Approfittando della presentazione del Tour, L’Equipe ha accolto Pogacar nella sua redazione di Boulogne-Billancourt alle porte di Parigi e lo ha messo di fronte a dieci abbonati, che hanno avuto il privilegio di porre una serie di domande allo sloveno. Una sorta di plotone di esecuzione, cui Tadej si è sottoposto col sorriso, svelando sfumature che finora non erano mai emerse.
E’ così saltato fuori che il suo battito cardiaco è straordinariamente lento ed è stato recentemente misurato a 38 battiti al minuto. Quest’anno inoltre Pogacar ha battuto i suoi record di potenza, facendo registrare 500 watt medi, durante i 10 minuti di salita della Côte de la Croix Neuve.
Pogacar ha anche parlato dei giorni più belli della carriera, ma anche delle sconfitte. E ha chiuso con due pensieri. Il primo è la consapevolezza di non poter durare troppo a lungo correndo sempre così tanto e a questi livelli. Il secondo è la speranza di non essere ricordato come un cannibale che ha voluto vincere tutto, ma come un ragazzo normale.
A seguire, ecco allora alcune delle sue risposte su alcuni dei temi sollevati dai lettori francesi.
Da bambino nessun eroe
«Ho iniziato a pedalare nel 2008 alla periferia di Lubiana, per fare come mio fratello (Tilen), che ha due anni più di me. Dato che gareggiavo contro lui e gli amici della sua età, mi ci è voluto un po’ per ottenere i miei primi risultati. Ho vinto la prima gara al secondo anno, un traguardo in salita. Affrontavamo gli ultimi sei chilometri della salita locale, mi sembrava enorme in quel momento.
«Non avevo davvero un idolo: ho visto Alberto Contador, Andy Schleck, il loro duello al Tour del 2010 è stato super divertente, ma non ho visto molte gare in TV. Da ragazzo, non avevo davvero nessun corridore come eroe».
La personalità del padre
«Penso di aver preso la freddezza in parte da mio padre (Mirko), che può essere piuttosto duro ma è sempre molto rilassato. In verità credo di sentire la tensione come tutti gli altri. Sento una scarica di adrenalina prima di ogni salita e sono preso dallo stress all’avvicinarsi di ogni sprint. Inoltre, cerco di prendere tutto in modo rilassato.
«Non seguo nessuna preparazione mentale specifica, non vedo psicologi, è la mia natura e ne sono felice. Amo il mio sport e cerco di conservare il bello, anche nelle giornate brutte».
Il secondo posto al Tour
«Non ho rivinto la maglia gialla, ma ho passato un anno fantastico. Ho vinto quasi tutto quello che volevo (UAE Tour, Strade Bianche, Tirreno-Adriatico, tre tappe del Tour, GP di Montreal, Giro di Lombardia) mentre per intensità è stata probabilmente la stagione più dura che ho dovuto fare. Dopo il Tour mi sono ripreso bene e mi sono proiettato verso il resto.
«In qualche modo, questo secondo posto è stato a suo modo una vittoria. Ho imparato molto e ne ho ricavato molte motivazioni. Ho sentito più amore dal pubblico che dopo le mie due vittorie al Tour».
Roubaix: no, grazie
«Potevo aver vinto il Fiandre, invece sono finito quarto. Questo duello contro Mathieu Van der Poel rimarrà uno dei momenti salienti della mia stagione. Ero un debuttante in gara, non avevo idea di cosa aspettarmi, ma ho avuto un’ottima giornata. Ero molto arrabbiato per aver perso, ma me ne sono subito dimenticato. Non è un brutto ricordo e mi piacerebbe tornarci.
«La Parigi-Roubaix invece aspetterà. Non è una corsa per gente del mio profilo, dovrei mettere su qualche chilo. Per divertimento? Semmai alla fine della mia carriera. La Roubaix è più dura delle tappe del Tour sul pavé. Il fondo è peggiore e si va più veloci».
Nessuno è per sempre
«Essere al vertice in due grandi Giri è molto difficile, tre è semplicemente impossibile. Sarebbe una perdita di tempo. Voglio fare il Giro d’Italia, ma per ora non ci penso troppo. Verrà dopo. Neanche fra troppo tempo, in realtà, perché le mie stagioni sono lunghe e non puoi durare tanto quando sei sempre al 100 per cento. Posso migliorare ancora, in particolare nella cronometro e sulle lunghe salite.
«Vorrei anche parlare meglio il francese, visto che mia madre (Marjeta) lo insegna a Lubiana, ma quando sei piccolo, non vuoi fare come i tuoi genitori. Per questo non l’ho imparato bene. So dire croissant, baguette… quel che serve per ordinare la colazione in panetteria».