Archiviato il Delfinato e da stasera anche il Tour de Suisse, non resta che attendere il Tour de France. Tra i grandi appuntamenti è il prossimo della lista e vedrà il grande duello fra Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard.
Duello che quest’anno abbiamo visto solamente sulle strade di Francia, alla Parigi-Nizza. Uno ha saltato la Liegi e l’altro sempre alla Doyenne si è infortunato. Uno era ai Paesi Baschi e l’altro alle classiche del Nord.
Dodici pari
E quando dovevano incontrarsi, giusto al Delfinato, il corridore della UAE Emirates ha dovuto alzare bandiera bianca proprio a causa dell’incidente alla Liegi. Quindi sfida rimandata alla Grande Boucle.
Ma alla mano la sfida è già in essere se vogliamo. Ogni volta che Pogacar e Vingegaard hanno corso, in questa stagione, hanno sempre vinto o lottato per la vittoria. Impressionanti i rispettivi ruolini di marcia nelle prime gare. Tre vittorie in altrettanti giorni di gara disputati ad inizio 2023. E per entrambi. Dodici vittorie per Pogacar e dodici vittorie anche per Vingegaard. Nell’unico testa a testa a vincere è stato però lo sloveno. Tadej ha battuto Jonas alla Parigi-Nizza.
E allora Edoardo Affini, compagno di Vingegaard, e Matteo Trentin, compagno di Pogacar ci raccontano come hanno visto i loro capitani in quella corsa. Il marcamento a uomo. Il rapporto tra di loro…
Parla Trentin
Iniziamo da Pogacar, che la Parigi-Nizza l’ha vinta. E quindi parola a Matteo Trentin, che Tadej lo conosce bene e spesso gli è stato vicino.
Matteo, una grande sfida alla “corsa del sole”: come li hai visti?
Ah, quando loro due erano davanti io ero abbastanza indietro quindi ho visto poco! Sicuramente erano i due fari della corsa e lo hanno dimostrato in tutte le tappe di salita. Quella volta è stato Tadej, ma tra i due c’era un grande rispetto, nel senso che non sapevi mai come andava l’altro.
In gruppo cosa hai notato: Tadej aveva un occhio in corsa,verso Jonas? Lo studiava?
Non particolarmente direi. Semmai, ho visto che faceva parecchia attenzione magari ai traguardi volanti, altrimenti ognuno si faceva gli affari suoi.
Perché i traguardi volanti?
Più che altro nelle prime tappe, perché c’era la crono a squadre, nella quale loro erano favoriti. Allora Pogacar voleva mettere da parte qualche secondo. Quindi se non c’era la fuga, o se c’era ancora un abbuono disponibile cercava di prenderlo. Voleva accumulare un piccolo tesoretto, anche se poi è andata meglio del previsto. Se ricordate era uno cronosquadre particolare: loro sono arrivati in tre, noi da soli e solamente con Tadej.
Invece fuori corsa? Pogacar faceva domande su Vingegaard, magari qualche tattica particolare in riunione…
No, molto tranquillo come sempre. Ovvio, prima del giorno della tappa in salita si parlava anche di Vingegaard e della Jumbo-Visma e penso che lo stesso discorso facevano dall’altra parte. Poi ad inizio stagione, la prima vera salita, si fa anche fatica a capire davvero i valori. Poi a noi è andata bene. Perché sulla prima salita ha attaccato per primo Vingegaard che poi è andato in difficoltà.
E ti è sembrato più concentrato del solito Tadej? In qualche modo c’era il conto aperto dal Tour scorso…
Fin lì entrambi avevano sempre vinto le corse fatte e questo già dice quanto entrambi fossero concentrati. Quel che ho notato io è che all’inizio, prima della tappa di montagna, Tadej ha corso più al risparmio. Voleva stare alla finestra, tastare il polso a Vingegaard. Anche nella prima tappa di salita: ha lasciato che facesse tutto lui… fino a che non si è accorto che poteva staccarlo. Ecco quel giorno sì ha giocato d’astuzia.
Cioè?
Lo ha guardato. Ha aspettato che Vingegaard fosse dall’altra parte della strada e a quel punto ha affondato il colpo… da furbastro. E’ stato un momento importante. Poi dopo quel giorno Tadej ha capito che forse era più forte e ha vinto ancora. Ha stravinto a Nizza. Comunque sia, quando si andava forte restavano loro due. Un po’ di più Tadej, ma anche Jonas andava forte.
Parla Affini
E da Trentin ci spostiamo in casa Jumbo-Visma con Edoardo Affini. Il guardiano dei guardiani con la sua prestanza fisica e i suoi tantissimi watt. Il mantovano ci racconta la Parigi-Nizza di Vingegaard.
Edoardo, tu cosa ci dici?
Da Matteo a me! Sapete che lo chiamo ancora “capitano”? Quando sono passato pro’ era uno dei leader della Mitchelton-Scottt. Cosa dire? Anche io li ho visti poco perché o ero davanti a tirare in pianura oppure ero staccato dietro! Soprattutto nelle prime tappe, quando c’era più nervosismo, cercavamo di stare davanti e di fare la nostra corsa. Ma se li vedevamo muoversi, salire, anche noi cercavamo di fare la stessa cosa. Come loro nei nostri confronti.
Come ti è sembrato Vingegaard in gara?
In generale rilassato. Io sapevo come stava Jonas, ma non come stesse Tadej. Sapevamo che il nostro capitano non era al massimo. Nonostante il buon inizio aveva avuto qualche problemino prima della Parigi-Nizza e quindi non era proprio al 100 per cento. In ogni caso è stata una bella sfida ed entrambi sono stati fortissimi.
In corsa si parlavano mai?
Onestamente non ci ho fatto caso, ma non si ignoravano.
Vingegaard gli dava un occhio di riguardo?
Sì, ma non in maniera maniacale. Guardava anche gli altri avversari della classifica generale. La tappa che ha attaccato e poi è calato è servita anche per capire davvero a che livello fosse e per trovare dei punti di riferimento. Poi sì, in riunione lo guardavamo, anche nella tappe precedenti. Magari vedevamo come attaccava: magari faceva “X” secondi a tutta e poi recuperava un minuto. Uno studio dell’avversario anche per non farsi prendere dal panico nel momento in cui ci si sarebbe ritrovato.
E in generale come lo hai visto?
E’ chiaro che aveva un avversario più forte in quel momento e cercava di attaccarlo senza mettere poi in difficoltà me stesso… ma non era facile. Ma in generale, dopo la vittoria del Tour, come è normale che fosse, ho visto un Vingagaard più sicuro di sé. E più chiaro anche con noi gregari. Sapeva cosa voleva e come lo voleva. Per esempio in alcuni momenti di stress si è mosso più da leader. Si è fatto portare più avanti, proteggere… Più personalità.