Paesi Baschi, 36 chilometri all’arrivo: di colpo l’inferno

05.04.2024
6 min
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«Le strade tendenzialmente sono perfette – racconta Rota – e anche il grip è abbastanza buono. C’è molto nervosismo, il livello è altissimo. Se guardate la start list qui ai Baschi, è a livello Tour. Ovviamente ci sono quei 4-5 grossi team che hanno i loro leader migliori e hanno portato una squadra fortissima e tra di loro c’è sempre guerra, che inevitabilmente fa alzare il livello, il nervosismo, la velocità e tutto quello che ne consegue».

Ieri al Giro dei Paesi Baschi è successo un vero inferno. Una discesa prima dell’ultima salita, uno scolo dell’acqua, i primi della classifica tutti davanti e di colpo la caduta che ha riempito tutte le pagine social del mondo del ciclismo. L’apparenza dice che l’abbia innescata Tesfatsion, ma quando si va a quelle velocità basta una sbandata e tutto precipita. Sono giorni che all’Itzulia si continua a cadere, ma questa volta il bilancio è pesantissimo.

Roglic, il  leader della corsa, se l’è cavata con una scivolata e alla fine ha preferito ritirarsi. Evenepoel ha riportato la frattura di una clavicola e della scapola. Vingegaard è andato via in ambulanza, con la maschera dell’ossigeno e fratture della clavicola e di svariate costole. Jay Vine ha riportato la frattura di due vertebre cervicali e di due vertebre toraciche. E alla fine, per una decisione scombinata della Giuria, la fuga dei sei è stata lasciata andare al traguardo con la vittoria di Mejnties, mentre la corsa del gruppo è stata neutralizzata.

Poco da brindare

Rota è compagno di squadra del sudafricano. E pur riconoscendo la stranezza della giornata vissuta nei Paesi Baschi, ieri sera in casa Intermarché-Wanty hanno minimamente festeggiato.

«Un po’ abbiamo fatto festa – racconta il bergamasco – ma abbiamo tenuto un basso profilo, dopo una giornata come questa. Sicuramente se non ci fosse stato tutto quel casino, difficilmente sarebbe arrivata la fuga. Meglio per noi, la vittoria non ci fa schifo, ma certo mi rendo conto che sia venuta in modo un po’ strano.

«Il gruppo era abbastanza nervoso. C’era questa discesa molto tecnica e arrivavamo da una salita corta ma dura. Tutti volevano stare davanti, anche perché dopo la discesa tecnica c’era subito una salita dura di due chilometri e quindi avere la posizione giusta era fondamentale».

Reuben Thompson della Groupama-FDJ era nella fuga: il commissario della Giuria spiega
Reuben Thompson della Groupama-FDJ era nella fuga: il commissario della Giuria spiega
Pensi che fra i primi ci fosse in ballo la classifica?

Forse qualcuno avrebbe attaccato, anche perché l’ultima salita era veramente dura. E poi era a 5-6 chilometri dall’arrivo. Per questo la fase era concitata. Tutti volevano stare davanti e siamo arrivati a quella curva troppo forte e purtroppo sono andati dritti. Personalmente non conoscevo la discesa, qualcuno ha detto che una parte sia stata fatta in una delle prime tappe dell’ultimo Tour.

Quando avete visto quel mucchio di gente, avete capito che non sarebbe stata una giornata normale?

Sicuramente non normale, anche se negli ultimi giorni abbiamo fatto parecchi mucchi. Alla prima tappa siamo caduti in 20-25 corridori, mercoledì sono caduti due volte. Però si è capito che questa fosse una caduta abbastanza brutta. C’era uno scolo dell’acqua in cui sono scivolati, però non pensavamo che sarebbe finita così.

Durante l’attesa siete andati all’ammiraglia?

No, semplicemente siamo stati lì. Ci hanno portato un po’ d’acqua, quello di cui avevamo bisogno, anche perché inizialmente pensavamo che la gara sarebbe ripresa. Poi hanno deciso di neutralizzarla, ma eravamo tutti pronti per ricominciare.

Che cosa vi dicevano mentre aspettavate?

Praticamente niente. Non ripartivamo perché non c’era più l’ambulanza, non c’erano le condizioni di sicurezza, quindi ci hanno fermato. Ci hanno detto che probabilmente la corsa sarebbe stata neutralizzata e dopo un po’ abbiamo capito che non sarebbe stata una pausa breve. Hanno preso una decisione abbastanza strana, perché a quelli davanti hanno lasciato briglia sciolta, mentre al gruppo non è stata data la possibilità di giocarsi la tappa. Però non sono io la Giuria, quindi non so cosa dire. Per noi dell’Intermarché è stata una cosa buona, però in effetti non c’è stata proprio parità.

Vi siete resi conto che fossero finiti per terra tutti i big?

Io personalmente ero messo abbastanza bene e quando ho visto che sono caduti davanti, ho immaginato che potessero esserci uomini importanti. Ma che ci fossero tutti i big, sinceramente non me lo aspettavo. Anche perché in una fase così veloce, ero concentrato sul non cadere a mia volta.

Dopo l’arrivo, Kuss racconta la giornata in cui la Visma-Lease a Bike ha perso Vingegaard
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Parliamo di te, come stai?

Sono tornato quattro giorni fa dall’altura e sono ancora in fase di rodaggio. Nella prima tappa stavo molto bene, ma sono caduto e per fortuna non mi sono fatto niente. Mercoledì stavo già un pochino meglio e sono arrivato settimo. Oggi, così e così. Però il mio focus è sulle Ardenne e sono fiducioso che sarò al 100 per cento.

Altura in Colombia o più vicino?

Questa volta sono stato a Sierra Nevada, anche se il tempo non è stato clemente. Ho optato per un’altura un po’ diversa quest’anno, anche perché l’anno scorso, la seconda volta che sono stato in Colombia, non ha funzionato molto bene. Così ho optato per un’altura europea, un po’ differente. Per cui speriamo di uscire bene da questa corsa e poi, un giorno per volta, cercheremo di arrivare bene alle Ardenne.

Skjelmose è il nuovo leader del Giro dei Paesi Baschi, ma non ha voglia di festeggiare
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Nuovo leader

Purtroppo la Liegi non vedrà per l’ennesima volta il duello fra Pogacar ed Evenepoel. Il Giro dei Paesi Baschi ha davanti ancora due tappe, con Mattias Skjelmose che da ieri sera ha indossato la maglia di leader.

«Oggi è un giorno davvero triste – ha commentato – il mio pensiero va a tutti i ragazzi caduti oggi, a partire dal mio compagno di squadra (Tesfatsion, ndr). Ora sono il leader della corsa, ma ovviamente non c’è niente da festeggiare. Tutto è successo molto velocemente e all’improvviso. Natnael è caduto davanti a me, mi sento fortunato di non essere stato coinvolto. La strada era accidentata, stavamo tutti lottando per la posizione e sfortunatamente il gruppo è arrivato a quella curva un po’ troppo veloce. Quando il primo corridore è caduto, gli altri lo hanno seguito. Il livello della competizione è alto, così come il livello dello stress e del nervosismo. Questo è un dato di fatto, questo è il ciclismo in questo momento».