Pello Bilbao, discesa full gas pensando a Scarponi

22.04.2021
4 min
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C’è tanto Scarponi ancora nel gruppo, anche se sono passati quattro anni. Te ne accorgi la mattina quando al ricordo si abbassa lo sguardo. Te ne accorgi sfogliando i social. E soprattutto te ne rendi conto dopo l’arrivo, quando Pello Bilbao racconta con trasporto di aver fatto una discesa da kamikaze per dedicargli la vittoria.

E’ appena finita la tappa più impegnativa del Tour of the Alps e come spesso accade quando ci si aspetta il finimondo, il mondo è ancora qui con le vette, i prati e il sole del Trentino. Sivakov si è staccato per la botta di ieri e Pello ne ha preso il posto, dopo un giorno di controllo in cui Yates ha mostrato i muscoli quel tanto che è bastato per raffreddare gli entusiasmi di Vlasov. Il colpo di scena, dunque, c’è stato proprio alla fine quando il basco del team Bahrain Victorious è piombato sui due più forti della salita. Li ha agganciati in uno degli ultimi tornanti in discesa e li ha allungati ancora un po’. E poi li ha freddati in volata, con Vlasov che ha picchiato il pugno sul manubrio e Yates a dare l’impressione di disinteressarsi.

«Ero venuto per vincere una tappa – racconta Pello – dopo un secondo posto ai Paesi Baschi dietro Izagirre che ancora mi brucia. Ci ho provato sin dalla prima tappa. Martedì al primo arrivo in salita ho sofferto, ho provato ad andare con il mio passo, ma quando ho ripreso i migliori, Yates aveva già fatto il vuoto. Ieri poteva essere un bel giorno, ma non abbiamo agganciato Moscon e Grosschartner per un solo secondo. E oggi sapevo che la discesa potevo recuperare il distacco dell’ultima salita e giocarmi la tappa. Per questo l’avevo studiata con Pellizotti…».

Froome in fuga: primo segnale di vitalità del britannico
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Pellizotti e il GPS

Franco lo troviamo dopo che la baraonda del pullman si è posata e i corridori si sono messi giù cercando di recuperare e lanciando ogni tanto ancora qualche incitamento al vincitore di tappa.

«Non conoscevo la discesa – spiega – ma usiamo come tanti VeloViewer che ci permette di interagire con Google Maps e di piazzare l’omino nelle varie curve per capire come sono fatte. I tornanti non davano problemi, perché si vedeva bene la strada dopo. Invece due curve erano più pericolose di altre e volevamo anche capire come fossero fatte quelle nell’ultimo chilometro della discesa, per capire se si potessero fare senza frenare. Lo strumento è utile e con Pello si va sul sicuro, perché guida benissimo. Sapevo che se avesse scollinato con 15 secondi, ce la giocavamo. Yates non avrebbe rischiato di cadere, avendo la maglia. Pello sta andando forte ed è intelligente. Ha capito che non gli conveniva dare tutto nel tratto ripido della salita, perché in cima il finale spianava e avrebbe potuto riconquistare il terreno perduto».

Gianni Moscon riceve una di quelle visite che mettono di buon umore
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Dedicato a Scarponi

Pello è lucido in ogni cosa che dice. E quando gli chiedono se con queste vittorie non si senta sottovalutato e non ambisca piuttosto a essere leader della squadra, resiste alla vanità e risponde con la testa.

«Non mi sento sottovalutato – dice – sono perfettamente d’accordo con la gestione che il team fa di noi corridori. Al contrario, trovo che sarebbe stressante essere leader per 90 giorni all’anno. A me piace aiutare i compagni e che siano loro ad aiutare me quando sto meglio. E’ bello vincere, ma è bello anche quando vedo che il resto del team va a segno anche grazie al mio lavoro. Oggi però vincere ha un sapore particolare, perché è il quarto anniversario della morte di “Scarpa” e la vittoria volevo dedicarla a lui. Ho preso tutti quei rischi anche per questo. Abbiamo corso insieme per meno di un anno (il 2017, ndr), ma ho fatto in tempo a capire quale persona speciale fosse. Un corridore fantastico e un uomo capace di relazionarsi in modo grandioso con gli altri».

Hindley (18°) e Bardet (8°), continua la costruzione della forma Giro
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Discesa da brivido

La discesa che per Pello è stata il trampolino verso la vittoria ha messo tanti corridori in crisi. «A un certo punto – raccontava Fabbro sull’arrivo – ho cominciato a vederne troppi che cadevano o arrivavano lunghi nelle curve. Ho da fare un Giro d’Italia e ho preferito pensare alla salute. E se oggi ho pagato la fatica di ieri, domani dovrò ancora andare in fuga».

E’ il bello di questa corsa nervosa e selvaggia. Ogni giorno una fuga e nella fuga mai personaggi banali. Oggi nel gruppetto ripreso proprio all’inizio dell’ultima salita viaggiava addirittura Froome, che ha compensato il senso di una timida ripresa con una curva sbagliata e la conseguente, lieve caduta. Domani l’ultima tappa. Yates appare sicuro, Pello non ha troppo da perdere, Sivakov vorrà rifarsi. Agli italiani resta l’opzione fuga. Bisogna dire che finora non ci è andata affatto male.