Tanto tuonò, verrebbe da dire, che alla fine non piovve. Guardando la tappa che ha portato il gruppo faticosamente al Santuario di Castelmonte, tornano alla mente le parole di Bartoli di poche ore fa: i primi tre si equivalgono. E non può esserci altra spiegazione davanti alla tattica timida di Carapaz, Hindley e Landa. Con la logica attenuante a favore della maglia rosa: lui il primato ce l’ha già e veder passare salite, giorni e chilometri in modo così… insipido gli sta più che bene.
«Mi piacerebbe vincere una tappa – dice – e ammetto che quando vinsi nel 2019 corsi in modo più aggressivo. Però bisogna riflettere bene e fra una tappa e il Giro, io scelgo il Giro».
Questioni di famiglia
Quando Richard trova il tempo per raccontarsi, il suo sorriso dice tutto. Probabilmente il buon umore è accentuato dall’aver incontrato la sua famiglia arrivata dall’Ecuador. E non stupisce nemmeno che le sue parole alla fine suoneranno come una minaccia per gli avversari.
«E’ importante avere con sé la famiglia – dice – quando partiamo e lasciamo il Sud America, stiamo tanto tempo senza vederci. Comunque è stato un giorno impegnativo. Alla fine ci siamo ritrovati testa a testa, ma siamo allo stesso livello e… siamo ancora qui. Non credo però che domani finirà allo stesso modo».
Senza Porte
Non si può certo fargliene una colpa, se davvero non ce la fanno: lo show si ferma davanti ai limiti oggettivi. Diverso sarebbe se davvero aspettassero tutti la Marmolada, svuotando le altre tappe di ogni significato, in un Giro che ha visto l’uscita di scena di Richie Porte per problemi di stomaco.
«Aver perso Richie – dice il leader del Giro 2022 – è un brutto colpo visto che ci aspetta la tappa di montagna più importante. La squadra però è motivata. Stamattina sapevamo che Porte non stesse bene. Ha provato lo stesso a partire, ma appena il ritmo si è alzato, ha dovuto arrendersi. Per fortuna oggi la Bora ha preso l’iniziativa e ha lavorato in testa al gruppo. Non so perché lo abbiano fatto e poi si siano rialzati a fondo valle, forse perché la discesa è stata troppo tecnica e non valeva la pena insistere. In ogni caso, è bello che non sia solo il Team Ineos a lavorare».
Tre secondi bastano?
Hindley in apparenza sta meglio di tutti. Sgambetta con disinvoltura e ha davanti la chance che gli fu negata ai Laghi di Cancano, quando gli fu chiesto di rispettare la rosa di Kelderman. Lui ubbidì, si presentò ugualmente all’ultima crono vestito di rosa e Tao Geoghegan Hart lo svestì senza troppi complimenti. Si disse allora, in quell’insolito Giro d’ottobre 2020, che se avesse potuto guadagnare terreno, l’esito sarebbe stato diverso. Per questo, quando oggi si è vista la Bora-Hansgrohe riprendere in mano la corsa come a Torino, si è pensato che fossimo sulla porta di un altro forcing estremo. Invece probabilmente la squadra di Gasparotto sperava di trovare una collaborazione che non è venuta e si è rialzata.
Il diesse friulano era stato a studiare la tappa assieme a Matteo Fabbro durante l’inverno, era lecito pensare a un attacco. Invece, finita la salita di Kolovrat e atterrati nella valle, visto che nessuno si è affiancato al loro lavoro, gli uomini del team tedesco si sono allargati, riconsegnando la corsa al Team Ineos Grenadiers che l’ha portata sino alla salita finale.
«La Bora ha fatto la sua parte – riprende Carapaz – Landa è parso molto attivo con tutta la squadra. Abbiamo visto che siamo allo stesso livello e di conseguenza è difficile fare grandi distacchi. Però domani sarà diverso. Mi aspetto altri scenari. L’arrivo è in quota, la salita è dura. Non credo proprio che arriveremo insieme. E se anche dovesse finire come oggi e arrivassi alla crono di Verona con 3 secondi di vantaggio, sarà meglio averli che partire indietro».
Il prezzo del biglietto
Diciamolo chiaramente, parlando per una volta da appassionati: questa tappa non è valsa il costo del biglietto. Ci si aspetta che in certe giornate gli uomini di classifica siano lassù a giocarsi la tappa. Invece il disinteresse del gruppo dei primi ha lasciato carta bianca alla fuga. Tanto che alla fine i più sorpresi sono stati proprio gli attaccanti.
«Abbiamo faticato a prender margine – ha ammesso il vincitore Bouwman in un mare di sorrisi – poi abbiamo sentito che la Bora si era messa a tirare. Eravamo ancora sulla salita lunga, ho avuto paura. Ma a quel punto abbiamo lavorato tutti e soprattutto Affini, che si è sacrificato e ha fatto un passo incredibile. Metà di questa vittoria è per lui. Quanto a me, resto un gregario, non saranno queste due tappe vinte a farmi cambiare mentalità e pretese. Semmai avrò più spazio quando non dovrò lavorare per i miei capitani. Vinsi la mia prima corsa da pro’ indossando la maglia di leader dei gpm al Delfinato, è stupendo che la storia si ripeta dopo una tappa così prestigiosa».
Domani la grande sfida sul Fedaia, ma prima il San Pellegrino e il Pordoi Nei discorsi post tappa, Carapaz è parso molto sicuro e vicino al traguardo
Il tappone dolomitico
Così domani si andrà finalmente sulla Marmolada, in un tappone dolomitico che prima dell’arrivo sul Fedaia li costringerà a sciropparsi il Passo San Pellegrino dal versante più duro (quello agordino) e il Passo Pordoi. Difficile dire se gli organizzatori si aspettassero di arrivare alla partenza con distacchi così esigui, di certo ci sono tutti gli ingredienti perché Landa provi a recuperare e Carapaz si metta al riparo dal ritorno di Hindley nella crono. E lo stesso australiano, che è già passato per lo smacco di un Giro sfuggito l’ultimo giorno, magari vorrà togliersi il dubbio prima che accada un altro pasticcio.
«La tappa è stata molto dura – dice Landa – e quando la fuga è partita, ha Bora ha fatto il lavoro per andare a prenderla. Hanno fatto il forcing anche sulla penultima salita e quando siamo arrivati all’ultima, l’ho trovata corta ed esplosiva. Non adatta a uno come me. Sono contento di essere arrivato con Carapaz e di non aver perso terreno…».