A ben guardare i risultati degli italiani nella Campagna del Nord, non tutto è da cancellare, anzi. Ci sono stati giovani che si sono messi in luce e uno addirittura ha agguantato il podio. Certo, la Danilith Nokere Koerse non è tra le classiche più in vista, ma è sempre una prova belga, una di quelle dove se non hai qualità non emergi. E di qualità, Luca Mozzato ha dimostrato di averne tante.
Lo avevamo lasciato a Montichiari, affrontare allenamenti su pista con la mente già rivolta alla sua avventura alla B&B Hotels in Francia, non senza un pizzico di apprensione. Al ritorno dal Belgio lo stato d’animo è molto cambiato: «E’ stato un periodo molto proficuo – dice – nel quale ho dimostrato di essere competitivo, ma è stata dura, sono corse nelle quali ti viene richiesto sempre il massimo, senza momenti per rifiatare».
Al di là dei risultati, l’impressione è che tu non abbia mai affrontato le corse belghe in maniera passiva, cercando sempre di portare a casa qualcosa…
E’ un po’ la mia caratteristica, poi serve sempre fortuna e credo di averne avuta. Certo, a Nokere, se la fuga da lontano non fosse andata in porto magari poteva andare diversamente, ma non è neanche detto che una volata a gruppo compatto l’avrei vinta se si lottava per qualcosa di più del terzo posto. So però che mi sono fatto notare, anche alla Schelderprijs (7°, ndr), ho avuto un po’ di fortuna dalla mia parte.
E’ davvero l’università del ciclismo?
Sono corse che ti mettono veramente alla prova. Devi avere la gamba a posto ed essere concentrato ogni minuto per evitare tutti i pericoli e saper interpretare corse che non hanno mai uno svolgimento scontato, cambiano di continuo.
Era la tua prima esperienza alle classiche?
No, ero stato al Fiandre lo scorso anno, un impatto difficile: mancai la fuga iniziale dove puntavo ad entrare e il resto fu un calvario, finito con un ritiro. Mi aveva lasciato brutte sensazioni. La corsa però che mi è rimasta più impressa è stata Le Samyn di quest’anno: a 30 chilometri sembrava andata, ma Van Der Poel da dietro ha fatto un’azione incredibile, davvero impressionante e ha rimesso tutto in gioco.
Sei soddisfatto di come sono andati questi primi mesi?
Per ora sì, ma mi manca la vittoria. E come avevo detto a inizio stagione, l’obiettivo vero è quello. Diciamo che è il neo di queste settimane, io però voglio vedere il bicchiere mezzo pieno. Ho dimostrato di essere competitivo.
Come ti stai trovando nel team transalpino?
Veramente bene, oltre le aspettative. Innanzitutto perché credono in me e mi lasciano spazio, ho la possibilità di fare la mia corsa e se si mette in un certo modo ho anche i compagni che lavorano per me. Non è scontato e naturalmente capita anche il contrario. Mi è spiaciuto solo non aver ancora avuto molte occasioni per gareggiare con Coquard, il capitano della squadra, avrei molto da imparare al suo fianco.
Dei tanti giovani al via in Belgio, tu sei stato quello che ha ottenuto i risultati migliori, ma questo non ha evitato un bilancio finale per il ciclismo italiano tendente al negativo. I campioni attuali sono davvero così lontani?
Sono fuoriclasse, per ora forse non ne abbiamo, ma io non sono pessimista. Se anche nella nostra generazione non c’è il fenomeno alla Evenepoel, abbiamo tanti ragazzi validi che presto saranno competitivi ai massimi livelli, bisogna solo non aver fretta. Ricordo lo scorso anno che Bagioli ha quasi battuto un certo Roglic, non è stato un caso. Come non è stato un caso l’ordine d’arrivo della Gand-Wevelgem con 3 italiani dietro Van Aert. Col tempo anche noi ragazzi arriveremo, abbiate fede…