Quanto lavoro c’è dietro lo sviluppo dei caschi da crono?

07.02.2023
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Vale davvero la pena investire e sviluppare nei caschi da cronometro? Le aziende – da chi sviluppa le biciclette, fino ad arrivare ai marchi dei caschi, passando per chi produce l’abbigliamento e la componentistica – vedono l’efficienza aerodinamica come un obiettivo e come una soluzione. Sta di fatto che il miglioramento della penetrazione dello spazio è un fattore che troviamo ovunque.

Una parte di sviluppo del Met Codatronca (foto Met)
Una parte di sviluppo del Met Codatronca (foto Met)

Approfondiamo l’argomento dei caschi da cronometro con Ulysse Daessle di Met, azienda in primissima linea nella ricerca, sviluppo ed investimenti in questa categoria. Met ha vinto il titolo nazionale australiano a cronometro con Jay Vine.

Quanto tempo è necessario per sviluppare uno o diversi modelli di caschi da cronometro?

Il tempo di sviluppo tra un casco da strada che possiamo definire standard ed un casco da crono è equivalente. Si parla di circa un anno di lavoro, mediamente la tempistica da considerare è questa.

I diversi moduli 3D utilizzati nelle fasi prototipali (foto Met)
I diversi moduli 3D utilizzati nelle fasi prototipali (foto Met)
Quali sono i canoni principali da considerare?

Per la categoria dei caschi da cronometro, oltre allo sviluppo dello stile, della struttura e delle analisi dei dati relativi alla sicurezza, ci sono le questioni legate all’aerodinamica. Qui entrano in gioco anche dei componenti aggiuntivi, come ad esempio quelli relativi al fissaggio della lente. Rispetto ad un casco da strada, l’aerodinamica è soggetta ad un doppio sviluppo.

In cosa consiste?

C’è la parte di calcolo strutturale per garantire un casco protettivo, che poi deve trovare la validazione per la performance aero. Inoltre c’è la verifica della ventilazione.

Impatto frontale arrotondato e superficie ampia (ZW Photography/Zac Williams/AusCycling)
Impatto frontale arrotondato e superficie ampia (ZW Photography/Zac Williams/AusCycling)
In termini di costi è possibile sapere il range di costi necessari per sviluppare un casco da crono?

Volendo fare un accostamento, mirato a contestualizzare meglio la categoria dei caschi da crono, possiamo affermare che i costi di un modello road di alto livello sono legati alla ricerca e alla validazione dei materiali. Per un casco da crono invece, la ricerca è sulla forma aerodinamica e vengono sviluppate diverse geometrie, dapprima confrontate tra loro mediante CFD e poi in ambito sperimentale in galleria del vento con l’ausilio di prototipi in stampa 3D.

Quindi?

Quindi viene validato il modello con le performances migliori. Ognuna di queste fasi è molto costosa. Non è da scordare la sperimentazione dei nuovi materiali con le conseguenti lavorazioni, talvolta davvero costose e capaci di impattare in modo esponenziale sul prezzo finale del prodotto.

I dati rilevati durante le track session fatte in velodromo (foto Met)
I dati rilevati durante le track session fatte in velodromo (foto Met)
Vale la pena investire in una categoria di prodotti che è quasi una nicchia, per quello che concerne il mercato?

La risposta è si, ma per rispondere in modo completo è necessaria una premessa. In un mondo commerciale dove molti brand diversificano il loro listino, Met ha deciso e puntato esclusivamente sui caschi per la bicicletta. Il nostro obiettivo è di sodisfare tutte le richieste dei ciclisti di oggi, anche la richiesta dei caschi da cronometro. Per noi è importante sviluppare e produrre dei caschi performanti. Anche per questo motivo abbiamo sviluppato in parallelo non uno, ma due caschi da cronometro.

Con quali differenze?

Il primo è il Met Drone, quello con la coda lunga, il secondo è il Codatronca, ovvero quello con il posteriore troncato. Il primo modello, non di rado, è richiesto anche da atleti che non sponsorizziamo e questo per noi è motivo di orgoglio. In questa sezione di grandi investimenti e ricerca, c’è qualcosa che va oltre la volontà di soddisfare l’utilizzatore; è la tecnologia e la ricerca del know-how. E’ una sorta di processo a cascata che ci serve per creare diverse soluzioni adottate anche da altre categorie di caschi e non solo per i caschi da cronometro.

I test sul campo, oltre a quelli condotti in laboratorio, sono fondamentali (@ulyssedaessle-met)
I test sul campo, oltre a quelli condotti in laboratorio, sono fondamentali (@ulyssedaessle-met)
Tornando alla tecnica di un casco da crono. Quando influisce sulla performance complessiva di una prova contro il tempo?

La misura del drag dei caschi da cronometro, che ha una coda ben più lunga di un casco strada standard, non può essere considerata come elemento a sé stante. E’ legata al sistema completo, composto dall’atleta, dalla bicicletta e dal casco. Un casco ben disegnato per la prestazione aerodinamica, utilizzato da un atleta specialista delle gare a cronometro, permette di diminuire il drag complessivo, con una percentuale compresa tra il 5 e 10%. Si tratta di diversi secondi risparmiati.

Perché le forme dei caschi da crono sono cambiate così tanto? Da un passato dove le code erano lunghissime, ad oggi con i caschi rotondi?

Ci sono due tematiche legate alla forma dei caschi da crono: la larghezza e la lunghezza. Per quanto riguarda la larghezza, i caschi da cronometro lavorano all’interno di un sistema complessivo atleta/bicicletta. E’ un esempio il Drone Wide Body, che riduce notevolmente le turbolenze attorno alle spalle. E’ stato un cambiamento importante al livello della forma dei caschi da cronometro, rispetto a le forme che esistevano prima. Questo concetto è stato declinato anche sul il nostro casco a coda corta, il Codatronca. Questi due caschi rispondono a due richieste diverse.

Daniel Baekkegard, triatleta coinvolto nello sviluppo dei caschi aerodinamici (@ulyssedaessle-met)
Daniel Baekkegard, triatleta coinvolto nello sviluppo dei caschi aerodinamici (@ulyssedaessle-met)
Quali sono?

Il Met Drone è il più performante sul dritto e se la posizione dell’atleta rimane perfettamente in linea con la schiena. È il casco il più usato in Triathlon ad esempio. Invece, il Codatronca è stato sviluppato per i percorsi crono moderni, ovvero con diversi cambiamenti di direzione. Il Met Codatronca mantiene un’ottima performance in diverse posizioni e angolazioni della testa, quindi perfetto per i tratti con più tornanti, dislivelli o vento di traverso. Due soluzioni, diversi concept di sviluppo e analisi, soluzioni per esigenze differenti e in grado di massimizzare le prestazioni.

Met Trenta Mips, il casco del ciclocross (e non solo)

13.01.2023
5 min
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Il Met Trenta Mips è il casco utilizzato dagli atleti che affrontano la Coppa del mondo di ciclocross. Mutua il design e la tecnologia costruttiva del più leggero Trenta 3K Carbon Mips, usato da Pogacar e compagni, ma con soluzioni diverse.

La piattaforma dei caschi Met Trenta ha richiesto due anni di sviluppo ed è stato necessario oltre un anno per validare la forma e i materiali. Nel progetto Trenta ricopre un ruolo di primaria importanza anche Filippo Perini, capo disegnatore di Lamborghini. Abbiamo provato il nuovo Trenta Mips e abbiamo posto alcuni quesiti ad Ulysse Daessle di Met.

Il bollino giallo Mips e le ampie “bocche” dietro, Met design
Il bollino giallo Mips e le ampie “bocche” dietro, Met design
Qual’è la peculiarità del Met Trenta Mips?

L’obiettivo primario della versione Trenta Mips non è la leggerezza, anche se parliamo di un casco che ha un peso di riferimento al di sotto della media della categoria. E’ costruito con una densità unica del mold, che per Met rappresenta la soluzione migliore e più sicura in questa fascia. Sicurezza prima di ogni altra cosa, perché in Met si eseguono 700 test interni e i risultati finali vanno ben oltre gli standard richiesti. E poi c’è quel design iconico che è parte integrante della piattaforma Trenta di Met, tanto aerodinamico, quanto funzionale. Rispetto alla versione 3K Carbon si è deciso di usare anche un pacchetto Mips differente. In questo caso è il Mips C2, per il 3K è il Mips Air.

Hai parlato anche di densità. Non è la medesima per Trenta e Trenta 3K Carbon?

Sono differenti, nel senso che la densità del composto EPS è diversa per i due caschi. La scocca in carbonio presente sulla versione Met Trenta 3K Carbon ha permesso di abbassare la densità del materiale interno, soluzione che in automatico fa scendere anche il peso complessivo. Si tratta di contestualizzare due caschi molto simili nel design, ma con due fasce di prezzo diverse tra loro. Inoltre la versione Trenta Mips, che possiamo definire più sostanziosa in fatto di peso, è quella usata anche in ambito ciclocross.

Manon Bakker a Vermiglio con il Trenta Mips (foto Ulysse Daessle-Met)
Manon Bakker a Vermiglio con il Trenta Mips (foto Ulysse Daessle-Met)
Quanti caschi fornite agli atleti per affrontare la stagione agonistica?

La dotazione base è di due/tre caschi, più alcuni componenti spare per la sostituzione, come ad esempio le imbottiture di scorta. Possono avvenire delle integrazioni di materiali nel corso della stagione, al netto di rotture, prove ed incidenti.

Quando ci sono cadute e incidenti ritirate il prodotto per analizzarlo?

Certamente, speriamo sempre che non accada nulla, ma quando capita per noi è un banco di prova non indifferente. Esaminiamo, analizziamo e sezioniamo, inoltre chiediamo dei feedback agli atleti coinvolti. Questa procedura viene eseguita anche sui caschi degli utenti comuni, non solo per gli atleti professionisti.

Un casco ha una data di scadenza?

Tutti i materiali coinvolti nella costruzione del casco non hanno una scadenza vera e propria, ma è giusto considerare che il polycarbonato è un materiale che si modifica continuamente nel corso della sua vita. Un casco è soggetto a tante variabili. Come viene conservato e tenuto, se cade e prende anche piccoli colpi ritenuti insignificanti. Le variazioni di temperatura e meteorologiche, il sudore, tutti fattori che messi insieme cambiano la performance di un casco. Diciamo che volendo dare i numeri, si può scrivere che un casco ha una vita tecnica utile che non va oltre i 4 anni.

Una volta indossato risulta compatto e sempre ben calzato, anche nel fuoristrada
Una volta indossato risulta compatto e sempre ben calzato, anche nel fuoristrada

Le nostre considerazioni

Il Met Trenta Mips non è un sostituto, non è una casco di seconda fascia e/o un ripiego, ma semplicemente un prodotto votato alla sicurezza e di qualche grammo più pesante rispetto al fratello con inserti in carbonio.

Ha una calzata piena, senza spigoli e punti di pressione, questo grazie anche ad una slitta Mips che si sviluppa su tutto l’interno del casco e naturalmente per via di una forma interna “rotonda”. Proprio “la gabbia gialla Mips”, che non è così minimale ed essenziale come la soluzione Mips Air, lo rende un po’ più caldo, ma comunque ben aerato e capace di espellere con facilità il calore.

Davanti lascia sempre l’orizzonte libero e pur essendo ben saldo sulla testa non darà mai la sensazione di essere ingombrante e stringente in modo eccessivo. Dietro ha una forma che tende a scendere, particolarmente funzionale alla protezione delle zone occipitale e temporale. E non è un dettaglio secondario. In questo punto si può creare qualche frizione con dei modelli di occhiali che hanno le aste lunghe, ma la sicurezza e il senso di protezione vanno ben oltre l’immagine.

Il sistema di regolazione perimeritrale, tramite il rotore posteriore, distribuisce bene le pressioni. Met Trenta Mips è a tutti gli effetti un casco top di gamma, per costruzione e per le tecnologie che porta con sé ed il prezzo di 260 euro (listino) è perfettamente in linea con la categoria.

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