«Di Wouter Weylandt ho un ricordo bellissimo. Quell’anno condividemmo la camera durante classiche, io ero al primo anno da professionista e fu una bellissima esperienza passare quel periodo assieme a lui. Parlava anche italiano, quindi per me che ero appena entrato nel professionismo era semplice stare con lui. Invece di quel tragico giorno ricordo uno shock. Ricordo che ero a casa, la televisione diceva che Weylandt era morto… Che dire, ci son poche parole per descrivere quella giornata se non“ terribile”. E’ stato davvero un bell’omaggio da parte del Giro d’Italia. Lo portiamo tutti nel cuore».
Da Weylandt a Novara
Nizzolo dice tutto d’un fiato nel buio della seconda notte al Giro d’Italia. Il Giro d’Italia ha ricordato i 10 anni dalla morte di Weylandt con una gigantografia del suo numero 108 alla partenza, davanti cui il gruppo si è fermato in un minuto di raccoglimento. Poi è iniziata la corsa e il traguardo di Novara ha visto Nizzolo secondo, ma un po’ come per la crono tra Ganna e Affini, nella sua voce non c’è una delusione particolare.
«La storia dei secondi posti inizia a scocciarmi – dice – chiaro che tutti vorrebbero vincere. Non credo che il mio valore sia legato alle vittorie, anche se me la meriterei. Se verrà, sarò il primo ad essere felice. In passato ci sono stati tanti piazzamenti che mi sono bruciati, questo meno. Merlier ha fatto gran volata. Sapevo che era così forte. L’avevo anche detto a Missaglia andando alla partenza. Ero contento di stargli a ruota perché di solito parte lungo…».
La prova del nove
Con Giacomo avevamo parlato anche ieri e aveva spiegato che la prima volata è un po’ un’incognita e, confermandolo, aggiunge che quanto visto ieri sarà un utile punto di partenza.
«Esatto – dice – sono contento, era una tappa per velocisti puri e Merlier è un bel velocista. Dopo le classiche ho staccato un po’, dovevo recuperare. Per cui non sapevo bene cosa aspettarmi. Non mi sono allenato inseguendo qualcosa di particolare. Ieri ho avuto buone sensazioni, oggi sarà la prova del nove. Il discorso meteo sarà decisivo, a me non piace correre sotto la pioggia. Durante la tappa, Viviani mi ha un po’ spiegato il percorso, dato che è andato a vederlo…».
L’autodichiarazione
La maglia. La bicicletta. Il casco. Non c’è parte del suo kit che non ricordi il tricolore, coperto dalle insegne di campione d’Europa. E non è un mistero che correre il Giro con la maglia di campione italiano avrebbe avuto un altro sapore.
«Fa strano non avere addosso il tricolore – sorride – ma come avete visto, cerco di metterlo dovunque. In ogni caso è bello correre anche con la maglia di campione d’Europa, mi riconoscono, chiamano il mio nome. L’idea della bici con quei colori nasce da una mia indicazione. I grafici di Bmc avevano fatto delle proposte e sono stati bravi a fare la sintesi con le mie idee. Mentre il casco è pure tricolore e con l’idea dell’autodichiarazione, sul fatto che sono qui per una vittoria di tappa, spero di aver strappato un sorriso e insieme ricordato il difficile momento Covid da cui stiamo uscendo».
Moda e bici
Il ciclismo e il Giro in questi giorni stanno facendo la loro parte per portarci fuori da quella prospettiva dolorosa e bloccata. Il pubblico è presente lungo le strade con la mascherina, mentre sul fronte delle distanze ci sarebbe da dire qualcosa, anche se la sensazione, in una fase di riapertura degli stadi, è che ci sia la necessità di tenere la briglia sciolta per non avere figli e figliastri.
«Stiamo tornando alla normalità – chiude Nizzolo – direi che dopo questi mesi il ciclismo è diventato uno sport super di moda. Probabilmente è quello che prima mancava, fa piacere a tutti, a noi per primi che ne abbiamo fatto il nostro mestiere. E’ una bellissima cosa».