L’esperienza della Doni, nel WorldTour per una settimana

31.10.2023
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Tutto è nato da una foto. Era quella di Luca Vergallito insieme a Chiara Doni alla Tre Valli Varesine femminile. Ci aveva stupito alquanto la presenza di Chiara, in divisa Team Jayco-AlUla e Luca ci aveva specificato come si trattasse di uno stage di tre mesi con la formazione australiana offerto alla lombarda, anche lei protagonista dello Zwift Contest anche se fermatasi in finale. Dietro quella foto c’era una storia che vale la pena di essere raccontata, partendo non dalla stessa Chiara ma da chi ha reso possibile quel contatto: Marco Pinotti.

Chiara insieme a Luca Vergallito, con cui ha condiviso la Zwift Academy
Chiara insieme a Luca Vergallito, con cui ha condiviso la Zwift Academy

Un programma molto ridotto

«Avevo seguito con interesse la Zwift Academy e avevo saputo che, al di là della vittoria di Luca, anche la Doni era andata benissimo, vincendo addirittura alcune delle prove, ma non era poi stata selezionata soprattutto a causa dell’età. Ho guardato i numeri che aveva messo in mostra e ho chiesto un po’ in giro, nessuno aveva dato seguito alla cosa, così ho pensato che poteva essere il caso di provarla.

«Gli stagisti possono gareggiare con i team dal primo agosto – prosegue il preparatore bergamasco – il problema però è che nei tre mesi successivi il calendario del team, all’infuori delle gare WorldTour e degli impegni già calendarizzati con le atlete assunte, era molto scarno. Di fatto c’erano a disposizione solamente due date, quella del Giro dell’Emilia e della Tre Valli Varesine. Noi potevamo offrirle questo e lei ha accettato».

Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla
Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla

Le dinamiche del gruppo

Che impressione ne avete avuto? «Quella di una ragazza fisicamente molto ben preparata, addirittura sorprendente nella sua condotta di gara per un’atleta che non aveva mai avuto alcuna esperienza nel ciclismo professionistico. So che aveva fatto delle Granfondo, ma sono una cosa molto lontana dalle gare vere e proprie e lei stessa se ne è resa conto. Non nascondo anzi che alla vigilia avevo un po’ di timore perché pedalare in gruppo per chi non è abituato a farlo non è per nulla semplice, è anzi rischioso».

E Chiara come se l’è cavata? «Le sue stesse compagne di squadra sono rimaste sorprese di quel che è riuscita a fare, anche se era evidente la sua disabitudine alle dinamiche del gruppo, ancora di più alla Tre Valli che ha un percorso più difficile».

Per Chiara Doni i problemi maggiori erano nello stare in gruppo e tenere le posizioni
Per Chiara Doni i problemi maggiori erano nello stare in gruppo e tenere le posizioni

Un motore invidiabile

Perché allora la cosa non ha avuto un seguito? «Purtroppo non c’erano posti per il team principale per il 2024, con soli 16 contratti disponibili dopo la fusione con la Liv Racing. Io ho provato a spingere per aprire la possibilità di un 17° posto, ma non c’è stato nulla da fare. Forse è pesata la carta anagrafica, forse anche il suo scarso curriculum agonistico. Resto però dell’idea che se magari fosse riuscita a portare un risultato, magari una top 10 in una delle due gare, avrei avuto magari qualche carta in più da giocare per farla assumere».

L’esperienza però si acquisisce, se i numeri ci sono… «E posso assicurare che Chiara li ha, io che un po’ di occhio ce l’ho posso dire che ha uno dei motori più forti dell’intero circuito internazionale. Avrebbe bisogno di fare esperienza in una squadra più piccola, che le permettesse di fare più gare nel corso della stagione, so che qualche team era anche interessato. Ma parliamo di una ragazza che ha anche una professione avviata, deve capire lei se questi sacrifici possono essere sostenuti, se ne vale la pena. Mi dispiace sinceramente che la cosa non si sia ulteriormente concretizzata, perché di qualità ne ha e tante…».

Per Doni quest’anno la vittoria nella Granfondo di New York (foto organizzatori)
Per Doni quest’anno la vittoria nella Granfondo di New York (foto organizzatori)

Un futuro nel gravel

Sono passate le settimane, l’attività è ferma e Chiara Doni è tornata alla sua attività alla sua attività di responsabile assicurazione qualità/affari regolatori e convalida nel settore medicale, con orari di lavoro davvero molto pesanti e giornate che si concludono solo in serata. L’esperienza alla Jayco AlUla le ha fatto maturare una decisione: «Nel 2024 continuerò a correre qualche Granfondo, anche se non mi sento appartenere a quell’ambiente ed a quel tipo di gare. Inoltre, sotto la spinta ed il supporto di Swatt Club, proverò a partecipare a cimentarmi in qualche evento gravel per divertirmi e raggiungere buoni risultati».

Che esperienza è stata? «Bellissima. A cominciare dai giudizi positivi delle compagne, come la Santesteban che per me era un riferimento e una guida e che mi ha detto di essere rimasta stupita per quel che ho fatto. Effettivamente però l’esperienza conta. Faccio un esempio: quando ci si avvicinava a una rotonda, perdevo tante posizioni in gruppo perché non avevo le capacità tecniche per farmi rispettare, così poi dovevo faticare per risalire e spendevo tante energie che alla fine paghi. Magari con un pizzico di fortuna in più avrei anche portato a casa un risultato migliore, soprattutto all’Emilia».

La lombarda fra l’australiana Allen e la trinidegna Campbell. Un’esperienza indimenticabile
La lombarda al fianco di Jessica Allen, una delle colonne del team australiano

Tutto per colpa della catena…

Le immagini di quella corsa sono ancora nitide nella sua mente: «Alla prima frenata sono andata dritta e sono caduta in quanto la bici aveva alcuni problemi all’impianto frenante. Sono rientrata presto, ma l’urto aveva leggermente deformato il cambio, fatto sta che quando mettevo il 32 per andare più agile in salita la catena saltava. La prima volta ho perso 40” per riprendere il gruppo, ma alla curva delle Orfanelle è successo di nuovo e lì sono andati via oltre due minuti. Ho cambiato la bici, ma ormai era tardi per rientrare, però la gara volevo finirla».

Riprovarci? «Non avrebbe senso, metterei a rischio la mia carriera professionale di 12 anni. Fosse stato per uno stipendio nel WorldTour avrebbe avuto una ragion d’essere, altrimenti non saprei come gestire le spese. So che posso dare dai 2 ai 4 anni di attività a pieno regime, ma in un team continental non ne varrebbe la pena».

Chiara con la maglia dello Swatt Club. Quest’anno ha gareggiato anche ai mondiali Esports
Chiara con la maglia dello Swatt Club. Quest’anno ha gareggiato anche ai mondiali Esports

Il boccone amaro della Zwift Academy

L’età anche in questo caso ha pesato? «Dicono di no, ma io non posso togliermi dalla testa che abbia inciso, com’era stato al contest dov’ero stata nettamente la migliore in ogni prova, ma poi nel team hanno deciso di puntare su chi era arrivata dietro di me e quella decisione l’ho sofferta perché era stata ingiusta. Mi resta però il ricordo di una settimana bellissima, diversa dal solito, vissuta in una famiglia più che in una squadra. Qualcosa che mi ha fatto crescere come persona».

Vergallito alla Alpecin, il sogno ora è realtà. Ecco come

23.12.2022
5 min
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La grande speranza si è concretizzata. Luca Vergallito è il vincitore del concorso indetto dalla Zwift che metteva in palio un contratto da professionista all’Alpecin Deceuninck, così il venticinquenne milanese si ritrova dall’oggi al domani a essere da un semplice granfondista un pro’ a tutti gli effetti, spalla di “tale” Mathieu Van Der Poel, coronando quel sogno che aveva fin da bambino e che aveva messo nel cassetto rassegnato a non vederlo mai realizzato.

Il lungo cammino di rinascita ciclistica di Vergallito lo avevamo già raccontato, ma mancava l’ultimo capitolo, il più atteso. Tutto si è consumato al caldo della Spagna, a Denia nel primo ritiro prestagionale dell’Alpecin Deceuninck, quello al quale ha preso parte anche Van Der Poel lasciando per un po’ il ciclocross. L’azzurro era nella cinquina per un posto da pro’ e lo stesso avveniva per Chiara Doni, pronta a scattare verso un contratto con la Canyon Sram.

«I primi due giorni sono stati dedicati alle interviste, alla presentazione dei personaggi – racconta il lombardo – Non bisogna dimenticare che questo era innanzitutto un reality, con puntate preconfezionate da diffondere sui social. Abbiamo anche preso le misure alle bici Canyon che dovevamo usare. Poi sono iniziate le prove, alcune indoor basate soprattutto sulle prestazioni fisiche e i numeri, altre in compagnia dei corridori, per vedere le proprie capacità tecniche, lo stare in gruppo, la guida. Questa parte è durata 5 giorni».

La premiazione finale. Nel concorso femminile prima è risultata Alex Morrice (GBR)
La premiazione finale. Nel concorso femminile prima è risultata Alex Morrice (GBR)
Il verdetto vi è stato comunicato a fine ritiro?

Sì, ma non ufficialmente, sempre per esigenze televisive. Sapevo però di aver vinto ed è stata una forte emozione, mi sono passate nella mente tantissime immagini di questi anni, dai primi nelle categorie giovanili al mio abbandono, alla ripresa nelle granfondo. E’ stato come rivivere un lungo viaggio. Poi però la mia gioia è stata offuscata dalla delusione per la mancata vittoria di Chiara, avevamo davvero sognato insieme di riuscire nell’impresa.

Nel racconto che si desume dai social, Chiara è caduta due volte nelle sue uscite. Pensi che questo abbia influito?

Chi c’era e ha visto sa benissimo che le sue cadute non sono state colpa sua, c’è stata chi le è andata addosso. Non vorrei che passasse il messaggio che Chiara non sa guidare perché non è così, si vedevano benissimo le sue capacità di performare, anche le pro’ che erano con noi non hanno avuto che apprezzamenti positivi nei suoi confronti. Evidentemente c’era chi è stata ritenuta più adatta, tutto qui.

Vergallito con Mathieu Van Der Poel, un’accoppiata che si ripeterà nelle gare 2023 (foto Facebook)
Vergallito con Mathieu Van Der Poel, un’accoppiata che si ripeterà nelle gare 2023 (foto Facebook)
Com’è stato l’approccio con la squadra?

Ci si allenava insieme, non posso dire né che ci hanno visti come intrusi, né che si sono tutti mostrati particolarmente partecipi, anche se devo dire di aver trovato una valida spalla in Sam Gaze, il neozelandese proveniente dalla mtb con il quale ho interagito di più e che mi ha dato molti consigli, forse proprio perché venendo da un altro mondo si sentiva partecipe della nostra esperienza. Con gli altri finalisti invece abbiamo fatto gruppo.

Che effetto ti fa ora essere fra i professionisti?

E’ bellissimo, rappresenta molto per me. Devo dire che, anche quando tutto sembrava tramontato, sentivo dentro di me una vocina che mi diceva che non tutto era perduto, serviva solo l’occasione giusta. I contatti quand’ero corridore li avevo anche avuti, poi non si erano realizzati e chiaramente col passare degli anni e la ricerca spasmodica di corridori sempre più giovani sembrava impossibile riuscirci. Diciamo che ho riannodato quel filo spezzatosi anni fa.

Tu dicevi che, comunque fosse andata a finire, quest’esperienza ti sarebbe comunque servita per il tuo futuro da tecnico…

Ne sono sempre convinto, ora potrò vivere da vicino la vita di una squadra e dei corridori e imparare tantissimo, ma in questo momento sono concentrato sulla possibilità di correre, dimostrare il mio valore e confermare che la scelta fatta su di me è stata quella giusta.

Il milanese sul rullo Zwift. Sono stati oltre 160 mila i concorrenti al concorso
Il milanese sul rullo Zwift. Sono stati oltre 160 mila i concorrenti al concorso
Pensi che il tuo passato di corridore abbia influito?

Probabile. Non so che ragionamenti siano stati fatti, ma effettivamente gli altri avevano meno esperienza di me da questo punto di vista. I parametrici fisici, i numeri delle varie prove e le capacità mostrate nelle uscite sono stati gli elementi di giudizio principali, credo che alla fine abbiano visto che sono la persona più adatta per entrare nel gruppo.

Sui social la tua promozione ha scatenato un putiferio, con molti commenti positivi ma anche tanti che non hanno perso occasione per criticarti, quasi rubassi il posto a qualche giovane corridore italiano in attività…

Immaginavo che la cosa avrebbe fatto scalpore e non nego che mi abbia toccato, ho molto riflettuto anche se fosse il caso di parlarne. Viviamo un momento complesso, nel quale arrivare a un contratto da pro’ per un giovane è difficile e non so quale possa essere la soluzione per evitare che tanti talenti vadano persi. Quel che so è che la Zwift Academy non è la causa di questi problemi, è invece una strada diversa per arrivare allo stesso traguardo. Chiunque può provarci, è davvero una strada aperta a tutti, si comincia sui rulli ma poi sono tanti altri i fattori che intervengono. Non sono certamente stato preso solo perché vado forte sui rulli, come non era stato così per Jai Vine e lo ha dimostrato.

Per i finalisti prove sia su strada che in offroad, sempre ripresi dalle telecamere anche con i droni
Per i finalisti prove sia su strada che in offroad, sempre ripresi dalle telecamere anche con i droni
Quei commenti ti hanno ferito?

Non posso negarlo, ho trovato una cattiveria assurda, ingiustificata e antisportiva. Io riconosco i limiti, è un contest che parte dal lato fisico, ma poi richiede anche altro. E’ una nuova modalità di fare scouting, poi dipende tutto dalle proprie capacità, questo non cambia.

Ora che ti aspetti?

Non voglio fare previsioni, dire che gare farò o dove voglio emergere, io voglio dimostrare che posso far bene, che in questo mondo posso starci anch’io, che posso correre ed essere utile alla squadra per ripagare la fiducia che mi è stata concessa. Le gare un po’ mosse sono quelle che mi piacciono di più, ma non ho elementi per dire quel che potrò fare. Il giudice ora sarà la strada…

L’italiana di Zwift. Chiara Doni è pronta a cambiare vita

08.11.2022
5 min
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Non solo Luca Vergallito. Nella “magica decina” che si giocherà due contratti da pro’, uno per sesso, c’è anche una ragazza italiana. E la sua storia, comunque sarà la sua conclusione, deve insegnare molto. La vita può avere una svolta improvvisa in qualsiasi momento: Chiara Doni lo spera ardentemente, perché a quel contratto ci tiene tantissimo, anche se la sua vita attuale non ha nulla che non vada…

Se Vergallito è un corridore con un passato comunque di peso nel ciclismo giovanile e un presente da vincente nelle gran fondo, la Doni ha radici completamente diverse.

«Sono sempre stata appassionata di sport – racconta – ma non era il ciclismo la mia disciplina. Io correvo a piedi, amavo le mezze maratone. Molti mi chiedono che tempi avessi, ma non lo facevo per agonismo, guardando il cronometro, tanto è vero che un vero primato non ce l’ho. Poi, più di 5 anni fa, ho avuto problemi a un piede così ho dovuto smettere. E’ a quel punto che ho iniziato a usare la bici per la rieducazione».

La Doni sui rulli, ogni sistemazione può essere utile per allenarsi. Ma spesso lo fa all’aperto…
La Doni sui rulli, ogni sistemazione può essere utile per allenarsi. Ma spesso lo fa all’aperto…
Sempre sulla base non competitiva con la quale concepivi l’atletica?

Inizialmente sì, non scaricavo neanche le applicazioni. Gareggiavo a qualche gara amatoriale come non tesserata, mi piaceva il fatto di poter vedere posti che altrimenti non avrei mai visto. Poi però ho cominciato a prenderci gusto e mi sono iscritta a qualche ciclocross e a qualche gran fondo, ho visto che andavo bene tanto che nel 2019 sono giunta seconda sul percorso medio della Maratona dles Dolomites e nella GF di Nizza sono arrivata seconda alle spalle di una belga che poi sarebbe diventata professionista.

Com’è nata l’idea di Zwift?

Un anno fa sono stata contattata dal diesse del Team Castelli per gareggiare nel Team Italia nel circuito di prove virtuali. Io avevo già utilizzato la piattaforma come tanti, nel periodo del lockdown. Non nascondo che mi piaceva molto piazzare tutto l’armamentario in giardino e pedalare all’aria aperta, collegandomi con altri amici e contatti, era un modo per stare comunque insieme. Pensavo inizialmente che pedalare indoor fosse una noia, una costrizione, invece mi divertivo davvero. E poi era liberatorio anche mentalmente e psicologicamente visto il periodo.

L’atleta lombarda ama la montagna e preferisce i tracciati duri, è stata anche seconda alla Maratona
L’atleta lombarda ama la montagna e preferisce i tracciati duri, è stata anche seconda alla Maratona
Tu lavori nel settore farmaceutico: eri particolarmente impegnata in quei giorni?

Io lavoro in ortopedia, nel campo delle protesi e in quel periodo abbiamo potuto riscontrare una forte contrazione del mercato. Era tutto concentrato sul covid, ma questo ha comportato anche problemi per seguire chi aveva bisogno di assistenza per le proprie difficoltà fisiche. Non è stato un bel periodo…

Torniamo all’argomento Zwift: come ti sei ritrovata nel concorso?

Seguivo le puntate del podcast e Alessio Caggiula, il diesse, un giorno mi ha suggerito di provarci, tanto non avevo nulla da perdere. La vicinanza con Luca (Vergallito, ndr) è stata fondamentale nel cammino, ci sentivamo e organizzavamo insieme.

Chiara Doni ha vinto il Team Mixed nel Tour Transalp 2022, insieme a Francesco Visconti (foto Instagram)
Chiara Doni ha vinto il Team Mixed nel Tour Transalp 2022, insieme a Francesco Visconti (foto Instagram)
Sai quante eravate in partenza?

Non di preciso, ho sentito anche numeri astronomici, tipo 90 mila, ma non so se fossero solo donne o tutti insieme. Passata la prima scrematura, come ha raccontato Luca, anch’io sono stata contattata per inviare un mio curriculum e una serie di dati ulteriori.

Hanno voluto sapere anche del tuo passato di podista?

L’ho segnalato, non so fino a che punto possa avere influito, come anche i miei risultati nelle gran fondo. Io credo che a fare la differenza siano stati i numeri nudi e crudi, quelli del rapporto watt per chilogrammo. Siamo rimaste una ventina a partecipare a una conference call nella quale siamo state tutte intervistate, poi ho avuto notizia che eravamo in 5 a giocarci il contratto con la Canyon-Sram.

Gli allenamenti sono legati agli orari di lavoro, ma da dicembre tutto potrebbe cambiare
Gli allenamenti sono legati agli orari di lavoro, ma da dicembre tutto potrebbe cambiare
Quindi andrai anche tu alle finali nel ritiro delle squadre pro’ in Spagna…

Sì, lì faremo sia pedalate di gruppo che test specifici, ma so che valuteranno anche la nostra capacità di stare in gruppo, le nostre abilità tecniche e anche le capacità relazionali, il “fare squadra”. Io parto con molte speranze anche se so che rispetto alle altre ho minori chance legate alla scheda anagrafica, avendo 37 anni, ma non voglio pensarci. Voglio credere di potercela fare. D’altronde so che anche le altre non hanno specifiche esperienze agonistiche.

Tu hai una carriera professionale avviata. Che cosa succederebbe se scegliessero te?

Vedremo se sarà possibile prendere un’aspettativa, altrimenti non avrò dubbi. Forse qualcuno penserà che sia folle buttare via 12 anni di lavoro, i progressi di carriera che ho fatto, ma quello è il mio sogno. Poter gareggiare con le professioniste, entrare in un mondo che penso anche possa darmi molti sbocchi professionali al di là di quello agonistico. Non riesco neanche a pensarci, sarebbe davvero la miglior dimostrazione che i sogni non hanno età.