Secondo giorno di riposo della Vuelta e Remco sembra veramente molto rilassato. Come un corridore molto fresco o che non abbia niente da perdere. Finora ha controllato e fatto quel che voleva. Non ha vinto, ma la superiorità sui rivali diretti è parsa abbastanza netta. Solo Mas sembra al suo livello, ma fino a un certo punto. La prima settimana è stata dura e il trasferimento dalle Asturie all’area di Valencia ha portato un caldo asfissiante e umido. In queste condizioni domani la Vuelta ripartirà con una cronometro di 30,9 chilometri, che per il belga potrebbe essere la prima occasione di vincere una tappa: il suo obiettivo di partenza.


Un nuovo Wolfpack
La situazione nell’hotel della Quick Step-Alpha Vinyl è strana. Raramente finora, forse solo al tempo di Rigoberto Uran e poi con Alaphilippe al Tour, la squadra belga si è ritrovata ad affrontare il riposo di un leader. E se nei casi precedenti era abbastanza chiaro che si trattasse di primati a orologeria, stavolta la sensazione che il bimbo possa sorprendere e tenere sino in fondo si va facendo largo.
«La squadra è forte e ha fiducia – dice lui – e anche se per noi è una situazione nuova, cerchiamo di fare del nostro meglio ogni giorno. Le ultime tappe sono state durissime, ma la squadra le ha gestite bene. Siamo rimasti concentrati. Ogni cosa che abbiamo fatto sinora cercheremo di ripeterla nelle due settimane che restano. E alla fine tireremo le somme».


Alaphilippe sta facendo un lavoro meraviglioso…
Raramente ricordo un campione del mondo mettersi così a disposizione. Sembra di salire su un taxi e aspettare che ti dicano di scendere. Ma tutta la squadra sta facendo grandi cose. Siamo un diverso tipo di Wolfpack rispetto ai giorni delle classiche, ma se ci fate caso siamo la squadra col maggior numero di uomini sulla salita finale, assieme forse alla Ineos. Dries Devenyns è un maestro nel posizionamento, per portare i rifornimenti, per guidarmi nelle situazioni più complicate. Anche Pieter Serry finché c’è stato (è stato costretto al ritiro per positività al Covid, ndr) ha fatto la sua parte. Potrei parlare per ore dei miei compagni…
Sei tiratissimo, ieri sulle pendenze estreme del finale sei parso a tuo agio oltre ogni previsione…
Sono il figlio di allenamenti diversi. Sono dimagrito e ho lavorato tanto su salite più ripide. Ho modificato anche il mio assetto sulla bici, per quei tratti in cui non conviene alzarsi sui pedali. Ho odiato il mio allenatore per quei lavori, non sono stati facili, ma stanno funzionando. E se vedi che la fatica ripaga, poi è più facile avere fiducia in se stessi.


Per contro si fa un gran parlare della tappa di Sierra Nevada di domenica prossima. Scalata lunga e arrivo in alta quota…
Conosco bene quella tappa, chiunque si sia allenato da queste parti sa di cosa parliamo. L’Alto del Purche è ripido. Poi arriva la salita finale, che inizia ripida, poi è lunghissima, regolare e con l’arrivo sopra i 2.500 metri. L’altitudine rischia di essere l’aspetto più difficile da gestire, ma ci sto lavorando da tutta l’estate. A Livigno ho dormito a 2.300 metri e poi all’hotel Syncrosphera anche più in alto, ma non ricordo i numeri. Domenica però è lontana, pensiamo prima alla crono di domani.
Non è tanto frequente la crono all’indomani del riposo: la tua routine quotidiana è cambiata?
Non tanto, in realtà. Avrò tempo domattina per riscaldarmi e tutte le cose che si fanno prima della crono. Oggi era importante recuperare le fatiche dei giorni scorsi e semmai mangiare un po’ di più, perché la bilancia dice che sono un po’ sceso.


Che crono ti aspetti?
E’ completamente piatta. Trenta minuti da fare a tutto gas, con qualche strappetto nel finale e l’arrivo in discesa. Conosco il percorso. Sono partito dicendo di volere un posto nei primi 10 e vincere una tappa. Domani potrebbe essere il giorno per vincere, la classifica invece andrà conquistata un po’ ogni giorno.
Che effetto fa essere davanti?
Non cambia il mio obiettivo. La Vuelta è il primo grande Giro cui punto con consapevolezza, non si può paragonare al Giro dello scorso anno. A volte guardo la maglia rossa e mi rende orgoglioso. Sono contento di averla, è come una promessa, qualcosa che devo guadagnarmi ogni giorno. Cerco di non guardare gli altri come rivali, per evitare che diventino una trappola per la mente. Nei giorni scorsi ho anche chiesto qualche cambio, però Mas non me l’ha dato. Vado avanti giorno per giorno. Se avrò buone gambe, potrò provare a incidere. Sono abbastanza sicuro che ci saranno dei momenti duri. Spero di recuperare nei prossimi 2-3 giorni per essere pronto per le tappe del weekend. E lo stesso nella terza settimana, per arrivare in forma per quelle più dure.


Quanto pesano le formalità del dopo tappa?
Per fortuna prima di cominciare avevamo studiato una strategia con la squadra. In caso di qualche maglia o di vittorie, l’obiettivo è ridurre al minimo il tempo perso fra l’arrivo e il ritorno in hotel. Per cui rulli, podio, mini conferenza stampa in zona mista, antidoping e via in hotel per iniziare a recuperare il prima possibile.
Qual è la raccomandazione che ti fanno più spesso in squadra?
Una sola, ma me lo dicono in continuazione. Mi dicono tutti di stare calmo. Per ora ci sono riuscito, nelle prossime tappe di montagna chissà…