La prima di Cataldo, tornato alle origini dopo la tempesta

22.03.2025
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La vittoria al 13° Gran Premio dell’Industria a Civitanova Marche inaugura la nuova stagione di Lorenzo Cataldo che torna all’antico. Il toscano inizia come meglio non potrebbe la sua nuova avventura al Gragnano Sporting Club. Ci era già stato, nel 2022 e 2023, poi era iniziata la sua odissea, passata per la contraddittoria vicenda dell’Albiono Cycling Team, oscuro progetto basato ai Caraibi che non ha mai visto la luce ma sottratto a lui, Filippo Tagliani e altri soldi e tempo prezioso. Lo scorso anno aveva trovato casa da Stefano Giuliani alla Monzon Savini 2, poi è arrivata la chiamata di Marcello Massini per tornare a Gragnano che intanto aveva fatto il salto diventando una Continental.

Lo sprint di Civitanova Marche battendo al fotofinish Matteo Fiorin. Per il toscano è il bis del 2023 (foto Rodella)
Lo sprint di Civitanova Marche battendo al fotofinish Matteo Fiorin. Per il toscano è il bis del 2023 (foto Rodella)

Un ritorno che sa tanto di nostalgia per il venticinquenne che ora vede la sua attività con occhi diversi, disincantati: «La gara di Civitanova l’avevo già affrontata negli anni passati, mi piace molto, avevo già vinto due anni fa, sempre con la maglia di Gragnano. Certamente non avrei pensato che quella vittoria, anche in quel caso la prima della stagione (nella quale poi avrebbe fatto seguito un successo in Kosovo, ndr) avrebbe aperto una parentesi così varia che ha tanto inciso sulla mia vita».

Che differenze hai trovato tornando nel team?

L’atmosfera è quella famigliare di sempre e questo è stato il primo dato che mi ha convinto a fare il passo. Il fatto però di essere Continental ha cambiato un po’ le cose: vedo che ci sono maggiori possibilità per gareggiare all’estero, per fare un calendario più professionistico e questo mi piace molto. Per me è importante poter correre all’estero perché la qualità è diversa, ti confronti con realtà molto avanzate, anche con team del WorldTour. Il team poi ha cambiato struttura…

Cataldo alla Monzon Savini 2, una sola stagione con buoni risultati, per dimenticare la vicenda Albiono
Cataldo alla Monzon Savini 2, una sola stagione con buoni risultati, per dimenticare la vicenda Albiono
In che senso?

Prima eravamo pochissimi, ora ci siamo 5 Elite e altri giovani, c’è una bella commistione nella quale noi più “anziani” possiamo anche insegnare il mestiere Poi ci conosciamo tutti, con Chiarucci e Lucca abbiamo condiviso tante gare. E’ una bella famiglia, lo staff è rimasto lo stesso. I programmi sono in via di redazione, ma so che ci sarà la possibilità di gareggiare tanto in prove a tappe e a me fa piacere, è quello che cercavo. Quando Palandri mi ha offerto questa possibilità, non ci ho pensato due volte.

Ora che è passato tempo e puoi guardare tutto con maggior disincanto, che cosa ti è rimasto dell’esperienza di Albiono?

Ho capito che in questo mondo non è tutt’oro quello che luccica. Tanti fanno promesse, ma poi sono i fatti quelli che contano. La mia fortuna è stata aver potuto trascorrere quei due mesi maledetti non da solo, ma con Filippo e il preparatore Musetti, ci siamo fatti forza a vicenda. Fondamentale è stato poi aver incontrato Giuliani, una persona seria, che mi ha offerto una nuova possibilità senza fare follie, mettendo a disposizione quel che poteva. Non potrò mai ringraziarlo abbastanza.

Per il toscano la scorsa stagione il sigillo in una tappa del Tour du Maroc
Per il toscano la scorsa stagione il sigillo in una tappa del Tour du Maroc
L’esperienza alla Monzon Savini 2 com’è stata?

Abbiamo gareggiato molto all’estero, con loro ho capito quanto sia importante fare quell’attività. Quella italiana è importante, ma non ti dà gli stessi stimoli, serve per mantenere la gamba, per farsi vedere, ma le esperienze vere le fai fuori dai confini. Io quest’anno vorrei fare un po’ lo stesso calendario, magari evitando le lunghe soste che hanno contraddistinto il 2024 quando mi sono ritrovato a stare senza gare anche un mese intero. Ma so che squadre come queste sono soggette agli inviti, si fa quel che si può.

Il sogno del professionismo l’hai messo definitivamente da parte?

No, ma lo guardo in maniera più disincantata. Io intanto mi sono trovato un lavoro come meccanico, che mi piace e mi dà un futuro, permettendomi di restare nell’ambiente delle bici, poi mi dedico alla mia attività. Il sogno è lì, c’è sempre, è quello che mi porta a viaggiare, a confrontarmi e cercare di fare sempre risultato. Ma non è il mio solo sogno. Intanto sto lanciando una mia linea di abbigliamento sportivo insieme a mia moglie per Natali Sports Wear, poi continuo a divertirmi nel gareggiare e questo per me è fondamentale. Gareggio con la mente più libera, se poi arriverà una chiamata da una Professional mi farò trovare pronto.

Cataldo è tornato al Gragnano Sporting Club lasciato nel 2023
Cataldo è tornato al Gragnano Sporting Club lasciato nel 2023
Come pensi che ti troveresti?

Io credo che qualcosa riuscirei a fare, ogni volta che ho corso con i professionisti, anche lo scorso anno al Giro d’Abruzzo nel mio piccolo ho fatto vedere che posso starci. So che a 25 anni l’età non giova a mio favore perché si guardano sempre i più giovani, ma dalla mia ho l’esperienza. Le vicissitudini e la vicinanza con Tagliani, che alla Monzon era mio compagno di camera, mi hanno fatto capire quanto il mondo dei professionisti richieda tanto a chi riesce ad approdarci, ma posso assicurare che darei il mio contributo.

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Alla fine Filippo Tagliani un posto l’ha trovato, anzi sta già correndo al Giro dell’Abruzzo, ma il suo inverno non è stato certo caratterizzato dalla tranquillità. Coinvolto nel progetto dell’Albiono Pro Cycling Team, la fantomatica squadra con base alle Isole Vergini che doveva entrare fra le continental con un budget molto cospicuo, il ventottenne corridore di Gavardo ha rischiato seriamente di trovarsi a piedi, sapendo che perdere il treno sarebbe stato un addio definitivo.

Spesso abbiamo provato a sentirlo nel corso dei mesi freddi, ma lo stesso Filippo ci avvertiva di non avere novità, di continuare a vivere in un limbo che solo ora, con in tasca il contratto con la Monzon-Savini Due può descrivere nei particolari.

«Mi aveva contattato a dicembre il manager Luciano Fondrieschi – racconta – prospettandomi questa possibilità e io, che non avevo squadra, avevo accolto con favore l’idea di essere coinvolto in un nuovo progetto. Entro Natale ho anche firmato il contratto, sembrava tutto a posto ma c’era qualcosa che non quadrava».

Il nuovo Monzon-Savini Due-Team Omz. Tagliani e Cataldo sono le ultime due entrate
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Che cosa?

Tutto rimaneva fumoso, intanto i giorni passavano e se da una parte si continuava a sentire nell’ambiente, anche sui media, di questo grande progetto proveniente da uno dei paradisi fiscali, dall’altro però non vedevamo nessuna realtà. Niente materiale tecnico, niente bici, niente programmi. Quando chiedevamo a Fondrieschi, che è un manager italiano che ha la sua attività a Menton, appena fuori dai confini, anche lui diceva di non avere notizie.

E poi?

A quel punto bisognava fare qualcosa e Fondrieschi ci ha proposto di fare intanto un ritiro prestagionale non lontano dalla sua attività lavorativa, sulla costa sud della Francia. Lui anticipava i soldi per le spese, noi ci siamo presentati ognuno con il proprio materiale tecnico, senza divise né bici. Eravamo una decina: io, Lorenzo Cataldo (che mi ha seguito anche nell’epilogo alla Monzon-Savini Due), El Gouzi e altri ragazzi. Il progetto era anche interessante, con corridori provenienti da molti Paesi, una vera multinazionale. Il problema è che i giorni passavano e la nebbia sul nostro futuro non accennava a diradarsi, anzi…

Tagliani, a 28 anni, cerca il rilancio dopo le difficoltà legate alla chiusura della Drone Hopper
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Come facevate a trovare la forza psicologica per allenarvi?

Non era semplice, anzi a dir la verità molti hanno preso quei giorni come una vacanza. Al mattino si usciva tutti insieme in bicicletta, ma dopo una mezz’ora io e Lorenzo ci ritrovavamo da soli: gli altri si erano già fermati. Noi invece abbiamo continuato a crederci, perché volevamo sperare che la situazione si sbloccasse, volevamo fortemente continuare a fare il nostro lavoro. Poi c’è stato un piccolo colpo di scena.

Quale?

A fine gennaio è arrivato il primo stipendio. A quel punto ho pensato che la situazione si stava risolvendo, anche perché come a me era arrivato anche agli altri. Continuavamo però a non avere nulla per iniziare l’attività, né la squadra era stata intanto registrata all’Uci. Poi Fondrieschi ci ha comunicato che anche se dalle Isole Vergini continuavano a dargli assicurazioni, lui si era tirato fuori. A quel punto abbiamo capito che non c’erano grandi possibilità e abbiamo iniziato a guardarci intorno.

L’antiguano Jyme Bridges, uno dei pochi oltre a Tagliani e Cataldo ad aver trovato un contratto nel 2024, in un team caraibico
L’antiguano Jyme Bridges, uno dei pochi ad aver trovato un contratto nel 2024, in un team caraibico
Difficile però trovare spazi a quel punto della stagione, quando ormai i quadri delle varie squadre sono completi…

Infatti. Un colombiano si è sistemato alla GW Shimano, un caraibico è tornato a correre dalle sue parti. Io e Lorenzo, anche grazie all’intercessione dello stesso Fondrieschi, ci siamo messi in contatto con Giuliani e siamo approdati nel suo team.

Praticamente, appena entrato sei stato buttato nella mischia…

Per fortuna avevo continuato ad allenarmi e prima della partenza del Giro d’Abruzzo sono stato due settimane a Montesilvano per prepararmi. Ma l’allenamento è una cosa, la corsa un’altra. La forma fisica è buona, quella mentale ancor di più. Oltretutto per il nostro team questo è un evento centrale nella stagione, è come se fossi stato buttato subito nella fossa dei leoni. Ma a me le sfide non spaventano, soprattutto se arrivano dopo un inverno che non auguro a nessuno.

Una delle prime vittorie di Tagliani, alla Boucles de Haut Var del 2018
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Dopo che cosa ti aspetta?

Preparerò la prossima corsa a tappe che mi vedrà impegnato in Grecia a maggio. Lì dovrei trovare anche percorsi che si adattano meglio alle mie caratteristiche. Voglio farmi trovare pronto per cercare qualche buon risultato e cominciare a costruire la mia stagione per meritarmi un futuro.

La tua vicenda che cosa ti ha insegnato?

Che in questo mondo in tanti pensano di poter entrare, ma non è per nulla facile. Con i proclami non si va da nessuna parte. Per fortuna poi ci sono gli “storici” come Giuliani che sanno dove mettere le mani e continuano a tenere su l’attività. Per gestire una squadra, a qualsiasi livello, bisogna essere capaci, sapere quel che si sta facendo perché ci sono delle vite in gioco.

Ti rimproveri qualcosa?

Forse di essermi fidato un po’ troppo, ma io ho sempre fatto il massimo e interpretato questo mestiere con la massima serietà, anche nei momenti peggiori. Se sono caduto in piedi lo devo solo a me stesso.