Con il secondo posto al Gran Piemonte dietro Matthew Walls (foto di apertura) olimpionico nell’omnium a Tokyo, Giacomo Nizzolo ha chiuso la sua stagione. Si sarebbe portati a pensare che, avendola iniziata con ben due maglie addosso (quella tricolore e soprattutto quella continentale), il suo giudizio finale sia negativo. Non è così, perché caratteristica del corridore milanese è saper vedere sempre il bicchiere mezzo pieno.
Prima di fare le valigie per le meritatissime vacanze e il tempo da dedicare finalmente a se stesso, il corridore della Qhubeka fa il suo bilancio: «E’ una stagione positiva: ho corso per ben 71 giorni che non sono davvero pochi. Ho vinto 3 gare (Clasica de Almeria e Circuito di Gexto ma soprattutto la tappa di Verona al Giro, ndr), ma per 26 volte sono stato nella Top 10, significa che le prestazioni sono state nel complesso buone e che soprattutto sono stato costante nel rendimento. Certo, qualche successo in più…».
La vittoria più importante?
Quella di Verona, non c’è neanche da dirlo. Ho sfatato un tabù, al trionfo nella corsa rosa ci tenevo tantissimo e l’ho inseguito per una carriera. Ho chiuso una casella importante.
La sconfitta nel Gran Piemonte ti ha fatto arrabbiare?
Quando arrivi secondo sei sempre un po’ rammaricato, pensi a che cosa è mancato per fare quel piccolo salto, ma in fin dei conti conferma quel rendimento positivo di cui parlavo prima. Il Gran Piemonte è una corsa che si sposa perfettamente con le mie caratteristiche, anche se l’ho disputato solo due volte: una volta vincitore e una secondo, non è male…
Resterai in Qhubeka?
E’ una bella domanda alla quale in questo momento non posso rispondere, diciamo che come tutti gli altri sono in attesa dell’evoluzione della situazione (il team africano, in arretrato con i pagamenti, ha lasciato liberi i propri corridori di cercare un nuovo ingaggio per il 2022. Nel caso di Nizzolo si parla di Israel-Start Up Nation, ndr).
Visto che siamo in sede di bilanci, la tua esperienza con il team africano com’è stata?
Finora molto positiva, è la perfetta espressione di quel che è il ciclismo odierno, forse lo sport più globalizzato che c’è. Rispetto alle altre squadre è forse quella più internazionale perché ci sono atleti di tantissime nazioni. Anche se ha affiliazione africana, non è diverso dagli altri team, ha una forte influenza anglosassone e base in Belgio, come praticamente tutti.
A prescindere da dove correrai, ti sei già fatto un’idea di quel che vuoi dal 2022?
La stagione che si è appena conclusa mi ha detto che posso avere qualche carta da giocare nelle Classiche e voglio farlo con convinzione. Sarà decisivo l’inverno, il lavoro da fare, infatti dopo queste tre settimane di stacco assoluto riprenderò subito per farmi trovare pronto per i primi ritiri. Il lavoro di preparazione andrà fatto con grande concentrazione.
Quali sono le classiche alle quali guardi con maggiore attenzione?
La Milano-Sanremo naturalmente per un corridore come me non può non essere un obiettivo, ma anche quelle del Nord, come la Gand-Wevelgem dove sono arrivato secondo quest’anno. Lo stesso Giro delle Fiandre forse è un po’ troppo duro, ma vorrei comunque provarci. Fra le 5 corse fatte in Belgio quest’anno, è stata l’unica che non ho finito, ma sono convinto che posso ottenere qualcosa anche lì.
E’ un peccato che hai chiuso con il Gran Piemonte, visto che la Parigi-Tours era a un tiro di schioppo…
Se ne parlerà l’anno prossimo, mentalmente sono troppo stanco, appena tagliato il traguardo vedevo solo le vacanze…