Puccio sperava di starsene per qualche giorno in Umbria a godersi la campagna, invece si è ritrovato a fare l’infermiere. E così dopo una decina di giorni, quando è stato certo che sua sorella sarebbe potuta subentrare, ha preso sua moglie Francesca e il cane Ercole ed è tornato a Monaco.
«Non abbiamo fatto il ritiro – sorride – per il rischio di prenderci il virus. E ho scoperto di avere la famiglia tutta positiva. Non è stato bello. Ho fatto per dieci giorni l’assistente, per fortuna stanno tutti bene. Anche mio nonno Salvatore che ha 92 anni e vive in Sicilia, ma è venuto su per stare in famiglia. Ha cominciato a isolarsi prima mio fratello e poi gli altri. E così sono stato giù per fare la spesa e poco altro…».
Trentuno anni, un metro e 82 per 68 chili, “Salvo” è passato professionista nel 2011 con Sky e non se ne è più andato. Ha partecipato a 7 Giri d’Italia e 2 li ha vinti con Froome e Geoghegan Hart. Ha partecipato 6 volte alla Vuelta e ha vinto con Froome quella del 2017. Incredibilmente, vista la squadra in cui corre, non è mai andato al Tour.
Hai ricominciato ad allenarti?
Sì, ma con calma. L’allenatore ha detto di non andare oltre le due ore e mezza, piano piano. E da solo. Sono uscito un po’ di volte con Diego Rosa, ma dopo un mese di stacco preferisco ripartire per i fatti miei. Non c’è niente di peggio di uscire con gente che va troppo più forte.
Come è stato il post Giro?
Niente di speciale, ci siamo tutti un po’ dispersi. Qualche messaggio, ma rimanderemo il brindisi a quando ci troviamo. La classica cena di Natale la faremo in videoconferenza, sperando che passi tutto alla svelta. Ma devo dire che è stato un Giro stupendo, me lo dice anche la gente…
Quale gente?
In Umbria, per esempio. Mi dicono che siamo stati tutti bravi, che abbiamo animato il Giro. Che non ci avevano mai visto correre così. A parte il Giro di Froome, ma anche lì nelle prime due settimane avevamo corso al solito modo. Invece la caduta di Thomas ci ha consegnato un Giro da incorniciare.
Quanto è contato avere Tosatto in ammiraglia?
Toso ha un carisma diverso, senti che è cattivo, senti la passione. Lui si butta dentro, sentirlo alla radio ti motiva. A Brailsford piace la gente che sa di ciclismo, alla Ineos-Grenadiers non è una dittatura. E Toso il ciclismo lo vive dentro, ha corso fino a ieri in grandi squadre e con grandi capitani. I suoi consigli valgono oro. La sua cultura non la impari nei libri.
Hai più sentito Froome?
Non so se sia qui a Monaco. Mi dispiace che sia dovuto andare via, ma si è trovato con tutti questi giovani e la squadra non poteva fermarli. Lui vuole correre da leader, non potevi dirgli di tirare. A questo si sono aggiunti l’infortunio e l’incertezza del ritorno. Ma quello che ha fatto in 10 anni non si può negare.
Pensavi o pensi ancora che tornerà forte?
Quando sono tornato a casa dall’ospedale, la prima volta, dissi a mia moglie che era finita lì. Aveva una gamba normale e l’altra praticamente non c’era più. Ma se penso che ancora zoppica e ha finito la Vuelta, credo che Chris davvero non sia una persona normale. Tornerà a vincere, per tutta la fatica che ha fatto. Ha tanto sudore addosso. Talento e lavoro.
Non sarebbe mai stato pronto per il Tour, però…
E’ stato sfortunato. Gli serviva correre, qualunque gara gli sarebbe stata buona, invece si è ritrovato come tutti sui rulli. E’ già difficile essere competitivi preparandosi normalmente, immaginate voi così.
Come ti trovi in mezzo a tante facce nuove?
Col mio carattere, non ho mai avuto problemi con nessuno e in mezzo a tanti ragazzi, comincio a sentirmi vecchietto. Mi rispettano tutti, nessuno dice male di me. Del resto, non mi sono mai legato a un capitano, io sono un corridore della squadra, voglio poter lavorare con tutti.
Hai mai avuto offerte per andare via?
Anni fa qualcuno venne. Ma sono nella squadra numero uno. Siamo trattati da re, soprattutto qua a Nizza. Con tanti capitani c’è sempre da lavorare. Questo progetto è nato 10 anni fa e non è mai successo che si siano seduti. Siamo sempre aggiornati, cosa vuoi lamentarti? Se la manica del body è troppo larga, arrivano e te la fanno trovare stretta.
Come andiamo con la tavola?
I primi tempi c’erano tante leggende e magari lo chef ancora oggi mette a tavola bacche e succhi strani. Ma a parte che adesso quasi tutte le squadre seguono la stessa linea, mi ricordo che al primo anno rimasi a bocca aperta vedendo al buffet quante cose Boasson Hagen fosse stato capace di mettere in un solo piatto. Ci sono alimenti particolari, però magari nessuno li mangia. E ci sono anche ketchup e maionese, che in certe squadre italiane non si vedono proprio. Abbiamo i nostri nutrizionisti che indicano le quantità, ma io nonostante tutto sono italiano e preferisco la linea italiana. A me la pasta non la devono toccare…