Con Domenico Pozzovivo torniamo a parlare di Giro d’Italia e, in particolare, con lui non possiamo non tirare in ballo le salite. Le scalate della corsa rosa che si profila per il prossimo anno non sembrano impossibili, tuttavia qualche asperità più impegnativa c’è e appunto con Domenico abbiamo cercato di individuarne quattro. Le quattro salite più difficili, quelle che secondo lui segneranno la classifica.
E’ ormai appurato, e lo abbiamo già sentito dalle parole di Vincenzo Nibali: non è un Giro d’Italia durissimo. Lo stesso Squalo ci aveva parlato di una corsa equilibrata, ma proprio per questo c’è da capire dove questo equilibrio potrà rompersi, dove gli scalatori potranno infliggere distacchi ai cronomen, che dalla loro avranno la lunga tappa a cronometro di Viareggio.


Domenico, quindi, il Blockhaus è la salita più dura di questo Giro d’Italia?
Il rischio c’è, però devo dire che secondo me la scalata più dura, anche ai fini della tappa e della classifica, possa essere il Giau. Lo è sia per le sue pendenze sia per il dislivello e la quota.
Ma non è lontano dall’arrivo?
In una tappa del genere chi vuole attaccare da lontano può farlo anche dal Giau, ma deve avere dei compagni o un punto di riferimento, perché la salita successiva è il Falzarego che, da quel lato, è piuttosto facile. Se dietro si organizzano, chi prova l’azione rischia di restare “con una gamba di qua e una di là”. Una volta avrei detto che il Giau è troppo lontano dall’arrivo; in questo ciclismo dico di “ni”, perché gli attacchi da lontano sono più frequenti, specie con l’aiuto della squadra. E poi c’è un altro aspetto che riguarda il Giau
Quale?
Le sue pendenze e la sua durezza possono influire sulla salita finale di Pian di Pezzè, che ricordiamo essere molto impegnativa, però è una scalata che durerà al massimo 15 minuti.


Del Blockhaus invece cosa ci dici?
Resta una salita estremamente impegnativa. Rispetto alle altre volte si attacca un po’ più in quota, non proprio dal fondo, dove ci sono quei 5-6 chilometri in più interlocutori che non sono difficili ma, alla fine, contano. Tuttavia è una salita che potrebbe fare meno sfracelli di quanto si pensi.
Perché?
Perché non ci sono grandi salite prima e il rischio è che, essendo una tappa molto lunga, una tappa old style in un Giro definito moderno, i big si controllino fino alla fine. Un’altra salita, la terza nel mio ordine di durezza, che potrà incidere è quella di Carì, in Svizzera. E’ simile a Pila, ma un po’ più dura: a Pila si sale intorno al 7 per cento, a Carì le pendenze sono tra l’8 e il 9 per cento. La strada in entrambi i casi è larga e regolare, quasi da Tour de France. Però dico che alla fine Carì sarà più incisiva perché, rispetto a Pila, è molto più corta: Pila sono quasi 20 chilometri, Carì sono 8-9. Entrambe le frazioni sono corte, ma quella di Carì è più facile prima, quindi rischia di essere una scalata molto più esplosiva. Questa la segno di sicuro.


E la quarta salita?
Non può che essere Piancavallo. Va menzionata: è l’ultimo tappone e l’ultima scalata del Giro d’Italia. Non vanta numeri impossibili, ma è una salita impegnativa. La doppia scalata vuole ricordare quella del doppio Grappa di un paio d’anni fa, ma è meno dura. Di contro qui si arriva in cima. Piancavallo, se si prende forte da sotto, può fare danni: la parte più dura è quella iniziale, poi addirittura c’è una microdiscesa ai meno sei chilometri.








Quindi Domenico, facci la tua classifica di durezza…
Giau, Blockhaus, Carì e Piancavallo.
Andiamo nell’ordine di come arriveranno queste salite nel corso del Giro. Che scenari ci possiamo aspettare su ognuna?
Come accennavo, il Blockhaus rischia di essere una tappa di attesa, una frazione in cui arriva la fuga. Non mi aspetto che i big lottino per prendere la maglia già alla settima tappa: la corsa diventerebbe dura da controllare. I chilometri sono tanti e senza salite impegnative prima, Roccaraso è facile, quindi sarà una tappa per attaccanti. Del Giau ho già detto: chi vuole attaccare deve avere per forza un punto d’appoggio in vista del Falzarego. Questa nel complesso è una tappa molto dura: prima del Giau ci sono già altre salite e siamo nel pieno della terza settimana, quando la fatica si fa sentire.
Andiamo avanti. Da Carì cosa ti aspetti?
Può incidere molto sull’economia del Giro d’Italia. Salita esplosiva che arriva dopo il giorno di riposo: può creare scompiglio. E’ quasi una tappa da Vuelta. Può esserci spettacolo, possono esserci distacchi, anche perché su quelle pendenze se si attaccano presto si può fare una gran differenza. Senza contare che arriva dopo il giorno di riposo, un’incognita ulteriore.


L’ultima è Piancavallo…
La resa dei conti. Bisogna fare i conti con le energie rimaste. Va presa di petto, soprattutto nel secondo passaggio. Si può fare forte anche al primo, ma lì serve un punto d’appoggio, perché tra la prima e la seconda scalata ci sono 25 chilometri di pianura. Dipenderà tanto anche dal tipo di fuga che ci sarà… ammesso che ci sarà. E’ una salita che, arrivando a fine Giro, può incidere molto se affrontata forte.
Quali sono le tue salite preferite tra queste? E che ricordi hai?
Faccio fatica a scegliere, perché ce ne sono due tra le mie preferite in assoluto: Blockhaus e Giau. Vado sul ricordo più recente, legato alla mia “carriera 2.0”, quella dopo l’incidente del 2019. Sul Blockhaus nel 2022 ebbi una delle poche possibilità di giocarmi veramente la vittoria: non mi capitava più tanto spesso. Ricordo che andai forte e fui soddisfatto della mia prestazione. In più ero contento anche per Valentino Sciotti perché, in qualche modo, correvo a casa sua e la sua azienda era sponsor. Ma anche del Giau ho ricordi speciali.


Raccontaci di questa scalata dolomitica…
Giro 2012, ricordo che ci scambiammo dei “colpi di fioretto” con Michele Scarponi. La tappa arrivava a Cortina, se ricordo bene vinse Purito, io feci sesto. L’ultimo chilometro e mezzo del Giau mi misi a tirare, anche perché ero un po’ indietro in classifica: eravamo rimasti in pochi e a me andava bene così. Infatti transitai in testa. Di entrambe queste salite ho un bel ricordo. Però, se devo dirla tutta, c’è un’altra salita che bisognerebbe aggiungere.
Prego…
Secondo me, come numeri la salita più difficile di questo Giro è la Montagna Grande di Viggiano (nella quinta tappa, ndr), tra l’altro nelle mie zone d’origine e ancora di più in quelle di Alessandro Verre. Le salite menzionate prima saranno le più incisive, ma come pendenza media la Montagna Grande di Viggiano è l’unica superiore al 10 per cento di tutta la corsa rosa. E chissà che non ci faccia un salto prima del Giro… magari fisso anche un KOM!