Ieri ad Utrecht c’erano 25 gradi, un sole “pallido” ma la presentazione dei team è stata un vero spettacolo. La Vuelta Espana parte così, con l’abbraccio dell’Olanda. Se qualche giorno fa con Stefano Garzelli avevamo passato in rassegna i favoriti, adesso diamo uno sguardo al percorso.
Da Utrecht a Madrid i chilometri sono 3.280, ma questa volta sono distribuiti in maniera un po’ differente rispetto alle passate edizioni. Non ci saranno “solo” le salite, comunque tante. Tuttavia queste non saranno le sole a decretare la maglia rossa finale. Più pianura, più crono e tappe corte solo in apparenza.
Partenza insidiosa
La 77ª Vuelta, infatti, non ha frazioni superiori ai 200 chilometri, ma in virtù della cronosquadre iniziale, di quella di Alicante e dell’ultima tappa che misura appena 97 chilometri, in mezzo ci sarà da pedalare. E infatti le frazioni tra i 170-190 chilometri non sono poche.
Poi è chiaro, dati i chilometri totali e i giorni di gara, la media è quella: 156,2 chilometri per frazione. La tappa più lunga è la terza: la Breda-Breda in Olanda. La sua distanza è di 193 chilometri.
Si apre dunque oggi con una cronosquadre di 23,2 chilometri. Una cronosquadre che, ci dicono i corridori stessi che l’hanno provata, è alquanto tecnica. Poi tanta pianura nei due giorni a seguire.
In questi casi l’insidia maggiore può venire dal meteo, ma sembra (di questi tempi il condizionale è d’obbligo) che non ci dovrebbe essere vento forte. Gli scalatori possono stare tranquilli… al netto delle cadute e del tipico nervosismo iniziale dei grandi Giri.
Utrecht – Utrecht di 23,2 chilometri (crono a squadre), tappa 1 ‘s-Hertogenbosch – Utrecht di 175,1 chilometri, tappa 2 Breda – Breda di 193,2 chilometri, tappa 3 Vitoria-Gasteiz – Laguardia di 153,5 chilometri, tappa 4 Irun – Bilbao di 187 chilometri, tappa 5 Bilbao – Pico Jano. San Miguel di 180 chilometri, tappa 6 Camargo – Cistierna di 190,1 chilometri, tappa 7 La Pola Llaviana/Pola de Laviana – Colláu Fancuaya di 154,5 chilometri, tappa 8 Villaviciosa – Les Praeres. Navadi 175,5 chilometri, tappa 9 Elche – Alicante di 31,1 chilometri (crono individuale), tappa 10
Nel segno delle novità
Dei nove arrivi in salita, tre sono inediti. La prima novità è il Pico de Jano. La scalata cantabriaca non è impossibile, ma è lunga una dozzina di chilometri. La salita è divisa esattamente in due parti: la prima è più dura e termina con uno “scalino” all’11%, la seconda invece è più veloce. Ha pendenze tra il 5% e l’8%. Sembra l’arrivo perfetto per un Valverde. E anche prima non mancano le salite (ben quattro).
Il secondo arrivo inedito e anche il secondo in quota è il Collau Fancuaya. A differenza del primo è una salita dura, forse la più cattiva della Vuelta: 10,1 chilometri all’8,5% di pendenza media ma con dei lunghi tratti oltre l’11% e due punte al 17%, l’ultima delle quali proprio in prossimità del traguardo. E anche in questo caso non mancano le salite in precedenza con un’incetta di Gpm di seconda e terza categoria. Occhio davvero a questa frazione, che è l’ottava.
Senza contare che il giorno dopo c’è l’arrivo di Les Praeres. E’ un vero muro: 3,9 chilometri al 12% con una punta del 23%. Ci sarà da divertirsi, anche perché poi ci sarà il secondo giorno di riposo e nessuno si risparmierà. Qui vinse un certo Simon Yates nel 2018, quando si portò a casa la Vuelta.
Queste due tappe rappresentano una doppietta infernale.
L’Alto de Piornal è l’ultima delle novità. Questo arrivo potrà fare male per le sue pendenze e perché la fatica, siamo alla 18ª tappa, si farà sentire. Ma quando parliamo di pendenze non bisogna pensare a rampe mostruose (13,5 chilometri al 5%), anzi… Nel complesso è una scalata veloce e chi si stacca qui può perdere davvero tanto. Decisivi due fattori: vento e squadra… e chiaramente anche le gambe!
El Pozo Alimentación – Cabo de Gata di 193 chilometri, tappa 11 Salobrena – Penas Blancas. Estepona di 192,7 chilometri, tappa 12 Ronda – Montilla di 171 chilometri, tappa 13 Montoro – Sierra de La Pandera di 160,3 chilometri, tappa14 Martos – Sierra Nevada di 152,6 chilometri, tappa 15 Sanlúcar de Barrameda – Tomares di 188,9 chilometri, tappa 16 Aracena – Monasterio de Tentudía di 160 chilometri, tappa 17 Trujillo – Alto del Piornal di 191,7 chilometri, tappa 18 Talavera de la Reina – Talavera de la Reina di 132,7 chilometri, tappa 19 Moralzarzal – Puerto de Navacerrada di 175,5 chilometri, tappa 20 Las Rozas – Madrid di 96,7 chilometri, tappa 21
El Pozo Alimentación – Cabo de Gata di 193 chilometri, tappa 11 Salobrena – Penas Blancas. Estepona di 192,7 chilometri, tappa 12 Ronda – Montilla di 171 chilometri, tappa 13 Montoro – Sierra de La Pandera di 160,3 chilometri, tappa 14 Martos – Sierra Nevada di 152,6 chilometri, tappa 15 Sanlúcar de Barrameda – Tomares di 188,9 chilometri, tappa 16 Aracena – Monasterio de Tentudía di 160 chilometri, tappa 17 Trujillo – Alto del Piornal di 191,7 chilometri, tappa 18 Talavera de la Reina – Talavera de la Reina di 132,7 chilometri, tappa 19 Moralzarzal – Puerto de Navacerrada di 175,5 chilometri, tappa 20 Las Rozas – Madrid di 96,7 chilometri, tappa 21
Una crono che pesa
Stefano Garzelli ci ha avvertito: «Attenti alla crono di Alicante». La Vuelta rispetto a quel si possa pensare non è mai stata avarissima di chilometri contro il tempo, ma c’era sempre una salitella di mezzo almeno, un tracciato ondulato… percorsi nei quali lo scalatore poteva difendersi. Qui invece c’è solo pianura e chi va forte può fare la differenza e neanche poco.
Una crono di quasi 31 chilometri inciderà anche sull’andamento tattico della corsa. Pensiamo a Joao Almeida o allo stesso Primoz Roglic. Se non dovessero essere al top potranno correre di rimessa. Mentre Hindley, Carapaz… saranno costretti ad attaccare.
Il tratto centrale tende anche a scendere: è per specialisti puri. E Affini è in gara!
Velocisti, c’è spazio
Non è vero che non c’è spazio per gli sprinter. Su carta si contano almeno sette volate, quella di Madrid inclusa. Lo sprint finale è quello che tra l’altro terrà in corsa molti velocisti fino alla fine. E saranno più motivati a farlo con il tracciato iridato che gli strizza l’occhio.
Nel complesso è davvero un bel percorso: completo, duro… che lascia spazio a molte tipologie di corridori. E poi le tappe intermedie sono interessanti, anche per le regioni in cui sono situate.
Per esempio la quarta frazione, quella di Laguardia, la prima in terra spagnola, è mica da ridere. Ci sono parecchie salite, due Gpm, uno di seconda e uno di terza categoria, e il finale è nervoso. E se nei Paesi Baschi dovesse piovere potrebbero essere guai.
Prima abbiamo parlato delle novità: non vanno dimenticati dei classici come la Pandera, la Sierra Nevada e la Navacerrada. Buona Vuelta a tutti!