Trasferta alla Philippe Gilbert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Florio Santin, Ivan Ravaioli, foto di gruppo

Quattro del Caneva alla Philippe Gilbert: Ravaioli racconta

12.10.2025
7 min
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Quattro ragazzi dal Friuli con il loro direttore sportivo si sono cimentati la scorsa settimana con la Philippe Gilbert Juniors. Due giorni di gara sulle strade della Liegi, volute dal campione belga che di recente è entrato con mani e piedi nell’organizzazione. E’ la storia della Gottardo Giochi-Caneva, che con il direttore sportivo Ivan Ravaioli è andata a toccare con mano le strade su cui il ciclismo scrive ogni anno pagine indimenticabili e ne è tornata con gli occhi che brillavano.

Niente di facile, ma una grande avventura. Soltanto due di loro l’hanno conclusa, gli altri hanno capito che su quelle cotés e con quel tempo da lupi, il ciclismo è un affare serio. A volerli al Nord è stato Florio Santin, italo-belga originario del Friuli, che fino a un paio di giorni prima della corsa era in giro per l’Italia con sua moglie e ha chiuso la vacanza bevendo spritz nella piazza di Sacile. Quello che anni fa fondò il club di Bettini, che poi fu ereditato da Visconti e ora da Busatto. Grazie a lui nel 2025 la VF Group Bardiani ha corso la Fleche Ardennaise U23. Il Team Tiepolo la Aubel-Thimister-Stavelot Juniors. La Gottardo Caneva è stata alla Philippe Gilbert Juniors. E per contro la VC Ardennes è venuta in Italia per la Quattro Giorni di Fiumane, in Friuli.

Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Florio Santin, Philippe Gilbert, Ivan Ravaioli
Philippe Gilbert è parte attiva nell’organizzazione della corsa per juniores che porta il suo nome. Qui con Santin e Ravaioli
Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Florio Santin, Philippe Gilbert, Ivan Ravaioli
Philippe Gilbert è parte attiva nell’organizzazione della corsa per juniores che porta il suo nome. Qui con Santin e Ravaioli

In cerca di squadra

Ravaioli racconta e le parole si sposano con quanto spiegato a inizio stagione. Ha appena recuperato l’ammiraglia e ha già la testa alla prossima corsa e alla squadra del 2026. Dei suoi corridori di quest’anno soltanto Cobalchini ha trovato un posto per il 2026, passando professionista alla MBH Bank-Ballan. Si sta lavorando per dare una chance a Portello, che ha vinto il Trofeo Sportivi di San Martino. Mentre Da Rios tornerà a fare cross sperando di farsi notare. E’ già difficile trovare una squadra negli juniores, quasi impossibile fra gli U23, perché ne sono rimaste poche e sono tutte a pieno organico. Andare all’estero significa alzare il valore dei propri atleti, ma le certezze sono davvero poche.

«Non vedevo l’ora di portare su i ragazzi – racconta Ravaioli – avremmo voluto farlo anche l’anno scorso. E’ chiaro che il Belgio è il Belgio. Però penso che correre in qualsiasi altro Paese, che sia la Francia, l’Olanda o la Repubblica Ceca, sia utilissimo. Vorremmo fare una trasferta del genere ogni anno, per misurarci con corridori stranieri e su percorsi di un certo tipo. Sapevo che le tappe gli sarebbero piaciute e il campo dei partenti era notevole. C’era anche il campione del mondo, che non ha vinto e ha dovuto accontentarsi del quarto posto nella seconda tappa. Per come ha vinto il mondiale, vuol dire che il livello alla Philippe Gilbert proprio scarso non era…».

Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Nicola Padovan indossa la maglia dei giovani dopo il 6° posto nella prima tappa
Prima tappa a La Gleize, Padovan centra il sesto posto. Per lui la maglia bianca dei giovani
Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Nicola Padovan indossa la maglia dei giovani dopo il 6° posto nella prima tappa
Prima tappa a La Gleize, Padovan centra il sesto posto. Per lui la maglia bianca dei giovani
Perché hai detto che i percorsi gli sono piaciuti?

Li ho visti contenti. Scendevano dalla bici e le prime parole che gli venivano fuori dalla bocca erano: «Che figata di percorsi! Che bello correre così, non mollano mai». Anche se avevano preso acqua, pioggia e freddo per 110 chilometri. Sicuramente sono stati contenti, sicuramente hanno imparato, sicuramente sono cresciuti, quindi l’esperienza è stata super positiva.

Che percorsi avete trovato?

Il primo giorno, da Aywaylle a La Gleize, c’era un percorso misto perché lassù, come sapete bene, di pianura vera e propria ce n’è poca. Gli anni scorsi era sempre finita con la volata di 40-50 corridori, anche se gli ultimi 8-9 chilometri, che si facevano tre volte, tiravano tutti in su. Era una salita da oltre 30 all’ora e sono arrivati effettivamente 50 corridori in volata. Nicola Padovan ha corso bene, ha tenuto duro perché quelle sono le sue corse. Ha fatto la volata e ha trovato il sesto posto che gli è valso la maglia dei giorvani del primo giorno.

La seconda tappa?

Ancora da Aywaylle (dove ha sede il fan club di Gilbert e dove è cresciuto, ndr) e fino a Remouchamps. Giù fino a Bastogne, poi giro di boa e sette cotés in fila. Nel finale si faceva una volta la Redoute, in cima si svoltava a destra nella discesa e poi si ripeteva, con l’arrivo a metà salita, dove c’è la lapide che la celebra. Sono arrivati uno per angolo, perché la Redoute dopo 120 chilometri e 1.300 metri di dislivello ha fatto il disastro. E ugualmente, dopo l’arrivo hanno detto: «Oh, non siamo andati bene, ma è stata una figata». La Redoute l’avevano vista solo in televisione ed era la prima volta che andavano in Belgio.

La Redoute è sempre stata la salita di casa di Gilbert, che qui la prova nel 2022 alla sua ultima Liegi
La Redoute è sempre stata la salita di casa di Gilbert, che qui la prova nel 2022 alla sua ultima Liegi
Gilbert si è fatto vedere?

E’ stato sempre presente. Si dà un gran daffare a livello organizzativo, cosa che fino a che correva (Gilbert si è ritirato nel 2022, ndr) non poteva e si occupavano di tutto i suoi due fratelli e i suoi genitori. Invece adesso la mattina era alle riunioni tecniche a prendere i numeri delle ammiraglie da consegnare ai direttori sportivi. Caricava i rifornimenti per gli addetti agli incroci. Ha seguito tutte le tappe facendo 7-8 tagli per vedere i ragazzi in più punti. Non è mancato a una premiazione. Diciamo che ha tempo e vuole essere presente per far crescere ancora di più la gara.

Tu da direttore sportivo che idea ti sei fatto?

Ho visto quello che sapevo già, nel senso che bisogna lavorare sull’adattarsi a qualsiasi tipo di condizione. Una situazione di gara, il meteo, gli imprevisti che succedono in corsa. Gli stranieri, da questo lato, sono un po’ più pronti dei nostri ragazzi.

Che cosa manca ai nostri?

Il corridore italiano ormai è molto schematico e ripetitivo nella sua routine. Ha i suoi allenamenti, il suo giretto del sabato o comunque del giorno prima della gara, il suo mangiare. Invece all’estero devi saperti anche adattare. Non è detto che trovi il ristorante italiano, anche se noi l’abbiamo trovato. Non è detto però che ti faccia la pasta De Cecco, con l’olio d’oliva e il grana. Devi mangiare quello che c’è e a volte fanno fatica. Ormai sin da esordienti hanno i loro rituali e quando arrivano negli juniores sono un po’ robotizzati. Quindi il fatto di farli vivere per qualche giorno anche fuori dal giardino di casa, pur senza fargli mancare niente, serve perché aprano gli occhi.

Senza fargli mancare niente?

Il sabato sono arrivato a cena mezz’ora dopo, perché ero in giro in un paesino a cercare una lavasciuga a monete per lavargli la roba. Io ho trovato la lavatrice il primo anno da professionista, ma nei quattro anni da under 23 mi lavavo tutto nel lavandino e poi stendevo fuori dalla finestra oppure arrotolavo nell’asciugamano, perché si asciugasse prima. Sono storie di 30 anni fa, se posso fargli risparmiare il tempo del bucato dopo una tappa sotto la pioggia, lo faccio volentieri. Però non siamo a casa e la routine viene un po’ a mancare. E per me non è una pecca, non è un danno, è una crescita per questi ragazzi che hanno 17-18 anni.

Eravate gli unici italiani?

Eravamo l’unica squadra italiana e in una mista con fra Team Cannibal e Bahrain, c’era Pietro Solavaggione del Team Giorgi.

C’era pubblico?

Pochissimo il sabato, poco la domenica durante la tappa. Invece c’era tanta gente sulla Redoute. Ero in ammiraglia con Florio e a un certo punto ha detto: «Cavoli, sembra di essere quasi alla Liegi, perché c’è davvero tantissima gente». E’ chiaro che vedendoli più volte ed essendoci l’arrivo, il richiamo è stato irresistibile.

Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Philippe Gilbert firma la maglia della Gottardo Giochi-Caneva
Non si poteva ripartire da Belgio senza l’autografo di Gilbert sulla maglia della squadra
Trasferta alla Philippe Gilnert Juniors per la Gottardo Giochi-Caneva, ottobre 2025, Philippe Gilbert firma la maglia della Gottardo Giochi-Caneva
Non si poteva ripartire da Belgio senza l’autografo di Gilbert sulla maglia della squadra
Bilancio finale?

Torneremo, se lassù o altrove non lo so. Chi smetterà, perché sicuramente non tutti potranno continuare, avrà fatto un’esperienza che secondo me si ricorderà anche da grande. Chi proseguirà avrà arricchito il suo bagaglio.

Il grosso scoglio per certe trasferte sono i costi: siete stati ospitati oppure avete dovuto pagare tutto?

Tutto a costo del Caneva, chiaramente appoggiato dagli sponsor. Uno di loro ha contribuito maggiormente per questa trasferta, perché ha capito che era una cosa giusta da fare e che dava valore all’intera società. Ha pagato tutto il Caneva con gli amici sponsor al fianco.

Il ciclismo del Caneva: un po’ per fatica e un po’ per gioco

14.01.2025
8 min
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Qualche anno fa, ci rendemmo conto che in ogni intervista Alejandro Valverde continuava a tirar fuori la stessa espressione: «Disfruta de la bicicleta» che in qualche modo significa godersi la bicicletta, divertirsi a praticare lo sport. E’ una frase che per chi scrive è sempre stata alla base della longevità dello spagnolo. Per questo quando qualche giorno fa ci siamo imbattuti in un post su Facebook della Gottardo Giochi Caneva, un passaggio ci ha riportato alla memoria le parole del grande spagnolo. «In questi giorni – si legge – i gialloneri hanno alternato uscite in bicicletta ad attività ludiche con l’intento di mettere chilometri sulle gambe e cementare lo spirito di gruppo. Chilometri, sedute di yoga e torneo di padel hanno riempito le giornate dei gialloneri».

L’ammiraglio Ravaioli

In questi anni di juniores inquadrati e sollecitati ai massimi livelli, il concetto di attività ludica ha richiamato l’attenzione. E dato che il direttore sportivo della squadra friulana è un vecchio amico e spirito libero del ciclismo come Ivan Ravaioli, lo abbiamo contattato per farci raccontare questa dimensione e il suo approccio da direttore sportivo con questo piccolo/grande ciclismo. Ivan, classe 1980, è stato professionista dal 2003 al 2006 e poi ha corso nel circuito della Red Hook su bici fixed.

«Ho sempre pensato che correre in bici, avendolo fatto – dice il romagnolo ormai adottato dal Veneto e tecnico della Gottardo Caneva – sia molto faticoso. Oggi la categoria juniores è diventata molto, molto, molto esigente. Praticamente sono gli under 23 di quando correvo io e forse anche di più. Pretende professionalità, impegno, dedizione e ore di allenamento. C’è già chi ha il mental coach, chi ha il preparatore, chi ha il nutrizionista… Insomma siamo arrivati ad un livello molto serio, però gli anni che questi ragazzi hanno potenzialmente davanti sono sempre gli stessi che avevamo noi. Se un ragazzo merita e da grande farà il corridore, avrà davanti 10-15 anni. Quindi io dico: okay essere seri, impegnarsi, allenarsi, mangiare bene e fare la vita, ma andare avanti è difficile. E allora dall’anno scorso, il mio primo anno con loro, ho sempre cercato e cercherò anche in futuro di trovare un modo divertente per fare le cose sul serio».

Nel 2017, Ravaioli ha corso nel circuito Red Hook. Dallo scorso anno è alla Gottardo Caneva (foto Team Cinelli Chrome)
Nel 2017, Ravaioli ha corso nel circuito Red Hook. Dallo scorso anno è alla Gottardo Caneva (foto Team Cinelli Chrome)
Come si fa?

Il lavoro in palestra si può fare in maniera monotona e, se vogliamo, anche un po’ triste. Vai in palestra da solo, ti metti le tue cuffiette, fai le tue ripetute, i tuoi squat, leg extension, la pump, lo stretching. Stai lì dentro per due ore, fai tutto quello che devi fare, però la testa non si è divertita. Allora l’anno scorso, per fare un esempio, durante il primo ritiro di gennaio abbiamo fatto una giornata in campo di addestramento militare all’aperto. Abbiamo fatto più o meno le stesse cose che fai in palestra, forse anche più impegnative a livello fisico. I ragazzi si sono sfidati uno contro uno, tre contro tre, squadre da quattro, squadre da cinque. Insomma abbiamo passato due ore in cui la testa non si è impegnata nel lavoro specifico, ma il fisico sì.

Abbiamo letto del padel…

Va di moda, i Carera l’hanno proposto nella festa con Pogacar e i ragazzi guardano i social. Allora dato che mia moglie ci gioca da un po’ di mesi e io sono andato qualche volta a giocare con lei, mi è sembrata una cosa divertente. E’ comunque un’attività fisica e quindi l’ho voluta inserire nel ritiro. L’anno scorso addirittura avevamo fatto anche una giornata di noleggio e-bike, le mountain bike elettriche.

Una briscola nel ritiro della Gottardo Caneva: si fa gruppo anche così
Una briscola nel ritiro della Gottardo Caneva: si fa gruppo anche così
Come è andata?

Un profano può pensare che non abbiano fatto fatica, io però ho fatto mettere il cardio a 3-4 ragazzi e dopo 4 ore, quando abbiamo finito le batterie, più di un ragazzo è arrivato alla fine del giro con 158-160 battiti medi. Secondo me ci sono modi per rendere le cose divertenti, ma facendole comunque in maniera seria e professionale. Lo stesso discorso può valere per le ripetute, per una salita fatta in soglia o fuori soglia.

Possono essere divertenti anche quelle?

Il preparatore ti dà tre minuti così, due minuti in alto modo e va bene per far capire ai ragazzi come dovranno lavorare negli anni successivi se continueranno a correre. Però più o meno la stessa cosa la posso fare in altro modo, magari mettendo un premio in cima alla salita su cui fai le ripetute. I ragazzi lavorano spesso da soli. Hanno il loro preparatore e difficilmente durante la settimana si riesce ad allenarsi tutti insieme. La domenica però cerco di farmeli lasciare, in modo da lavorarci in modo meno schematico. Domenica abbiamo fatto quattro ore che potevano essere pesanti per la testa, se fatte seguendo delle tabelle. Invece fatte giocando fra loro, hanno speso, ma la testa non ne ha risentito.

Le strade sono sporche, ma sguazzare nel fango non è il sogno di ogni bambino? In bici, non si cresce mai del tutto
Le strade sono sporche, ma sguazzare nel fango non è il sogno di ogni bambino? In bici, non si cresce mai del tutto
Che rapporto hai con i loro preparatori?

Mi sono accorto da subito che gli juniores e gli under 23 che ho fatto io non hanno nulla in comune con quello che hanno ora. Da junior, io prendevo la bici 2-3 volte a settimana. E da U23 mi allenavo a intensità inferiori a quelle degli attuali juniores, si faceva tanto fondo. Se vedi la tabella di uno junior di oggi, prendi paura. E io sto cercando di fargli vivere due anni nel modo più bello possibile. A volte anche con il rigore che serve, ma in modo leggero. Mi affido molto ai preparatori. Credevo che la mia esperienza sarebbe bastata anche per la preparazione, invece non mi ero reso conto che il ciclismo fosse cambiato così tanto. E così ho capito che il direttore sportivo ha un ruolo ridimensionato per quanto riguarda la preparazione, mentre lavora di più sul lato mentale per spronarli. Chi con una parolina, chi con una carezza, chi battendo il pugno sul tavolo. Il lavoro del direttore sportivo non è diminuito, è solo cambiato.

Esci mai in bici con i ragazzi?

La testa vorrebbe uscire tutti i giorni con loro, il fisico monterebbe in macchina e questa lotta va a periodi. L’anno scorso durante le ferie di Natale ho ripreso a pedalare e a gennaio e febbraio sono andato per due mesi con loro. Non pretendo di arrivare in cima alle salite con il primo, mi basta arrivare a tiro dell’ultimo in modo da non farli aspettare tanto. E poi in pianura in un qualche modo ci si arrangia. Quest’anno sto facendo la stessa cosa e vedo che ogni allenamento vado sempre meglio.

Riccardo Da Rios, classe 2007, è un secondo anno della Gottardo Caneva. Nel 2024 alcuni interessanti piazzamenti
Riccardo Da Rios, classe 2007, è un secondo anno della Gottardo Caneva. Nel 2024 alcuni interessanti piazzamenti
Uscire con loro ti dà qualche ritorno?

Mi piace e mi fa star bene, non lo nascondo. E poi secondo me stando in bici con loro, vedi qualcosa che dall’ammiraglia ti sfugge. In più, spesso un allenamento di 3-4 ore mi consente di risparmiarmi un sacco di telefonate. Dieci minuti in coppia con uno, dieci minuti con l’altro e si tirano fuori un sacco di argomenti. In più riesco a intervenire in tempo reale, magari le dinamiche di una doppia fila, come si fa il treno. Io mi metto a ruota, chiaramente finché ce la faccio, vedo come lavorano e come svolgono il compito che gli viene assegnato, quindi secondo me è utile. Alcuni direttori sportivi non sono favorevoli, però io vado avanti con la mia testa e penso che sia utile.

Il tuo direttore sportivo alla Zalf, Luciano Rui, ha sempre interpretato il ciclismo cercando anche il divertimento. Qualcosa che porti con te?

Un anno ho fatto un post su Facebook dove ho ringraziato lui, Angelo Gentilini, il mio direttore sportivo da junior e un’altra persona. Sono le tre persone che mi hanno insegnato tantissimo, sia a livello ciclistico ma soprattutto a livello umano. Io cerco di prendere il buono da ogni persona che incontro nella mia vita. In quei quattro anni che ho passato alla Zalf Fior, Ciano per me è stato quasi un secondo padre. Sono andato da Faenza a Castelfranco Veneto che avevo 18 anni, non era semplice. Mi sono affidato molto a lui e mi è stato d’aiuto anche dopo che è finita la storia con la Zalf, soprattutto quando ho smesso di correre.

Si gettano le basi della stagione, ma a febbraio la Gottardo Caneva volerà a Calpe
Si gettano le basi della stagione, ma a febbraio la Gottardo Caneva volerà a Calpe
Come?

Io non ho smesso per scelta mia, ma ho smesso per scelta d’altri e non è stata una cosa semplice da metabolizzare. Mi ricordo benissimo che ho chiamato Ciano e ci siamo visti, dato che abita a dieci chilometri da me. Ci siamo trovati una sera e mi è stato tanto vicino. Ciano è una persona importante, lo è stato e lo è tuttora, perché ogni tanto quando voglio fare una chiacchierata su certe cose delicate, lui è sempre presente. Quei quattro anni sono stati importanti, mi hanno permesso di fare dei risultati negli U23 e a passare professionista. Il fatto che la Zalf abbia chiuso è stata la fine di un cammino di 40 anni. Probabilmente non hanno capito il cambio di passo che c’è stato 4-5 anni fa.

L’anno scorso a febbraio andaste in Sicilia, quest’anno a Calpe: come mai?

L’esperienza in Sicilia è stata bella, perché avevo tre o quattro ragazzi che addirittura non avevano mai preso l’aereo. Anche quella per dei ragazzi di 17-18 anni è un’esperienza di vita. Quest’anno abbiamo deciso di cambiare e andare a Calpe, per dare loro qualcosina in più a livello mentale. Calpe è diventata molto famosa perché tutti i pro’ vanno là, così abbiamo deciso di fare questo sforzo per dargli questa ulteriore possibilità. Quindi dal 28 febbraio al 6 di marzo, durante la settimana delle vacanze di Carnevale, saremo in Spagna. E poi sarà tempo di cominciare con le corse.

Caneva in Sicilia: un’esperienza di vita, non solo allenamenti

18.02.2024
7 min
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Dalla pianura di Pordenone alle coste agrigentine di Licata, il Gottardo Giochi Caneva ha attraversato tutto lo Stivale italiano per svolgere il proprio ritiro. Una trasferta in Sicilia per la formazione juniores che non è servita solo per incamerare centinaia di chilometri nelle gambe in vista dell’imminente inizio di stagione, ma anche per far vivere ai propri ragazzi una esperienza di vita.

La scelta della destinazione, il viaggio fatto in due gruppi ed in due modi differenti, la giornata tra bici, studio ed escursioni. Il Caneva ha sfruttato appieno la settimana di Carnevale per scoprire qualcosa in più del proprio gruppo ed anche farsi conoscere. Ne abbiamo parlato con Michele Biz, presidente del team giallonero e figlio dello storico patron Gianni, ed Ivan Ravaioli, nuovo diesse ed ex pro’ di Mercatone Uno, Barloworld e Saunier Duval.

Il Caneva è stato ricevuto dall’amministrazione comunale di Licata. Qui l’assessore allo sport Maria Sitibondo e il diesse Ivan Ravaioli alla sua sinistra
Il Caneva è stato ricevuto dall’amministrazione comunale di Licata. Qui l’assessore allo sport Maria Sitibondo e il diesse Ivan Ravaioli alla sua sinistra

“Gemellaggio” siciliano

Dopo la morte del padre nel 2012, Michele ha assunto la guida della società mantenendo la stessa filosofia che aveva accompagnato i trionfi del Caneva negli anni Novanta e Duemila. L’anno scorso hanno celebrato i sessant’anni di attività e quest’anno si sono concessi un ritiro “stellato” in Sicilia (e capirete perché), quasi fosse un gemellaggio tra il loro Comune e quello che li ha ospitati.

«Avevamo già messo in programma di fare un ritiro durante il periodo di Carnevale – racconta Michele Biz – visto che le scuole osservavano diversi giorni di chiusura. Siamo stati via da venerdì 9 a mercoledì 14 febbraio, quindi i nostri ragazzi alla fine hanno fatto solo due giorni di assenza. E’ stato un ritiro a metà tra il turistico e l’agonistico, se così possiamo dire. Abbiamo trovato un’ospitalità che solo in Sicilia si può trovare, venendo ricevuti addirittura dall’Amministrazione locale. Per noi è stato un motivo di orgoglio e chissà che non sia nato qualcosa per il futuro».

I tredici juniores del Caneva ogni giorno facevano tra le tre e le cinque ore di allenamento
I tredici juniores del Caneva ogni giorno facevano tra le tre e le cinque ore di allenamento

«La scelta di andare a Licata – prosegue – è stata quasi un caso. Il nostro vicepresidente ha un collega di lavoro di quella zona che gli aveva suggerito che una struttura alberghiera con prezzi davvero vantaggiosi, dato anche il periodo di bassa stagione. Ci abbiamo riflettuto e così abbiamo prenotato quasi tutti gli appartamenti che avevano a disposizione.

«Una volta laggiù – continua – abbiamo poi voluto godere della loro cultura al di fuori degli allenamenti. Non siamo solo andati alla scoperta della zona, ma abbiamo voluto anche assaggiare la loro cucina. E chi meglio di Pino Cuttaia, chef stellato, poteva farcela provare? Lui ci ha preparato la tipica colazione siciliana, raccontandocene la tradizione. E pensate che Pino è un grande appassionato di ciclismo. Ci raccontava che quando lavorava negli hotel in Piemonte negli anni Novanta, durante i Giri d’Italia aveva avuto come clienti Bugno, Indurain ed altri corridori di quel periodo. Infatti le domande che ha fatto ai ragazzi o sulle nostre bici erano molto mirate. E’ stato davvero un piacere conoscerlo e i ragazzi si sono divertiti».

Il Caneva è stato ospite per colazione all’Uovo di Seppia, il locale gestito dallo chef stellato Pino Cuttaia, appassionato di ciclismo
Il Caneva è stato ospite per colazione all’Uovo di Seppia, il locale gestito dallo chef stellato Pino Cuttaia, appassionato di ciclismo

Caneva-Licata andata e ritorno

Uno degli aspetti più belli e curiosi di una trasferta è il viaggio. Per abbattere la distanza tra Friuli e Sicilia c’è l’aereo, però non è l’unico modo per farlo. La squadra giallonera si è attrezzata con dovizia di particolari.

«Tra Caneva e Licata – va avanti Michele Biz – ci sono 1.600 chilometri e quindici ore di auto. Ci siamo organizzati bene per fare tutta una tirata in giornata. Due furgoni con tre persone a bordo, che si davano il cambio alla guida, hanno raggiunto i tredici ragazzi e i tre diesse che avevano preso il volo Bologna-Catania. All’andata hanno rischiato di non partire per uno sciopero del personale di terra. Poi grazie alla nostra agente viaggi e ad una serie di telefonate per sincerarci che tutto fosse sicuro, la squadra è partita. Questo episodio fa parte della tradizione Caneva e l’ho preso da esempio per insegnare ai ragazzi che bisogna lavorare perché le cose vadano bene. Proprio come si deve fare in bici».

Il Caneva in Sicilia a parte il primo giorno di pioggia, ha sempre trovato una clima buono per allenarsi
Il Caneva in Sicilia a parte il primo giorno di pioggia, ha sempre trovato una clima buono per allenarsi

«Questo viaggio – aggiunge Ivan Ravaioli – è stato davvero un’esperienza di vita per i ragazzi. Alcuni di loro non avevano mai preso l’aereo e farlo con i propri amici e compagni è stato ancora più bello. Ma non è finita lì. Una volta atterrati a Catania, abbiamo preso un mezzo pubblico per arrivare a destinazione. All’uscita dell’aeroporto c’è proprio un pullman di linea che va diretto a Licata. E’ stato un modo per immergerci già nel clima siciliano e vedere fuori dal finestrino dove saremmo stati per sei giorni».

La giornata dei gialloneri

Le gare sono all’orizzonte e il Caneva ha macinato chilometri attorno a Licata. Quest’anno a guidare la squadra è arrivato Ivan Ravaioli, che ha preso il patentino da diesse proprio negli ultimi mesi. Per sua stessa ammissione, lui vuole improntare sul dialogo il rapporto con i suoi ragazzi. Parlare con ognuno di loro sugli obiettivi da raggiungere e poi studiare la strategia per centrarlo. Certo, poi c’è il passato da pro’ che tornerà utile da trasmettere.

«Abbiamo fatto una buona settimana di bici – spiega Ravaioli – grazie al clima. Solo il primo giorno abbiamo preso la pioggia, rientrando un po’ sporchi perché avevamo scelto strade sconosciute. Nei giorni successivi invece abbiamo programmato percorsi più precisi. A seconda dei lavori, facevamo sempre dalle tre alle cinque ore di allenamento a cavallo del mezzogiorno. Questo ritiro lo abbiamo dedicato all’intensità per cercare il ritmo-gara. Quando tornavamo nei nostri appartamenti, i ragazzi avevano qualche ora libera per studiare e poi di nuovo tutti assieme per andare a visitare la città. Altri due passi dopo cena e tutti a dormire. Questa era la nostra giornata tipo».

Il ritiro siciliano è servito al Caneva per fare intensità e trovare il ritmo gara in vista dell’inizio della stagione
Il ritiro siciliano è servito al Caneva per fare intensità e trovare il ritmo gara in vista dell’inizio della stagione

Gli obiettivi

Il soggiorno del Caneva in Sicilia è servito anche per mettere nel mirino qualche obiettivo, sia individuale sia come filosofia di squadra. La qualità per essere protagonisti non manca. De Longhi, azzurro ed argento ai tricolori di ciclocross, e Stella, quattro medaglie in pista tra europei e mondiali, sono i nomi più in vista.

«Abbiamo assemblato un gruppo – conclude Michele Biz – in modo eterogeneo, tra primi e secondi anni, tra velocisti, scalatori e passisti. Amalgameremo tutto contando anche sulla voglia di riscatto di alcuni ragazzi. Abbiamo il vantaggio che il gruppo, tra nuovi e confermati, si conosce comunque da tanto tempo, quindi sarà più facile far capire le nostre direttive. Il ritiro in Sicilia ha avuto sicuramente più aspetti positivi che negativi. Ho visto che ha fatto bene al gruppo e penso che lo ripeteremo l’anno prossimo».

«Personalmente – chiude la sua analisi Ivan Ravaioli – vorrei preparare mentalmente questi ragazzi a ciò che li attende. Metodo e programmazione dell’obiettivo sono alla base del ciclismo, specialmente quello attuale. La categoria juniores è l’anticamera del professionismo e loro devono essere pronti con la testa a fare un eventuale salto in una devo team, come succede ormai per tantissimi ragazzi.

«Naturalmente c’è anche l’aspetto tecnico da curare. Vorrei far migliorare le caratteristiche in cui sono carenti. Uno scalatore ad esempio lo porterei in pista per insegnargli come affrontare una volata ristretta. Un’altra mia idea è quella di pianificare il calendario delle gare con un mese d’anticipo tenendo conto delle prerogative fisiche dei ragazzi. Siamo tutti fiduciosi di fare bene».