Il Tour di Van der Poel finisce ugualmente a Parigi

28.06.2024
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FIRENZE – Al 28 giugno, cioè oggi, Mathieu Van der Poel – il campione del mondo – ha collezionato sette giorni di corsa, con tre primi, un secondo e un terzo posto. Anche se le vittorie sono, il Fiandre, la Roubaix e il GP E3 Saxo Bank e il secondo posto la Sanremo, non sarà poco? In precedenza aveva disputato la stagione del cross, con 14 gare e 13 vittorie, staccando per 40 giorni fra il mondiale vinto a Tabor e la Sanremo.

E’ vero che i conti si fanno alla fine e che d’ora in avanti lo attendono il Tour, le Olimpiadi e poi forse anche i mondiali, ma non avremmo mai immaginato che l’olandese avrebbe preso così alla lettera i consigli di chi suggeriva una gestione più oculata degli sforzi. Lo scorso anno di questi tempi, i suoi giorni di corsa erano stati 20, l’anno precedente addirittura 31.

Van der Poel ha incontrato la stampa assieme a Philipsen: i loro obiettivi coincideranno di nuovo?
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Settanta giorni

Il suo capo fa scudo. Christoph Roodhooft, che alla Alpecin-Deceuninck si occupa della gestione sportiva mentre il fratello Philip è l’uomo dei contratti, dice che va bene così, invitando a non guardare il dito, ma la luna.

«Ogni volta che ha corso – dice – Mathieu è stato estremamente presente. Non lo sapevamo in anticipo, stavamo correndo un rischio, ma adesso ogni scelta sembra perfettamente giustificabile. Se poi si tratti di uno scenario che possa essere giustificabile per ogni stagione, è un’altra questione. Bisogna considerare l’anno nel suo complesso e alla fine anche Mathieu avrà settanta giorni di gare, come la maggior parte dei professionisti di oggi. A lui piace molto questa pianificazione. Quest’anno abbiamo sacrificato il Baloise Belgium Tour, perché una vittoria lì o al Giro di Svizzera non cambierebbe la sua carriera. Lui ha molte pressioni quando corre, tutto è ingigantito. Per cui, quando facciamo un programma cerchiamo soprattutto l’equilibrio».

La borraccia a un tifoso: correndo così poco, l’entusiasmo di Van der Poel è sempre fresco
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Lo sguardo del bambino

Quando ieri ha incontrato la stampa alla vigilia della presentazione delle squadre, Van der Poel aveva lo sguardo di un bambino in gita. Firenze gli porta bene, anche se forse il ricordo di quel 2013 in cui vinse il mondiale juniores davanti a Mads Pedersen ora gli sembra davvero lontanissimo.

Cosa ricordi dei mondial di Firenze 2013?

E’ successo molto tempo fa, quel giorno è sparito da tempo nei ricordi. Ma Firenze è una città bellissima in cui correre. Proprio come il fine settimana di apertura del Tour, anche quel mondiale era una corsa molto dura. Poi ho vinto, ma la differenza è che ora peso dieci chili in più.

Perché hai scelto una preparazione con soli allenamenti e senza gare?

Perché la primavera è stata lunga. La stagione del cross richiede un lungo periodo di forma e concentrazione. Avevo bisogno di una pausa dopo la Liegi. Quando ho ricominciato ad allenarmi, prima a La Plagne con la squadra, poi da solo in Spagna, ci è voluto davvero un po’ prima di avere il giusto feeling con la bici. Le Olimpiadi arriveranno presto, quindi era necessario gettare basi ampie. Preferirei correre più spesso, ma questo è il ciclismo moderno.

Il 28 settembre 2013, Mathieu Van der Poel conquista il mondiale juniores. Secondo Pedersen
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Il Tour sarebbe nuovamente un successo per te senza una vittoria di tappa?

Questa domanda mi perseguita. Non ho vinto una tappa l’anno scorso, ma ho pensato che sia stato ugualmente un successo, con molti ringraziamenti da parte di Philipsen che ha preso la maglia verde. Mi è piaciuto far parte di questo suo risultato. E il Tour mi ha aiutato tantissimo anche in vista del mondiale.

Sei qui a preparare le Olimpiadi?

Non ho detto questo. Mi sono allenato duramente per vincere una tappa. Tuttavia, le volate sono ovviamente per Jasper e ci sono pochissime opportunità per i corridori da classiche. Mi aspetto che il fine settimana di apertura sia semplicemente troppo duro. Soprattutto la tappa di domenica.

Per voi corridori del Nord potrebbe esserci la nona tappa con i suoi sterrati?

Quella dovrebbe andarmi bene. Ma un po’ mi conoscete, non ho ancora studiato molto bene il libro di corsa. Non ho guardato oltre il primo giorno di riposo.

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Il Tour finisce… a Parigi

Che il Tour servirà principalmente in chiave olimpica è confermato nuovamente da Roodhooft e quasi sembra che si stia lavorando per costruire la… macchina perfetta. Un campione che corre solo quando è certo di poter vincere e per il resto del tempo preferisca allenarsi per i fatti suoi. Con buona pace dei corridori normali che potrebbero vantarsi di averlo battuto, trovandolo in un giorno di condizione mezza e mezza. Si è grandi anche dando dignità e spessore alle vittorie degli altri, ma di questo la modernità del ciclismo non tiene conto. In un modo o nell’altro, il Tour di Mathieu Van der Poel finirà a Parigi con le Olimpiadi.

«Ci sono poche tappe in cui Mathieu potrà perseguire obiettivi personali – dice Roodhoft – ma il resto del Tour è dedicato principalmente alle Olimpiadi. Non bisognerebbe mai definire il Tour una gara di preparazione, ma per corridori del suo calibro ci sono tappe che si possono considerare tali. Nel ciclismo moderno, ogni squadra sa cosa ciascun corridore deve fare ogni giorno. E’ diventato tutto molto ben definito e questo vale anche per lui».