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Sulle parole di Bartoli, la risposta del CT Friuli

05.03.2022
4 min
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Eravamo abbastanza sicuri che dopo l’articolo con Bartoli sul GP La Torre qualcuno ci avrebbe contattato. Pensavamo qualcuno di quelli che si era sentito defraudato dalla vittoria di Buratti, invece a scrivere è stato proprio Renzo Boscolo, direttore sportivo di Buratti e del Cycling Team Friuli.

«Ho letto il tuo articolo con l’intervista a Bartoli – c’era scritto – e credo che hai centrato il punto. Siamo appena partiti e già ci sono lamentele sulle continental. Se hai tempo e piacere, ti dirò la mia…».

Sul podio di Fucecchio, Boscolo (a sinistra) con il vincitore Buratti e il CT Friuli
Sul podio di Fucecchio, Boscolo (a sinistra) con il vincitore Buratti e il CT Friuli

Continental e U23

Il Cycling Team Friuli 2022 è composto da 15 atleti e fatto salvo Donegà e i suoi imminenti 24 anni, gli altri sono tutti nati fra il 2000 e il 2003 (un atleta del 2000, 3 del 2001, 4 del 2002, 5 del 2003), pertanto si tratta di un team under 23 a tutti gli effetti che, non avendo ancora cominciato a correre con i professionisti, aveva tutto il titolo di correre a Fucecchio. Quel che poteva fare la differenza rispetto agli atleti delle piccole squadre toscane era la qualità degli atleti, ma da quando è dannoso correre contro rivali più forti?

«Bartoli ci ha preso – dice Boscolo, subito contattato – ma francamente mi spiace perché domenica non avevo percepito i malumori. Le continental alterano il panorama nel momento in cui iniziano a fare attività con i professionisti, ma anche noi quel giorno partivamo da zero e nei primi 10 c’erano anche ragazzi di squadre più piccole. Abbiamo dovuto sudare per andare a riprendere un corridore di Chioccioli (Lucio Pierantozzi, marchigiano, in fuga per quattro giri, ndr). E soprattutto parliamo sempre di corridori giovani, il cui impegno va dosato. Non puoi mandare i primi anni al massacro. Un po’ tra i professionisti e un po’ tra i dilettanti, non è pensabile con un gruppo così giovane andare a fare esclusivamente una stagione tra i professionisti».

Al GP La Torre, quattro giri in fuga per Lucio Pierantozzi (terzo da destra, al via della Firenze-Empoli, foto Facebook)
Al GP La Torre, quattro giri in fuga per Lucio Pierantozzi (terzo da destra, al via della Firenze-Empoli, foto Facebook)

Il calendario non basta

In realtà sarebbe possibile, su questo siamo parzialmente in disaccordo, se solo il calendario fosse tale da supportare il movimento per come si va strutturando.

«Tredici continental – dice Boscolo – sono troppe e limitano la partecipazione alle corse dei professionisti. Per cui capiterà anche a noi di andare alle gare più piccole, quelle organizzate dalle società che magari domenica si sono lamentate. Noi tutti dobbiamo dire grazie a Renzo Maltinti, ad esempio, che oltre ad avere la squadra, organizza le sue corse. Il ciclismo ormai esiste soltanto in Europa, e le WorldTour ce le ritroviamo anche nelle gare 2.1.

«Ad esempio, con la nostra squadra abbiamo sempre fatto il Sibiu Tour in Romania, ma quest’anno probabilmente non riusciremo. E’ ovvio che anche io preferisca le gare internazionali, ma per ora dobbiamo tenerci stretto il calendario italiano, che è apprezzato anche dalle squadre straniere. Gli sloveni ad esempio se non venissero di qua, non potrebbero garantire una grande attività ai loro ragazzi».

Al Sibiu Tour 2021, Fran Miholjevic in fuga con Aru: il confronto con i più forti fa crescere
Al Sibiu Tour 2021, Fran Miholjevic in fuga con Aru: il confronto con i più forti fa crescere

Guardiamo all’estero

Il punto debole dello sviluppo è infatti il calendario dei professionisti, che non riesce a strutturarsi in modo da concedere spazio a tutti.

«Agli organizzatori – dice Boscolo – interessano le WorldTour e le professional, non mi immagino una Coppi e Bartali con 13 continental italiane. Ma se ci guardiamo intorno, si vede che in Europa le squadre dei dilettanti corrono regolarmente fra le continental e le professional. Adesso va di moda portarli all’estero, dopo che per anni si è detto che così si cresce. Ma se vai fuori a fare figuracce, forse è bene che stai a casa. Per questo 13 continental sono troppe, perché non tutte hanno il livello necessario.

«Bartoli ha centrato il tema, i ragazzi devono confrontarsi con quelli più forti. Il Buratti che ha vinto La Torre, da junior non ha fatto niente. Non mi permetto di dire chi farà carriera e chi no, ma quando poi vai ai mondiali o all’estero, contro questi devi correre. Questi devi battere. Se ci provi tutto l’anno, magari soffri di meno».

Un altro scatto alla Bartoli su under 23 e certe abitudini

03.03.2022
5 min
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Proviamo a cambiare prospettiva, questa volta. E se piuttosto che un merito degli stranieri, alla base ci fosse un demerito italiano? Come mai tutti questi ragazzini prodigio vengono da oltre confine? Vuoi vedere che li avremmo anche noi, ma sbagliamo qualcosa? E’ un Bartoli bello acceso quello che si infila in questa discussione e alla fine risulterà anche piuttosto convincente.

«In Toscana siamo speciali a lamentarci – dice Michele, classe 1970 – ma quello che si è sentito dopo il Gp La Torre non si batte (corsa di Fucecchio vinta da Buratti, in apertura, ndr). Qualcuno era furioso perché sono venute le continental e hanno dominato la corsa. E’ assurdo solo pensarlo. Se ai tuoi corridori vuoi far fare uno step, hanno bisogno di confrontarsi con quelli più forti. Io a 18 anni correvo contro il Manzi che aveva sei anni più di me oppure contro Brugna, che era stato professionista e poi era tornato nei dilettanti. Come me, anche Casagrande, Fornaciari, Pantani, Belli… Tutti noi del 1970 e dintorni. Poi però appena passati vincemmo subito anche noi. E badate che non fu una casualità».

Gran festa al CT Friuli per la vittoria di Buratti a Fucecchio
Gran festa al CT Friuli per la vittoria di Buratti a Fucecchio

E vennero gli U23

Basta tornare un po’ indietro con la memoria per rivedere l’Italia dei dilettanti prima dell’avvento degli under 23. Dando un colpo al cerchio e uno alla botte, è giusto ricordare che il 1996 in cui fu istituita la nuova categoria coincise con quel pazzesco sbalzo dei valori ematici, che falsò stagioni di corse. Gli under 23 non ne furono immuni, perciò nel nome della loro salvaguardia si attuò tutta una serie di precauzioni. E da lì non ci siamo più mossi.

Al punto che oggi gli juniores stranieri e a seguire gli under 23 iniziano subito ad allenarsi da professionisti e a confrontarsi ai livelli più alti, mentre da noi permangono cautele che forse andrebbero riviste. Non per mancanza di riguardo verso gli atleti e il loro talento, ma perché il mondo è cambiato e oggi la fatica non poggia più sulla chimica. E’ lo stesso principio per cui i bambini del Nord Europa giocano scalzi sotto la pioggia, mentre i nostri vengono infagottati dalla mamma che non li fa uscire di casa.

Mondiali dilettanti 1991: Bartoli primo da destra: in quel ciclismo, il confronto con i più grandi era la regola
Mondiali dilettanti 1991: Bartoli primo da destra: in quel ciclismo, il confronto con i più grandi era la regola
Il confronto con i più forti fa bene?

Alle mie prime due corse da dilettante – ricorda Bartoli – arrivò primo Manzi e secondo io. Lui del 1964, io del 1970. Non ci dormivo la notte. Non perché mi bruciasse aver perso, ma pensando al modo in cui avrei potuto batterlo, anticiparlo, fregarlo. Se trovi i più forti, sei costretto a imparare. Cosa ti cambia se vinci una corsa battendo tre bambinetti? A chi giova?

Forse alla squadra che così sembra più appetibile per lo sponsor.

Può darsi. Il guaio è che in Italia spesso non abbiamo lo scopo di far crescere i giovani, se non per andare al bar il giorno dopo a vantarsi di aver vinto. In Toscana siamo bravi a farlo, ma probabilmente succede in tutta Italia. Solo pochi lavorano davvero bene

Di chi parli?

Della Zalf, la Colpack, il Ct Friuli e le poche squadre che comunque continuano a tirare fuori corridori.

Continental anche alla Firenze-Empoli: vince Zambelli, maglia Zalf Fior
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Secondo Bartoli, si tirano fuori corridori anche andando a fare le gare regionali?

Questo è un altro discorso e riguarda il livello dell’attività che gli fai fare. Se io avessi una continental, non andrei a La Torre, ma andrei alle corse dove ci sono corridori di valore. Se però ho una piccola squadra e mi arriva la continental, devo essere contento, perché mi si offre la possibilità di fare esperienza. Forse si dovrebbe partire dai direttori sportivi…

Come devono essere fatti?

Io ricordo di averne avuto alcuni da cui si poteva imparare davvero tanto. Il Massini, ad esempio, che è tornato indietro dalla pensione e adesso fa il diesse del Gragnano. Lui ha insegnato il ciclismo a tanti campioni. Oppure il Tortoli. Erano direttori sportivi ambiziosi, che però tutelavano sempre il corridore, non lo mandavano a fare figuracce se non stava bene. Il Tortoli era quello che segava la catena, se non stavo bene. E mi diceva di spezzarla con un calcio, così potevo fermarmi e non fare figuracce. Oggi sembrano davvero poco tutelati.

Se trovi i più forti, sei costretto a imparare: spiega, per favore.

Ti ingegni. Ti alleni di più. Io passai professionista e vinsi subito tre corse. Casagrande vinse al primo anno. Pantani ebbe una tendinite, ma al secondo anno staccò Indurain e fece podio al Giro e al Tour. Per noi fu una fortuna avere tra i piedi quei corridori di trent’anni, perché ci fecero guadagnare tempo. Invece adesso dura tutto troppo…

Perché?

Perché c’è gente che fa la squadra da anni, ma non insegna il ciclismo che c’è adesso là fuori. Invece all’estero non hanno paura di farli confrontare con i più forti e quando arrivano professionisti hanno già una marcia in più.