il livello non era tanto più alto. Invece rientrare subito full gas nelle gare professionistiche, è sicuramente diverso e più difficile. Però penso che siano tantissimi gli atleti che hanno dimostrato che questo si può fare e che si può sempre ritornare al livello più alto anche dopo tanto tempo di stop.

Hai portato i libri per preparare qualche esame?

No, in realtà. Mi sono preso una piccola pausa, perché ho sostenuto chimica organica la settimana prima di venire qui. Probabilmente sull’aereo per ritornare a casa ricomincerò a studiare per il prossimo che sarà a dicembre.

Facciamo un test allora: il bronzo da quale lega deriva?

Ma questo ve l’abbiamo già raccontato, volevamo vedere se foste attenti. La lasciamo raggiungere il resto del sestetto azzurro e poi insieme torneranno in hotel. La serata di Kigali si è ripopolata di moto e traffico. A parte l’allegria del caos, la città appare ordinata. Le auto si fermano sulle strisce per far attraversare i pedoni. E’ pieno di biciclette dalle forme e dai carichi più insoliti. E’ l’Africa, viene voglia di restare e scoprirla. Da domani (oggi) si corre su strada. Tocca subito a Eleonora Ciabocco, unica azzurra nel gruppo delle U23. Il mondiale del Rwanda entra nel vivo.

Si va in Rwanda: logistica, hotel, mezzi e costi. Parla Amadio

17.09.2025
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Il primo mondiale africano della storia del ciclismo, un evento che da diverso tempo tiene banco e che ha fatto parlare molto. Sono state tante le incognite legate al mondiale in Rwanda, che inizierà ufficialmente il 21 settembre, ma che occupa la mente delle varie federazioni da mesi. L’Italia ci andrà con le formazioni elite, quindi donne e uomini, al gran completo. Una scelta arrivata nell’ultimo periodo figlia di alcune scelte federali volte a garantire agli atleti la miglior esperienza possibile. 

Staff contato

Si è parlato tanto di costi, sicuramente quello verso Kiigali è un viaggio lungo che mette i vari manager federali davanti a scelte logistiche importanti. L’Italia partirà questa sera con un primo gruppo tra personale e corridori, altri sono già in Africa e hanno sistemato gli ultimi dettagli (tra loro c’è Italo Mambro della FCI, in Rwanda già da ieri con i suoi colleghi per organizzare la logistica, che ci ha fornito le foto di Kigali). Chi si è occupato dei trasporti e della logistica di questo mondiale in Rwanda è Roberto Amadio, team manager della Federciclismo.

«E’ tutto pronto e prima o poi partono tutti – ci racconta Amadio – purtroppo io non sarò parte della spedizione iridata. Sarà un peccato saltare il primo mondiale africano, ma per una questione di costi è stato scelto di gestire alcune cose da casa. Alla fine conta che ci siano i corridori, quindi oltre a me resterà in Europa anche tutto il gruppo della comunicazione».

La prima parte della spedizione iridata, in partenza oggi, comprende anche i mezzi per le cronometro
La prima parte della spedizione iridata, in partenza oggi, comprende anche i mezzi per le cronometro
Una trasferta a ranghi ridotti…

Rispetto al mondiale in Svizzera ci saranno una quarantina di persone in meno e i costi saranno gli stessi. Zurigo aveva prezzi elevati essendo una delle città più care al mondo, mentre per il Rwanda hanno pesato molto gli extra e i voli.

Cosa ha influito maggiormente sulla logistica?

Le bici ovviamente, avremo una novantina di biciclette da far arrivare. In più ci sono altri materiali di ricambio come le ruote e tutta la parte dei prodotti come gel e barrette. Abbiamo suddiviso le partenze in quattro blocchi: oggi in 34 persone tra staff e atleti delle cronometro. Domani (il 18 settembre, ndr) partono altre 18 persone. Il resto del gruppo con gli atleti per le prove su strada arriverà la settimana successiva.

I costi del viaggio sono elevati, tanto hanno influito le spese extra per spedire materiali e prodotti tecnici
I costi del viaggio sono elevati, tanto hanno influito le spese extra per spedire materiali e prodotti tecnici
Andando in aereo non si può spedire tutto.

Abbiamo trovato il giusto equilibrio tra cosa era necessario trasportare e cosa si poteva anche prendere in loco. Ad esempio i lettini per i massaggi li compreremo a Kigali. Ovviamente le bici devono essere spedite e questo è stato un bel grattacapo perché ci siamo dovuti accordare con la compagnia aerea e dividere tutto il materiale su due voli. Per i soli costi extra bagaglio siamo arrivati a spendere 50.000 euro

Borgo ci parlava di uno scalo ad Addis Abeba. 

Sì, perché voliamo con Ethiopian Airlines. Lo scalo era obbligatorio ed era meglio averlo in Africa piuttosto che in Europa. Ci sono dei voli diretti verso Kigali che partono da Bruxelles e Amsterdam, ma la logistica sarebbe stata molto più complicata. 

Gli azzurri dovranno fare a meno di certi comfort, ad esempio il classico pullman non ci sarà
Gli azzurri dovranno fare a meno di certi comfort, ad esempio il classico pullman non ci sarà
Per l’hotel?

C’era stata data una lista di disponibilità, la cosa evidente è che hanno alzato i prezzi. Noi abbiamo scelto autonomamente affidandoci alla nostra referente lì, una ragazza rwandese che ci ha dato una mano. Abbiamo trovato una via di mezzo tra comodità, logistica e servizi, siamo vicini alle partenze delle prove a cronometro e su strada. Ci siamo dovuti arrangiare per quanto riguarda il cibo.

Come mai?

Perché in Rwanda ci sono molte restrizioni doganali sulla merce che può entrare o meno nel Paese. Il nostro cuoco, che è già a Kigali da un paio di giorni, ha già parlato con l’hotel per avere tutto a disposizione, ma ci siamo arrangiati con quello che si può reperire.

L’UCI fornirà alle federazioni le ammiraglie ufficiali
L’UCI fornirà alle federazioni le ammiraglie ufficiali
Ultima cosa, i mezzi?

Le ammiraglie ufficiali con tanto di portabici le fornisce l’UCI. Noi come federazione abbiamo noleggiato una decina di mezzi per gestire al meglio gli spostamenti. Niente pullman, ovviamente. Ci siamo informati per provare a noleggiare un camper visto che il clima in questi giorni era freddo, ma non ce ne sono. I ragazzi si cambieranno nelle auto o nei furgoni, come quando erano under 23 o juniores. Un po’ di spirito di adattamento non fa mai male.

BigMat fino al 2027 Official Partner dei mondiali UCI strada

12.09.2025
4 min
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I Campionati del Mondo di ciclismo in programma a fine mese in Rwanda si avvicinano sempre di più. Cresce di conseguenza l’attesa e la curiosità per dei mondiali che per la prima volta si svolgeranno nel continente africano

Tra i sicuri protagonisti della prossima rassegna iridata ci sarà sicuramente BigMat. L’azienda francese, leader a livello europeo nella distribuzione di materiale edili, è infatti Official Partner dei Mondiali UCI su strada. Si tratta di un accordo che copre il quadriennio 2024-2027, quindi già in corso.

Matteo Camillini, Managing Director BigMat Italia e International
Matteo Camillini, Managing Director BigMat Italia e International

Evento globale

A motivare la scelta di essere partner dei Campionati del Mondo strada è Matteo Camillini, Managing Director BigMat Italia e International. 

«I Campionati Mondiali di Ciclismo – dichiara Camillini – sono tra gli eventi sportivi più seguiti a livello globale, richiamando milioni di appassionati. La partnership con l’UCI ci permette di valorizzare internazionalmente il nostro brand, associandolo ai valori di passione, impegno e tenacia che lo sport del ciclismo sa trasmettere, i medesimi su cui il nostro Gruppo basa quotidianamente il proprio lavoro». 

A fare eco alle parole di Camillini è Fabrice Maud, Presidente di BigMat International.

«Essere sponsor ufficiale dell’UCI è per noi un onore, nonché un’occasione unica per contribuire allo sviluppo e alla promozione del ciclismo, non solo in chiave agonistica, ma anche come sano stile di vita. I valori di capacità di sforzo, perseveranza, rispetto per l’ambiente e innovazione che questa disciplina incarna sono perfettamente allineati con quelli di BigMat. Fino al 2027 lavoreremo a stretto contatto con l’UCI per sostenere eventi di alto livello e favorire una partecipazione sempre maggiore a questo sport, in tutti i suoi aspetti». 

L’intesa con BigMat è stata naturalmente accolta con entusiasmo dal presidente dell’UCI, David Lappartient
L’intesa con BigMat è stata naturalmente accolta con entusiasmo dal presidente dell’UCI, David Lappartient

Scopriamo BigMat

Nato in Francia nel 1981, BigMat rappresenta oggi il Gruppo leader in Italia e in Europa per numero di punti vendita dedicati alla distribuzione specializzata di materiali per costruire, ristrutturare e rinnovare. A livello europeo ne vanta complessivamente più di 1.000, dislocati in 7 Paesi: Belgio, Francia, Italia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Spagna. Il Gruppo nel 2024 ha raggiunto un fatturato globale assestatosi a quota 3,42 miliardi di euro. In Italia BigMat è presente su tutto il territorio nazionale con oltre 250 punti vendita gestiti da 167 soci, e ha generato nel corso del 2024 un fatturato superiore al miliardo di euro.

L’accordo tra UCI e BigMat è iniziato nel 2024
L’accordo tra UCI e BigMat è iniziato nel 2024

Per i professionisti dell’ediliza 

BigMat si rivolge ai professionisti del settore dell’edilizia – imprese edili, artigiani, progettisti, architetti, interior designer e privati – offrendo a ciascuna tipologia di clientela prodotti, sistemi costruttivi e servizi personalizzati per ogni progetto. BigMat ha assunto nel tempo il ruolo di partner strategico per tutti i progetti di natura edile anche grazie al contributo garantito dalla sua rete di showroom d’interni HABIMAT, un network composto da 46 punti espositivi, e all’apporto assicurato da BigRent, il suo servizio per il noleggio di piccole e medie attrezzature per l’edilizia rivolto ai professionisti, alle partite IVA e ai privati. 

L’azienda francese sarà accanto all’UCI fino al 2027
L’azienda francese sarà accanto all’UCI fino al 2027

Non solo ciclismo

Come fin qui raccontato, per il quadriennio 2024-2027 BigMat sarà Official Partner dei Mondiali UCI su strada. L’azienda francese non è però solo vicina al ciclismo come sport. Dal 2023 BigMat è sponsor ufficiale delle Nazionali Italiane di Pallavolo, accompagnando come co-sponsor di maglia gli atleti e le atlete del volley azzurro in tutti gli appuntamenti internazionali. Sul proprio sito, l’azienda ha voluto festeggiare la recente vittoria ai Campionati del Mondo delle ragazze di Julio Velasco.

Dal 2024 il Gruppo è anche title sponsor delle BigMat Finali Nazionali Giovanili di Pallavolo. 

Tra le iniziative maggiormente di rilievo messe in campo da BigMat a livello internazionale sono da annoverare il BigMat International Architecture Award (Premio biennale che a partire dal 2013 promuove l’eccellenza architettonica europea) e Costruiamo per lo Sport, il progetto di responsabilità sociale che a partire dal 2020 sostiene lo sport amatoriale in tutta Europa.

BigMat

Rosato: un terzo posto che vale il mondiale e i passi verso il 2026

08.09.2025
5 min
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Nella nostra ultima intervista Giacomo Rosato aveva definito il Giro della Lunigiana il vero esame per conquistare una maglia azzurra ai mondiali in Rwanda. Con le prestazioni messe insieme durante i quattro giorni tra Liguria e Toscana lo scalatore veneto ha convinto il cittì Salvoldi a convocarlo per la trasferta a Kigali. Giacomo Rosato si aggiunge così a Roberto Capello e Mattia Agostinacchio, manca solo il biglietto dell’aereo, ma a breve arriverà.

«Sono tornato a casa ieri – ci dice il ragazzo nato a Montebelluna – insieme ai miei genitori, mi hanno seguito per tutto il Giro della Lunigiana. Mi fa sempre piacere quando riescono a venire alle corse. Il terzo posto è un bel regalo per loro, ma anche per me. Direi che ci voleva. Era da inizio anno che avevo messo il mirino sul Lunigiana, per arrivarci al meglio sono andato in altura per due settimane. Sono sceso che avevo buone sensazioni».

Podio Giro della Lunigiana 2025: Seff Van Kerckhove, Anatol Friedl, Giacomo Rosato (foto Ptzphotolab)
Podio Giro della Lunigiana 2025: Seff Van Kerckhove, Anatol Friedl, Giacomo Rosato (foto Ptzphotolab)
Com’è stato preparare questo obiettivo come fanno i grandi?

Ho rischiato un po’ perché era la prima volta che andavo in altura, ne ho parlato con il mio preparatore, Mattia Gaffuri, e abbiamo trovato la via migliore. Siamo stati sulle venti ore settimanali, non volevamo esagerare per non stressare il fisico. Sono andato a Livigno, per i primi cinque giorni da solo, poi è arrivato Dino Salvoldi insieme agli altri quattro ragazzi selezionati. 

Facciamo un gioco, visto che avevi definito il Lunigiana come un esame finale, che voto ti dai?

8, anzi 8,5. Quel mezzo voto in più è per il podio che sono riuscito a conquistare ieri. Il Lunigiana è una corsa difficile, un terno al lotto costante. Devi farti trovare pronto in ogni momento, nella prima tappa ero davanti ma non ho voluto rischiare in discesa. Mentre il giorno dopo ero partito con l’idea di provarci, ho attaccato per provare a vincere. Forse mi sono mosso troppo presto, ma è arrivato un buon quarto posto.

Nella seconda tappa del Lunigiana Rosato (sullo sfondo) ha corso con in testa la vittoria e provando ad attaccare (foto Ptzphotolab)
Nella seconda tappa del Lunigiana Rosato (sullo sfondo) ha corso con in testa la vittoria e provando ad attaccare (foto Ptzphotolab)
Nella giornata di ieri, invece, il podio…

E’ stata una tappa difficile, la più impegnativa e anche quella con maggior dislivello. Sulla salita di Fosdinovo ho avuto un piccolo problema perché il norvegese Haugetun si è staccato poco dopo un tornante. Il gruppo era allungato e lui era davanti a me, mi ha fatto il buco nel momento in cui davanti hanno attaccato. Sono rientrato solamente a un chilometro dalla vetta, è stato uno sforzo incredibile. 

Salvoldi ha detto che si sarebbe aspettato qualche iniziativa in più dai suoi ragazzi.

Si andava forte ogni giorno, era difficile fare un’azione. Io nella tappa più adatta alle mie caratteristiche ci ho provato, magari avrei potuto attaccare anche nella seconda semitappa ma era uno strappo esplosivo non troppo adatto a me. Mentre ieri il ritmo era altissimo, attaccare quando sei in classifica è rischioso. Non ne valeva la pena.

Le qualità del corridore del team Fratelli Giorgi sono adatte al percorso iridato (foto team)
Le qualità del corridore del team Fratelli Giorgi sono adatte al percorso iridato (foto team)
Perché?

C’era in ballo un podio al Lunigiana, poi i primi due (Friedl e Van Kerckhove, ndr) andavano molto forte. Corro sempre per provare a vincere ma non è facile, quando sei in classifica ti guardano e sei costantemente marcato. Il francese Blanc, che ha vinto le ultime due tappe, era molto più libero perché ormai era fuori classifica. 

Che cosa ha detto di te questo Lunigiana?

Sono cresciuto molto, soprattutto se mi paragono con gli stranieri. A inizio anno mi sentivo un gradino sotto rispetto a loro, ora penso di essere allo stesso livello. Al mondiale in Rwanda si dovrà avere la giusta mentalità, provare a giocarci le nostre chance. La squadra è competitiva, si deve provare a fare qualcosa. 

Nel frattempo a inizio agosto hai avuto modo di correre con i colori che ti accompagneranno nel salto tra gli under 23…

Sono andato in Belgio, alla Aubel-Thimister-Stavelot, con la Cannibal Victorious, team juniores del Bahrain Victorious. Il prossimo anno passerò U23 con il loro devo team ed è stata una bellissima esperienza. Ora penso al mondiale e a conquistare un posto per l’europeo, poi guarderò al 2026. Ci sarà da lavorare tanto ma credo di essere pronto.

Il Rwanda di Sambinello: «Un’esperienza di vita che rifarei»

04.03.2025
6 min
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Il Tour du Rwanda si è concluso ed ha attirato tante attenzioni. Più che sulla corsa, gli occhi dei curiosi erano concentrati sul fatto che il Paese africano ospiterà i prossimi mondiali di ciclismo. Tante voci si sono susseguite a proposito della corsa iridata, dal fatto che non si sarebbe corsa per motivi di sicurezza alle smentite di questi giorni. La nostra curiosità, invece, era legata a questa gara a tappe e all’ambiente che lo circonda. Uno dei due italiani presenti sulle strade del Rwanda era Enea Sambinello, atleta del devo team del UAE Team Emirates-XRG. Per lui questo è stato il settimo appuntamento stagionale dopo le sei corse fatte tra Spagna e Portogallo (in apertura foto Tour du Rwanda). 

Per Sambinello questa è stata la prima gara disputata con il devo team (foto Tour du Rwanda)
Per Sambinello questa è stata la prima gara disputata con il devo team (foto Tour du Rwanda)

Malanni a parte

Un viaggio durato cinque delle sette tappe previste attraverso gli scenari che ospiteranno il campionato del mondo 2025. Per arrivare a Kigali, capitale del Rwanda, Sambinello ha impiegato otto ore e mezza di aereo con partenza da Parigi. Il ritorno, avvenuto la notte scorsa, lo ha riportato nella capitale francese. Da lì poi Sambinello volerà a Nizza e poi si sposterà al Trofeo Laigueglia.

«Sono stati giorni un po’ così – racconta quando ancora è in hotel a Kigali – a causa di un virus che mi ha debilitato. Non ho preso parte alle ultime due frazioni, quelle che si svolgevano sul percorso dei prossimi mondiali. Ancora non abbiamo capito quale sia stata la causa del virus, ma l’importante è che sia passato. Tra venerdì e sabato non ho chiuso occhio, la mattina era sfinito. Il medico della squadra, che per la trasferta ci ha seguito, mi ha dato un antibiotico e mi sono ripreso abbastanza velocemente».

Per il resto in Rwanda com’è andata?

Ho sofferto il caldo e l’altura. Specialmente le alte temperature che sono sempre state molto alte, c’erano tra i 30 e i 35 gradi centigradi. Non ho performato come avrei voluto, ognuno reagisce a modo suo.

A che quota eravate?

Dipende un po’ dalle zone del Paese. A Kigali abbiamo dormito intorno ai 2.000 metri. In certe tappe siamo arrivati oltre i 2.600 metri di quota e tante volte abbiamo scollinato salite con quota superiore ai 2.000 metri. Non ho mai fatto grandi sforzi in altura, ed è una cosa che mi manca. L’anno scorso per preparare il mondiale di Zurigo sono stato a Livigno ma abbiamo sempre lavorato a intensità relativa.  

Al Tour du Rwanda i ritmi erano alti?

E’ stata una corsa molto diversa da quelle a cui sono stato abituato fino ad ora. Qui le grandi squadre avevano tutte un velocista di riferimento e quindi tendevano ad abbassare i ritmi. Solamente noi e i ragazzi del devo team della Picnic PostNL abbiamo provato a movimentare la situazione. I numeri sul computerino erano bassi, ovviamente è una cosa legata all’altura. Le uniche due tappe in cui siamo andati davvero forte sono state la quarta e la quinta. 

Una corsa impegnativa a livello altimetrico?

Sicuramente quella con più dislivello che ho fatto in tutta la mia vita. A parità di dislivello ce ne siamo accorti un po’ meno rispetto a quando corriamo in Europa. Questo perché non c’è tanta pianura, quindi o si sale o si scende. In media facevamo tra i 2.000 e i 2.500 metri di dislivello. La tappa regina ne aveva 3.700. Il tutto con chilometraggi abbastanza ridotti, sempre compresi tra i 120 e i 150 chilometri.

Le salite come sono?

Bisogna partire dal presupposto che le strade sono tutte statali con la carreggiata larga e l’asfalto perfetto. Anche questo particolare riduce la percezione della fatica. Quando ti trovi a pedalare su tratti all’8 per cento di pendenza ma con l’asfalto favorevole è diverso. Da noi, al contrario, ti ritrovi su una strada stretta e mal ridotta e questo fa tanta differenza

Le strade sono sempre in perfette perfette condizioni (foto Tour du Rwanda)
Le strade sono sempre in perfette perfette condizioni (foto Tour du Rwanda)
Di pubblico ce n’era tanto?

Tantissimo. Diverso rispetto a quello a cui siamo abituati di solito perché non sono appassionati di ciclismo ma curiosi. E’ un paesaggio particolare, nel quale si attraversa una foresta e ogni due o tre chilometri ti trovi un villaggio pieno di gente sulle strade. In particolare bambini. Vi racconto un aneddoto. 

Dicci.

Non riguarda direttamente me ma un massaggiatore del team. La sera dopo la tappa è andato a correre e lo stavano seguendo tanti bambini. Ad un certo punto si è accorto che uno di loro aveva delle scarpe ai piedi, era l’unico. Però erano slacciate, nel fargli il nodo il bambino lo guardava ammirato e appena fatto non ha smesso di ringraziarlo. Da un lato è un gesto che magari può anche far sorridere però ti lascia qualcosa dentro. 

Entri in contatto con un mondo totalmente diverso…

E anche i valori cambiano. In questi giorni ho visto spesso delle persone, dei bambini, che per una borraccia vuota ti fanno un sorriso enorme. Per loro ha un valore altissimo, ma non perché siano tifosi, ma per il significato che questa gara rappresenta per loro. E’ una novità, un qualcosa che li incuriosisce. Dopo un’esperienza del genere cambia un po’ la percezione di cosa sono le cose importanti. 

Com’è il Rwanda al di fuori della capitale, Kigali?

Verde, anzi verdissimo. Poi ci sono dei posti immersi nella natura incontaminata. Durante la quinta tappa siamo passati in un parco naturale e c’erano dei posti che tra una fatica e l’altra ho alzato lo sguardo e sono rimasto a bocca aperta. Nelle città c’era tanta diversità rispetto agli hotel in cui eravamo noi che comunque erano di buonissimo livello. Nelle città intorno comunque c’è molta povertà, cosa che si trova meno a Kigali. Comunque è un’esperienza di vita che vale la pena vivere, sono contento di essere venuto.